Encyclopaideia – Journal of Phenomenology and Education. Vol.24 n.56 (2020)
ISSN 1825-8670

Riflessioni critiche sul concetto di educazione alla cittadinanza globale. Dialogo con Carlos Alberto Torres sulla formazione universitaria negli Stati Uniti

Carlos Alberto TorresUniversity of California, Los Angeles (UCLA, United States)

Carlos Alberto Torres è professore distinto presso la UCLA ed è il direttore e fondatore dell’Istituto Paulo Freire di San Paolo, Buenos Aires e Los Angeles. Si occupa di educazione alla cittadinanza globale e le sue interrelazioni con la sfera economica, politica e culturale nell’università moderna.

Emiliano BosioUCL - Institute of Education (UK); Yokohama City University (Japan)

Emiliano Bosio sta completando un dottorato di ricerca in Curriculum, Pedagogy and Assessment presso lo University College London. Si occupa di pedagogia trasformativa, educazione alla cittadinanza globale e le sue interrelazioni con il curricolo universitario.

Published: 2020-05-22

Critical Reflections on the Notion of Global Citizenship Education. A dialogue with Carlos Alberto Torres in relation to higher education in the United States

The promotion of global citizenship has become one of the objectives of education systems in various parts of the world. This highlighted the widening of the idea of citizenship from the national to the global sphere, due to the effects produced by globalization. If the emergence of global elements within the traditional concept of education seems to be a widely acquired fact, the conceptualization of the term «global citizenship education» remains more problematic. Therefore, it is necessary to reflect and dialogue in order to limit from the pedagogical point of view those elements of educational experience that can be understood within education for global citizenship in the educational context. This paper introduces a conversation with Carlos Alberto Torres on the subject of educating for global citizenship, in relation to the situation of university research, teaching and learning in the United States. Torres chairs the UNESCO chair for global citizenship education at the University of California, Los Angeles (UCLA), and is the founder and director of the Paulo Freire Institute of São Paulo, Buenos Aires and UCLA. The dialogue addresses the theoretical and practical perspectives related to global citizenship, with an analysis aimed in particular at focusing on the connection between culture and power, as well as the interrelations between the economic, political and cultural spheres in the modern university. The aim is to offer a portrait — as detailed and updated as possible — of education for global citizenship seen as a means of achieving social justice.

La promozione della cittadinanza globale è diventata uno degli obiettivi dei sistemi educativi in varie parti del mondo, che hanno così messo in evidenza l’ampliamento dell’idea di cittadinanza dalla sfera nazionale a quella globale, a causa degli effetti prodotti dalla globalizzazione. Se l’emergere di elementi globali all’interno del tradizionale concetto di educazione sembra essere un fatto acquisito, più problematica resta la concettualizzazione del termine «educazione alla cittadinanza globale». Occorre, dunque, riflettere criticamente al fine di circoscrivere dal punto di vista pedagogico quegli elementi di esperienza educativa che possono essere compresi all’interno dell’educazione alla cittadinanza globale nel contesto educativo. Il presente contributo introduce una conversazione con Carlos Alberto Torres sul tema dell’educazione alla cittadinanza globale, in relazione alla situazione della ricerca universitaria, dell’insegnamento e dell’apprendimento negli Stati Uniti. Torres presiede la cattedra UNESCO per l’educazione alla cittadinanza globale alla University of California, Los Angeles (UCLA), ed è il fondatore e il direttore dell’istituto Paulo Freire di San Paolo, Buenos Aires e UCLA. II dialogo affronta le prospettive teoriche e pratiche relative alla Cittadinanza globale, con un’analisi volta in particolare a focalizzare la connessione tra cultura e potere, oltre che le interrelazioni tra sfera economica, politica e culturale nella moderna università. Lo scopo è quello di offrire un ritratto dell’educazione per la cittadinanza globale vista come mezzo per il conseguimento della giustizia sociale.

Keywords: Globalization; Global Citizenship Education; Higher Education; Comparative Education; Curriculum.

1 Introduzione

Il fenomeno della globalizzazione, caratterizzato da un'estrema complessità di situazioni e processi (Torres & Bosio, 2020), pone nuove sfide alle università ed agli attori che le popolano (Bosio, 2019; Bosio & Torres, 2019; Bourn, 2018; Banks at al., 2016; Rhoads & Szelényi, 2011; Torres, 2008). Per conoscere più a fondo il potenziale dell'università moderna è necessario comprendere le modalità con cui i suoi attori chiave si relazionano con la globalizzazione (Tarozzi & Torres, 2016; Burbules & Torres, 2013; Giroux, 2007; Bosio, 2017a). Rhoads e Szelényi (2009) suggeriscono che, poiché i docenti si trovano ad affrontare una varietà di forze globali, spesso contraddittorie, che interagiscono con la vita universitaria, si rende necessario analizzare e cogliere più a fondo la varietà e complessità degli approcci accademici (Bosio, 2020), al fine di delineare con maggior precisione la situazione dell'educazione alla cittadinanza globale – global citizenship education (GCE1) – sia sotto il profilo teorico che nel concreto della prassi educativa (Torres & Bosio, 2020).

La GCE rappresenta una teoria educativa del bene (Bosio, Ibe, Matsui & Rothman, 2018; Torres, 2017; Gaudelli, 2016; Premoli, 2008; Surian, 2009; Tarozzi, 2015a/b) poiché attraverso la sua funzione etica (Sund & Pashby, 2018; Widdows, 2014), trasformativa (Bosio, 2017b; UNESCO, 2014), post-coloniale (Andreotti, 2006/2011) e creatrice di valore (Bosio & Joffee, 2018; Sharma, 2018; Goulah & Ito, 2012) è indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana e al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. In questa prospettiva, la GCE mira a promuovere la comprensione, la tolleranza, l’amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi etnici e religiosi. Ciò presuppone per ogni essere umano l’obbligo morale di guardare al di là della propria individualità e dei propri interessi (Dill, 2012). Come sottolinea Dill (2012), la GCE, reale o desiderata, accolta o osteggiata, è comunemente considerata un cambiamento di paradigma di vasta portata nelle pratiche universitarie. È fondamentale pertanto espandere la ricerca sulle pratiche della GCE. I ricercatori negli ultimi anni hanno proposto e discusso diverse concezioni e tipologie di educazione alla cittadinanza globale (Oxley & Morris, 2013; Torres, 2017; Bosio & Torres, 2018; Bosio & Gaudelli, 2018; Bosio & Schattle, 2017; Shultz, 2007; Schattle, 2008; Andreotti, 2006). Bisogna tuttavia riconoscere che sappiamo relativamente poco delle pratiche della GCE così come attuate dai singoli educatori che operano in diversi paesi del mondo con il ruolo e l'impegno di «educatori alla cittadinanza globale».

La nostra conversazione, in questo contesto, crea valore aggiunto alla discussione accademica sulla GCE poiché invita gli educatori e i ricercatori a riflettere criticamente sulle possibili origini e implicazioni delle teorie GCE, che devono affrontare nel loro specifico ruolo. Il nostro intento è anche quello di contribuire alla possibilità di immaginare un curricolo post-coloniale, critico-trasformativo e creatore di valore2 (Makiguchi, 2000) che vada oltre le tradizionali interpretazioni, esclusivamente orientate al mercato del lavoro. L'obiettivo è un paradigma più sostenibile, basato su principi di mutualità e reciprocità; Torres lo definisce el buen vivir, un modo di agire che pone al centro la comunità, e che vuole fornire un contributo alla costruzione di un mondo più giusto, ecosostenibile e pacifico.

GCE – sostiene Torres – dovrebbe aggiungere valore alla cittadinanza nazionale, poggiandosi su tre valori fondamentali che egli definisce global commons – beni comuni globali: (1) il nostro pianeta è la nostra casa, (2) la pace globale è un bene culturale intangibile e un tesoro dell’umanità che ha un valore immateriale e (3) la necessità per tutti gli esseri umani di trovare modi di vivere ispirati da un forte spirito di solidarietà. Torres suggerisce quindi un tipo di curricolo GCE che sia mirato ad educare gli studenti che apprezzano gli altri più per le loro differenze che per le loro somiglianze, in virtù di un imperativo cosmopolita di uguaglianza economica e diversità culturale. In questa prospettiva, il dialogo con Torres esplora i temi del potere e della politica nell'istruzione superiore e fornisce idee ed esperienze di insegnamento sulla GCE per tre categorie di lettori:

  • Educatori che stanno cercando di sviluppare la loro comprensione teorica della GCE per applicarla nell'insegnamento;

  • Ricercatori che non conoscono la GCE e che cercano punti di partenza dinamici per la loro ricerca;

  • Pubblico generale che è interessato a saperne di più sulla storia, la filosofia e le pratiche di GCE.

Torres, nella conversazione che segue, offre spunti di riflessione filosofica e pedagogica sul concetto della GCE e descrive eventi autobiografici, citando, per esempio, i tragici avvenimenti dell'11 settembre 2001 al World Trade Center di New York che hanno rinforzato il suo «viaggio di vita» come studioso alla ricerca di nuove prospettive.

2 Conversazione con Carlos Alberto Torres

Emiliano Bosio: Che cosa significa «educare alla cittadinanza globale»?

Carlos Alberto Torres: In passato, ho esplorato la connessione tra luogo, identità e posizionalità nella politica dell'educazione e del potere attraverso le teorie dello stato e una sociologia politica dell'educazione. Ho condotto questa esplorazione scientifica in studi latino-americani, studi di globalizzazione, multiculturalismo, ascesa e caduta del neoliberalismo e più recentemente mi sono focalizzato sui modi in cui la globalizzazione ha influenzato l'insegnamento e l'apprendimento. Alla ricerca di una risposta pratica ho sviluppato la convinzione che alcuni dei problemi posti dalla globalizzazione neoliberale potrebbero essere affrontati attraverso l'educazione alla cittadinanza globale e le politiche di sostenibilità.

Tra i miei prossimi lavori, mi concentrerò su una nozione: el buen vivir, un concetto in lingua spagnola che risale agli antenati indigeni in America Latina. È un termine che richiede una traduzione molto complessa e la sua implementazione è ancora più difficile. In precedenza, ho descritto el buen vivir come «una società basata sul bene» ma questo termine è ancora insufficiente per catturare la ricchezza di el buen vivir. Ci sono analisi che parlano della sociologia della «buona vita» ma a questo punto sono più interessato a chiedermi come affrontare la ricerca della conoscenza delle epistemologie post-coloniali del «Global South».

Uno degli articoli che scriverò tratterà la seguente domanda: come la sociologia della «società basata sul bene» e l'ecologia di el buen vivir possono aiutare a capire meglio la teoria dell'educazione alla cittadinanza globale? Ho affrontato questo tema nel mio ultimo libro (Torres, 2017), ma vorrei svilupparlo maggiormente.

Bosio: In che modo la cittadinanza globale si intreccia con il tuo percorso di vita?

Torres: L'11 settembre 2001 ha cambiato la mia vita. Guardando in televisione le Torri Gemelle crollare mentre lavoravo in Finlandia ho percepito che era un momento tragico per la nostra società. In quel periodo, poiché mio figlio vive a pochi isolati dal World Trade Center, questo evento di portata globale diventò molto personale.

Cercai quindi di afferrare la portata di questa tragedia e scrissi una lettera ai miei famigliari esprimendo ciò che sentivo interiormente; dissi loro che mi sarei dedicato con tutto me stesso alla vittoria della vita, dell'amore e della pace in contrapposizione alla violenza e all’ingiustizia. Presi questa decisione con rinnovata energia, entusiasmo e impegno nel mio lavoro accademico. Di questi tempi, dobbiamo ricordare l'adagio latino ad fontes. Dobbiamo tornare alle fonti dei nostri principi. Ho concluso la lettera ai miei famigliari dicendo: «Ho deciso di vivere vicino alla Terra, alla ricerca della pace e della felicità e di costruire le cose a mani nude invece che solo con la mia mente».

Non solo, ho aumentato il mio impegno per promuovere la sostenibilità e la GCE, ma volevo anche essere da esempio vivendo più vicino alla natura e celebrando la vita. Volevo trovare modi per difendere il pianeta, la pace e le persone con piccole azioni quotidiane. Mi sono trasferito in una proprietà rurale nelle montagne di Topanga dove ho costruito un’abitazione eco-solidale con le mie mani. Questa azione ha risvegliato in me una passione che non sapevo di avere, quella di costruire oggetti in legno. Ho studiato la raffinata lavorazione del legno in una scuola situata nella comunità in cui vivo e costruito mobili; inoltre, ho piantato ulivi e viti per fare olio e vino; ho piantato orti biologici, coltivato verdure fresche e di recente ho allevato api per raccogliere il miele.

Credo che questo tipo di impegno per la cittadinanza planetaria a contatto con la natura possa avvicinare ognuno di noi a «Madre Natura» aiutandoci a rispettare e difendere la natura nell'età dell’Antropocene3 (Crutzen, 2005). Il mio impegno per la GCE si sposa perfettamente con i miei principi e le mie pratiche da quando ero uno studente universitario. Fin dai miei anni di formazione nel mio paese nativo, l'Argentina, che sono stato costretto a lasciare per il Messico a metà degli anni settanta a causa di una dittatura che ha cancellato i diritti civili e umani, fino ad oggi come professore dell'UCLA mi sono sempre impegnato in politiche e pratiche nell'educazione alla giustizia sociale che è la massima manifestazione dell'educazione democratica. Lo sviluppo dell’iniziativa UNESCO Global Education First Initiative (GEFI4) nel 2012 promossa dal Segretario delle Nazioni Unite Ban-Ki Moon ha aperto un nuovo capitolo della mia lotta “nella creazione di un mondo dove sia meno difficile amare” (Freire, 2018, p. 40), per usare le parole del pedagogista Paulo Freire.

GEFI identifica GCE come una componente centrale della trasformazione sociale. GCE è considerata una risorsa per migliorare l'accesso educativo per tutti, la qualità dell'istruzione, la pace globale, la sostenibilità del pianeta e la difesa dei beni comuni globali. Sono convinto che la GCE come pilastro dello sviluppo sostenibile sia una delle risposte alle sfide che riguardano la pace globale, per esempio la crescente disuguaglianza, povertà globale, globalizzazione, neoliberalismo, educazione autoritaria e le culture predatorie che distruggono l'ambiente e il pianeta.

L'11 settembre 2001 mi ha costretto a decidere di riformulare i miei approcci educativi. Educazione alla sostenibilità, GCE e il mio ampio lavoro sul multiculturalismo divennero, e lo sono tuttora, aree importanti della mia ricerca. Nel contempo sono stato insignito della Cattedra UNESCO sull'educazione globale e l'educazione alla cittadinanza globale che ho l'onore di occupare presso l'UCLA, la prima cattedra UNESCO in assoluto nel sistema della University of California. Oltre a creare forme di istruzione indispensabili per promuovere mentalità e abilità preparate a rispondere ai problemi di un mondo globalizzato, mi sono ispirato agli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Il lavoro della Cattedra UNESCO-UCLA si basa sul coltivare pratiche di insegnamento, ricerche, teorie e politiche che sostengono la lotta dell'umanità per i beni comuni globali, i diritti umani e la democrazia.

Bosio: Come definiresti i «beni comuni globali»?

Torres: Nella mia teoria sulla GCE i beni comuni globali sono definiti da tre proposizioni di base. La prima è che il nostro pianeta è la nostra unica casa e dobbiamo proteggerlo attraverso una cittadinanza globale e un'educazione allo sviluppo sostenibile passando da un’analisi critica alle azioni e all'attuazione di politiche. In secondo luogo, i beni comuni globali sono basati sull'idea che la pace globale è un bene culturale e un tesoro dell'umanità con un valore immateriale. Conservando la pace preserviamo gli esseri umani, l'ambiente, gli animali, gli edifici e una varietà di cose che potrebbero essere altrimenti devastate dalla guerra o dai conflitti; inoltre, preserviamo risorse di ogni tipo, considerando, per esempio, i costi della guerra sia in termini di vite umane che di devastazione dell’ambiente. In altre parole, la pace aiuta a preservare il nostro pianeta tenendo conto della portata catastrofica delle tecnologie di guerra diffuse al giorno d'oggi. In terzo luogo, i beni comuni globali si fondano sulla necessità di trovare modi in cui noi esseri umani riusciamo a vivere insieme democraticamente in un mondo eterogeneo in continua crescita cercando di proteggere diritti inalienabili come la vita, libertà e ricerca della felicità.

La grande domanda intorno al concetto di pace è: come possiamo coltivare uno spirito di solidarietà «abbracciando» le differenze in tutte le loro sfumature? In questa prospettiva, insegnare e apprendere la GCE può aiutare il nostro pianeta, la pace globale e le persone, incoraggiando un contributo all'impegno civico, nelle sue dimensioni classiche di conoscenza, abilità e valori. Esiste un imperativo cosmopolita di eguaglianza economica, benessere e diversità culturale che potrebbe educare preziosi individui che ammirano gli altri più per le loro differenze che per le loro somiglianze.

Bosio: L’educazione per la cittadinanza globale è necessaria nelle università americane?

Torres: Per il momento, le università americane non sono state completamente assorbite dalla «guerra culturale» riflessa nell'irrazionalità prevalente nell'amministrazione Trump. Fortunatamente, i tempi non sono ancora maturi per un modello politico pericoloso che fa appello al peggio dell'esperienza storica degli Stati Uniti in materia di immigrazione, razzismo e ogni sorta di pregiudizio. Questo modello per ora non ha ancora raggiunto il cuore della società americana e le università. Tuttavia, se il modello proposto da Trump non viene contestato attraverso mezzi democratici come il voto dei cittadini americani e di conseguenza sradicato profondamente ci vorranno solo pochi anni perché questo modello di odio e divisione, che Trump sta cercando di inculcare nella mente degli americani un tweet dopo l’altro, divenga dominante e pericoloso.

Bosio: Quali ragioni causano negli educatori atteggiamenti positivi o negativi verso la cittadinanza globale nelle università americane?

Torres: Nelle università degli Stati Uniti c'è una tensione tra studi globali e studi etnici / razziali o di genere con un focus sulla politica interna. La tensione era in precedenza evidente tra gli studi di area con un focus internazionale e linguistico che includeva ingenti investimenti dovuti alla Guerra Fredda, mentre le università erano coinvolte nell'affrontare le turbolenze domestiche attraverso lo sviluppo di studi razziali, etnici e di genere derivanti dall'agitazione politica degli anni sessanta.

Al giorno d’oggi, c’è la necessità di studiare le dinamiche locali e globali come intimamente collegate. Al di là della tensione tra locale e globale, che rivela diverse prospettive ideologiche, non sono sicuro che ci sia per ora un marcato atteggiamento negativo nei confronti dell’educazione alla cittadinanza globale nelle università ad eccezione delle posizioni ultra-conservatrici (neo-nazisti inclusi).

Ciò che esiste nelle istituzioni universitarie è tuttavia una mancanza di interesse, una mancanza di comprensione del concetto di educazione alla cittadinanza globale. Anche se, incontrando gli studenti «trumpisti» nelle nostre classi, non dovremmo sorprenderci che il motto «America First» possa portarli a mettere in discussione alcuni concetti connessi con la GCE come «globalizzare» e quindi considerare questa visione pedagogica come antipatriottica. Inoltre, nelle università americane i soldi sono la cartina di tornasole. Se ci sono fondi disponibili per l'insegnamento e la ricerca su GCE, il concetto occuperà il primo posto nell’agenda. Inoltre, dopo la vittoria di Trump, se ci sarà una visione seria di come riparare il danno fatto dalla sua amministrazione, un nuovo concetto di razionalità è necessario. Si tratta di una nuova politica della cultura indirizzata a creare una conversazione seria sulla GCE, politiche di sostenibilità e implicazioni del cambiamento climatico globale.

Bosio: Come si può rendere interessante e coinvolgente l'educazione per la cittadinanza globale per gli studenti universitari statunitensi?

Torres: Un'eredità dell'età dell'Illuminismo, il motto «Liberté, Egalité, Fraternité» apparve per la prima volta durante la rivoluzione francese e ispirò le generazioni nella loro rivolta contro gli «Ancien Régimes». I principi dell'Illuminismo ci dicono che l'educazione dovrebbe aiutare nella risoluzione dei conflitti aprendo il cuore e la mente degli individui. Non potrei essere più d’accordo con i principi normativi dell'Illuminismo. Tuttavia, il passaggio da ciò che è normativo a ciò che è analitico e da lì al quadro scientifico è complicato; a volte è un compito impossibile che richiede una transizione etica e morale. Non sorprende che alcune delle migliori menti del regime nazista in Italia e Germania fossero individui altamente istruiti. Il ministro della pubblica istruzione di Mussolini, Giovanni Gentile era un filosofo idealista neo-hegeliano ispirato a Fichte e Hegel. Non dovrebbe inoltre sorprendere il fatto che, per sviluppare il suo progetto politico, Gramsci abbia avuto accesso ad alcuni degli scrittori neo-hegeliani dell'epoca mentre era in prigione, aiutando il suo modello di razionalità culturale alternativa marxista come presentato nei Quaderni dal Carcere. Lo stesso si può dire di alcuni «macellai» accusati di genocidio nelle guerre dell’ex Jugoslavia. Alcuni di loro sono stati educati come scienziati, umanisti, fotografi, registi e attori – tutte persone interessate all’educazione. Radovan Karadžić, condannato per crimini di guerra, è stato educato come psichiatra e ha anche lavorato nel settore della medicina alternativa a Belgrado con un nome fittizio.

Le eredità risiedono nel lato più oscuro delle nostre anime. Quando si vede usare dall'amministrazione Trump -come principale strategia- il concetto di razza allo scopo di dividere, separare e conquistare, ci si rende conto che non importa quanta istruzione sia disponibile per le persone; spesso ciò non influenza ideologie e principi che potremmo trovare orrendi. Ideologie e principi convivono con norme e pratiche razionali. Come un'infezione, le ideologie razziste possono prosperare quando la fibra morale del paese e la giustizia sono sotto attacco da parte di coloro che dovrebbero dare l'esempio e difendere la Costituzione.

Nell'altra estremità dello spettro, molti, se non la maggior parte dei cosiddetti cristiani evangelici negli Stati Uniti, hanno accettato e sono forti sostenitori del modello di divisione razzista e di supremazia bianca che Trump rappresenta. Una buona parte dei cristiani evangelici negli Stati Uniti ha accettato, sostenendolo fortemente, il modello di divisione razzista e di supremazia bianca che Trump rappresenta. Costoro sono supportati dai pastori che fanno una lettura biblica di Trump come un individuo che, nonostante i suoi fallimenti morali ed etici, potrebbe essere il rappresentante, l'architetto, o lo strumento di Dio. I pastori danno a Trump un forte supporto indipendentemente da ciò che egli fa. È nella natura del populismo trascurare i fallimenti di un leader per difendere la propria agenda, sebbene Trump sia populista solo di nome, ma non nel suo programma politico.

In breve, mentre gli ideali di educazione per la democrazia provengono dai principi dell'Età dell'Illuminismo, principi che possono essere considerati molto preziosi nel mondo occidentale, la loro attuazione pratica può anche essere completamente filtrata attraverso l'etica del pregiudizio, della supremazia, dell'odio e ideologia per citarne alcuni. Questa situazione prevale in molte parti del mondo e ci sono poche ragioni per credere che non esista nelle università degli Stati Uniti. La domanda è se l’educazione alla cittadinanza globale può essere attraente per gli studenti universitari che studiano negli Stati Uniti. La risposta dipende dal contesto sociale, dall'esperienza familiare, dall'esperienza di apprendimento e dall'ideologia.

Bosio: Quali competenze dovrebbero acquisire gli studenti universitari per diventare «cittadini globali»?

Torres: Questa domanda si riferisce all’importanza del curricolo. Come sai, sono un insegnante di scuola secondaria abilitato con una delle mie lauree in Argentina e credo che la mia risposta sia semplicemente questa: abbiamo bisogno di livelli crescenti di razionalità nell'era dello scetticismo, «fake-news» e crescente alienazione. Seguo la tradizione del bien común, del bene comune o del bene pubblico. Una volta che questo modello di razionalità guida la nostra etica, allora le possibilità di apprendimento e la prassi dell'educazione alla cittadinanza globale sono infinite. Ma è un processo di apprendimento, di scoperta e costruzione di un’identità. Se impari come essere un buon cittadino nella tua società, estenderlo al mondo globale potrebbe non essere così difficile. Invece, un individuo che non sviluppa interesse verso il resto del mondo, non è preoccupato del bene comune, apprezza il modello neoliberale dell'individualismo possessivo e in più è disinformato senza alcun interesse a promuovere solidarietà attraverso lo spettro sociale, difficilmente un tale individuo praticherà un'etica dell'educazione democratica alla cittadinanza globale. Tieni presente che la questione di quale tipo di «cittadino globale» vogliamo forgiare è di massima importanza. Per esempio, l'ISIS per anni ha predicato un Califfato mondiale che era limitato solo ai credenti e gli infedeli avrebbero dovuto essere eliminati o asserviti, ma alla fine era una sorta di modello di cittadinanza globale, non certo democratico.

Bosio: Educare alla cittadinanza globale nelle università americane è più una questione di conoscenze, abilità e comportamenti / valori o una combinazione di tutti e tre?

Torres: È difficile dirlo. Non ci sono molte esperienze da valutare attraverso studi longitudinali. Dovrebbe essere un importante programma di ricerca e il tuo dottorato certamente può offrire spunti importanti. La mia esperienza è che gli studenti universitari trovano nella tua domanda un affascinante territorio di ricerca. Gli studenti universitari di solito adottano un approccio più astratto a questo tipo di argomenti, considerando i risultati di diverse discipline, o meglio ancora studi transdisciplinari, tra cui economia politica, studi internazionali o studi legali. In conclusione, ti dirò che cercando di inserire corsi sulla cittadinanza globale in un’università moderna, dovremmo ricordare il detto attribuito al presidente Mao Zedong: “Che cento fiori fioriscano, che cento scuole di pensiero competano” (MacFarquhar, 1966, p. 3).

Bosio: Come possono educatori e università verificare se gli studenti hanno acquisito conoscenze, abilità e attitudini / valori che permettano loro di sviluppare una propensione alla «cittadinanza globale»?

Torres: Certe abilità sono difficili da certificare o misurare, ma sono importanti per costruire un soft power. Gli aspetti cognitivi possono essere relativamente facili da valutare e misurare ma l'effettiva pratica del bene comune – el buen vivir o un'etica della solidarietà richiede altre strategie lontano dalle quattro mura dell’aula. Eppure una grande quantità di conoscenze, abilità e attitudini / valori può essere acquisita nella classe sin dalla scuola d’infanzia.

Bosio: Un curricolo per l’educazione alla cittadinanza globale quali temi dovrebbe includere al fine di adattarsi al contesto statunitense?

Torres: Il nostro insegnamento è intimamente legato alla nostra ricerca, compresi i corsi che insegno regolarmente alla UCLA e ai nostri programmi estivi al Paulo Freire Institute-International Institute on Global Citizenship Education (PFI-IIGCE) (University of California, Los Angeles, n.d.). Abbiamo creato una nuova sequenza di tre corsi universitari per studiare l'innovazione in sostenibilità e GCE. Il primo corso tenuto dal Professor Richard Desjardins è intitolato Globalizzazione e Apprendimento; il secondo corso che insegno è intitolato Educazione alla Cittadinanza Globale, mentre il terzo corso, intitolato Educazione alla Cittadinanza Globale: Curricolo e Istruzione è tenuto dal Dott. Jason Dorio. Il mio insegnamento si estende alle molteplici conferenze a cui presenzio in tutto il mondo, nei vari paesi con cui stiamo collaborando al momento.

Per concludere, permettimi di ripetere ciò che ho detto all'inizio; ho sostenuto che una «cittadinanza globale» dovrebbe aggiungere valore alla cittadinanza nazionale e ai «beni comuni globali». L’educazione alla cittadinanza globale può aiutare il nostro pianeta, la pace globale e le persone comuni nel suo incoraggiare le nuove generazioni all'impegno civico, nelle sue dimensioni classiche di conoscenza, abilità e valori. Esiste un imperativo cosmopolita di eguaglianza economica, benessere e diversità culturale che può forgiare un nuovo tipo di individuo, il quale ammira gli altri più per le loro differenze che per le loro somiglianze.

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  1. GCE (global citizenship education) è l’acronimo in uso nella comunità accademica internazionale che adottiamo in questo articolo. Nel contesto accademico italiano si trovano spesso ECG (educazione alla cittadinanza globale) o ECM (educazione alla cittadinanza mondiale), che tuttavia non useremo poiché reputiamo che questo contributo abbia rilevanza internazionale.↩︎

  2. Il concetto di «creazione del valore», in giapponese Soka / in inglese value-creating, fu articolato dall'educatore giapponese Tsunesaburo Makiguchi (1871-1944). Makiguchi proponeva «la creazione di valore» come categoria fondante la costruzione di significato in educazione e la sua potenzialità umanizzatrice.↩︎

  3. Antropocene è un termine che descrive l'epoca geologica attuale nella quale, all'essere umano e alla sua attività, sono attribuite le cause principali delle modifiche territoriali, strutturali e climatiche.↩︎

  4. L'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura (in inglese United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization, da cui l'acronimo UNESCO) promuove l’educazione alla cittadinanza globale sin dal 2012, con il lancio da parte del Segretario Generale delle Nazioni Unite della Global Education First Initiative (GEFI), che ha sancito l'inserimento della promozione della cittadinanza globale tra le sue tre priorità educative.↩︎