1 Introduzione
Il tema del civic engagement è un nodo cruciale sia nei documenti italiani sia in quelli europei ed internazionali che riguardano il tema dell’educazione. Per quanto riguarda l’Italia, le Indicazioni Nazionali per il Curriculo (2012) rintracciano nell’educazione etica una dimensione fondativa del percorso di crescita di ogni individuo. Essa può essere letta come educazione etica per la cittadinanza alla luce del pensiero di Ricoeur (2007) che vede l’etica come una tensione alla vita “buona”, ovvero una vita che ricerchi il bene per sé, per l’altro e per le istituzioni. Dunque l’educazione etica per la cittadinanza si concretizza in esperienze educative che promuovano un agire capace di dare forma al bene comune. Questa prospettiva sembra coerente con quanto promosso dall’Unione Europea quando, nel 2016, inserisce tra gli obiettivi primari delle istituzioni educative la promozione di un senso di partecipazione attiva e orientata alla collaborazione (Unione Europea, 2016; Gulubeva, 2018). A tal proposito l’Unione Europea, per mezzo del Network Eurydice, sottolinea anche come, affinché un percorso di civic engagement possa rivelarsi efficace, debba “reggersi” su quattro colonne, ovvero la promozione di un agire collaborativo efficace e costruttivo, un pensare criticamente orientato, un approccio responsabile al vivere comune, una partecipazione democratica alla vita della comunità (Unione Europea, 2017, p. 5). A ciò fa eco quanto affermato dalle Nazioni Unite nell’Agenda 2030 che, nell’obiettivo 4, dedicato alla promozione di “un’educazione di qualità, equa e inclusiva”, auspica azioni educative capaci di permettere a ogni individuo una fioritura individuale che non contrasti ma, anzi, arricchisca la costruzione del bene comune (ONU, 2015, p. 14).
Le parole scelte da tali istituzioni per sottolineare la necessità di azioni atte a promuovere il civic engagement nelle giovani generazioni rendono evidenti quanto la sua mancanza sia percepita come un’emergenza a livello politico. Parimenti si enfatizza come questo problema possa essere contrastato solo attraverso azioni volte a sostenere in bambini e ragazzi il senso di comunità e di responsabilità per il bene comune.
Secondo la prospettiva aristotelica, il senso di comunità si costruisce a partire da quella virtù di carattere politico, l’amicizia, che è alla base di un vivere comune eticamente orientato perché rivolto al bene. L’amicizia è intesa come la disposizione a sostenere e promuovere il ben-essere dell’altro, a partire da un senso di gratuità perché si configura come un “fare il bene” senza aspettarsi o richiedere nulla in cambio (Etica Nicomachea, VIII, 1162 b 36-1163 a 1). Proprio per questa sua propensione, l’amicizia diviene un catalizzatore che consente alla comunità di trovare la sua unione e rappresenta la sorgente di un vivere insieme in cui la dimensione etica sia unita a quella civile (Etica Nicomachea, 1155a 15-35; 1159b 25-35; 1172a 5).
Questa visione è alla base di un civic engagement che viva di una dimensione etica capace di sentire la cittadinanza come qualcosa di più del semplice rispetto dei diritti dell’altro, ma che si realizzi come “presa in carico” della società da parte di chi si sente con-partecipe di un progetto comune, che risuoni di un’anima solidale, profondamente e autenticamente intesa. In questo senso, dunque, le pratiche educative rivolte a promuovere il civic engagement si intrecciano all’educazione etica.
L’educazione etica è stata, però, talvolta intesa in senso ideologico. Tuttavia, se essa viene intesa nella prospettiva fin qui delineata, si rivela come la chiave di volta per promuovere un orizzonte di significati capace di promuovere un vivere improntato alla collaborazione, criticamente orientato, alla responsabilizzazione dell’individuo nei confronti della comunità e avente come obiettivo una convivenza democratica. In altre parole, si tratta di un’educazione che rispetta i “quattro pilastri” a cui abbiamo fatto poc’anzi riferimento, ovvero la promozione di un agire collaborativo, di un pensare criticamente orientato, di un approccio responsabile al vivere comune e di una partecipazione democratica alla vita della comunità.
Un’educazione alla cittadinanza che si riconosca in questo framework parte, quindi, dalla volontà di offrire a bambini e ragazzi esperienze capaci di favorire posture etiche e civiche che li rendano cittadini attivi, partecipi e responsabili, capaci di prendersi cura di sé e degli altri, dando forma a una comunità capace di superare quella visione individualistica e competitiva che è alla base del civic disengagement.
Se la rilevanza di tali percorsi educativi emerge chiaramente, non però altrettanto esplicitamente definite sono le pratiche attraverso cui tale obiettivo dovrebbe essere raggiunto. In letteratura, infatti, numerosi sono gli articoli dedicati a questo tema, ma pochi sono gli esempi che non solo descrivono dettagliatamente i percorsi di civic engagement, ma li sottopongono al contempo a un’analisi rigorosa (Sherrod, Torney-Purta & Flanagan, 2010, Chapman, Hobbel & Alvarado, 2011, White & Mistry, 2019). Questa mancanza evidenzia la necessità di indagare, attraverso uno sguardo sistematico e focalizzato, le pratiche educative rivolte alla promozione del civic engagement: una systematic review su questo tema, infatti, consente di dedurre gli elementi di efficacia che caratterizzano le best practice e, di conseguenza, di progettare percorsi educativi efficaci e pedagogicamente fondati. Per questo motivo abbiamo condotto una analisi sistematica della letteratura, condotta secondo il modello della integrative review, partendo dalla domanda di revisione: “quali sono le pratiche educative attuate nella scuola primaria e nella scuola media (fascia d’età 6-13) per promuovere il civic engagement come base per la costruzione del senso di comunità e di responsabilità per il bene comune?”.
La ricerca si inserisce all’interno del progetto RE-SERVES. La ricerca a servizio delle fragilità educative e viene illustrata in questo articolo mettendone in evidenza in primo luogo gli aspetti metodologici, quindi i risultati e infine il modo in cui essi possano essere messi a frutto nella progettazione di un percorso di ricerca educativa avente come focus la promozione del civic engagement e il senso di comunità.
2 La metodologia di revisione
Per rispondere adeguatamente alla domanda di revisione, è stata condotta una revisione sistematica secondo la metodologia dell’integrative review o revisione integrativa (Whittemore & Knafl, 2005). Mentre per revisione sistematica s’intende la ricerca esaustiva e sistematica della letteratura scientifica, la revisione integrativa specifica quali documenti sono da recuperarsi. Solitamente, infatti, nelle revisioni sistematiche si utilizzano esclusivamente studi empirici ma, dal momento che la domanda di revisione circoscrive un fenomeno di indagine complesso, in cui aspetti teorici, pratici e di ricerca si sovrappongono, è apparsa idonea la scelta della revisione integrativa che raccoglie informazioni sia dalla letteratura empirica sia da quella teorica (Ghirotto, 2020).
2.1 Strategia di ricerca
Sono stati interrogati i seguenti database: ERIC (ProQuest), ProQuest Dissertation & Thesis, PsycINFO, Scopus, Web of Science. Sono stati ricercati studi, ricerche e pratiche educative, a scuola, con bambine e bambini dai 6 ai 13 anni, in relazione allo sviluppo delle competenze sociali, pro-sociali, di partecipazione, limitando la ricerca a partire dal 2010, senza filtri di lingua. È stata poi condotta una ricerca attraverso l’aggregatore JStor, per recuperare ulteriore materiale e letteratura grigia. I criteri di inclusione erano i seguenti:
studi empirici e teorici, report;
pubblicati negli ultimi 10 anni (dal 2010);1
pratiche educative non legate alle discipline (per esempio, apprendimenti della lingua o delle materie);
studi condotti all’interno del setting scolastico;
ricerche che hanno coinvolto bambine e bambine dai 6 ai 13 anni.
I criteri di esclusione che abbiamo implementato erano:
siti web;
bambine e bambini con bisogni educativi speciali;
bambine e bambine coinvolti negli studi solo per le loro appartenenze socio-culturali.
La ricerca del materiale è stata fatta da febbraio fino ad aprile 2020. Gli autori insieme hanno discusso in più riprese la strategia di ricerca e hanno raggiunto un accordo sulle stringhe di ricerca riportate in Tabella 1.
Banca dati | Stringhe utilizzate |
---|---|
ERIC | (mainsubject(class activities) OR mainsubject(school activities)) AND ((mainsubject(citizen participation) OR esu(civic engagement)) OR mainsubject(community)) |
ProQuest Dissertation & Thesis | Civic engagement OR socialization OR socialisation OR community (titolo) AND Class activities OR educational activities (text word) AND Child* OR teenager* OR pupil*(text word) |
PsycINFO | Civic engagement OR socialization OR socialisation OR community (titolo e abstract) AND Class activities OR educational activities (titolo e abstract) AND Child* OR teenager* OR pupil*(titolo e abstract) |
Scopus | Civic engagement OR socialization OR socialisation OR community AND Class activities OR educational activities AND Child* OR teenager* OR pupil* |
Web of Science | Civic engagement OR socialization OR socialisation OR community (titolo) AND Class activities OR educational activities AND Child* OR teenager* OR pupil* |
JStor | (mainsubject(class activities) OR mainsubject(school activities)) AND ((mainsubject(citizen participation) OR esu(civic engagement)) OR mainsubject(community)) |
Per quanto riguarda la banca dati PsycINFO, dopo una prima interrogazione, il gruppo ha deciso di limitare la ricerca ai campi titolo e abstract, per evitare di identificare studi fuori focus (in particolare numerosi studi sul disturbo dello spettro autistico, che comporta problematiche legata alla socializzazione, uno dei termini-chiave della nostra domanda).
Per il recupero dei documenti, è stato utilizzato il Preferred Reporting Items for Systematic Reviews and Meta-Analysis (PRISMA) e, in particolare, lo strumento di rendicontazione di processo (flowchart), disponibile in Figura 1 (Moher et al., 2009).
2.2 Risultati di ricerca e PRISMA
Dall’interrogazione delle banche dati sono stati recuperati 2163 record. La gestione dei record è stata condotta tramite il software Zotero. Sono stati, quindi, rimossi i duplicati (n=300). Successivamente un revisore a iniziato a revisionare per titolo e abstract tutti i record rimanenti (n=1863, di cui 1064 provenienti da JStor). I casi dubbi e incerti sono stati discussi in gruppo. Sono stati, quindi, eliminati 1655 documenti perché irrilevanti o perché non soddisfacevano i criteri di inclusione. Gli autori hanno recuperato 208 documenti a testo completo (full-text) e iniziato la lettura estensiva di ciascuno. Sulla base dei criteri concordati, sono stati eliminati 189 studi e ricerche. Le motivazioni sono elencate nella Figura 1. L’integrative review si è così concentrata su 19 studi.
2.3 Valutazione dei prodotti inclusi
Sulla base delle caratteristiche dei documenti inclusi, è stato ipotizzata una valutazione sulla qualità in relazione alla chiarezza (trasparenza) e ricchezza (esaustività) delle informazioni contenute nei documenti. In particolare, è stato ritenuto fondamentale definire una lista di controllo sulla base della quale condurre, su ogni documento incluso nella revisione, una valutazione finale. La lista di controllo ha tenuto in considerazione la rilevanza ed esaustività delle informazioni comunicate dagli autori dei vari documenti in relazione alle seguenti macro-aree:
obiettivi del progetto (educativo e/o di ricerca);
spiegazione del framework teorico di riferimento (educativo e/o metodologico);
articolazione e implementazione del progetto educativo;
articolazione e implementazione del progetto di ricerca (con particolare attenzione alla trasparenza in merito a problema domanda di ricerca, strategie di raccolta e analisi dei dati), se applicabile.
valutazione del progetto educativo, se applicabile.
Come revisori, si è deciso di non escludere alcun record sulla base della valutazione di qualità. La scelta è stata, infatti, ritenuta coerente con gli obiettivi della revisione: mappare e rendicontare le pratiche educative, i framework utilizzati, in relazione alla socializzazione in ambito scolastico. In questo senso, escludere documenti sulla base della qualità scientifica e di comunicazione avrebbe depauperato gli esiti finali della sintesi.
2.4 Strategia di sintesi
Analizzare e interpretare i dati, in una revisione integrativa, significa dare un ordine e una forma ai documenti inclusi. I dati sono stati ordinati, codificati, classificati e riepilogati in una conclusione integrata e pertinente al problema della revisione (Cooper, 1998). In particolare, abbiamo definito una tabella per l’estrazione dei dati che ci permettesse di comparare i documenti tra loro ed estrapolare le informazioni più coerenti con la nostra domanda di revisione. I revisori hanno deciso di categorizzare i record sulla base delle seguenti caratteristiche: autori e rivista, anno e paese, promotore e attuatore del progetto, tematica e obiettivi del progetto, framework teorico di riferimento, destinatari e soggetti coinvolti, metodologia didattica e tipologia di attività, setting e materiali, esiti e risultati, focus aggiuntivi (in relazione alle tematiche della socializzazione e dell’impegno civico, quali la cura, l’etica e l’amicizia).
Per i documenti inerenti a ricerche empiriche, abbiamo tenuto traccia, in aggiunta, anche dei seguenti item: problema e domanda di ricerca, strategie di raccolta e analisi dei dati.
Dal momento che la revisione integrativa include differenti tipologie di documenti e, quindi, di dati, abbiamo optato per la definizione di un framework gestibile (Whittemore & Knafl, 2005), per condurre un’analisi tematica. I documenti inclusi sono 19 le cui caratteristiche sono state riassunte nella tabella in appendice.
3 Risultati
3.1 Considerazioni preliminari
Gli studi selezionati si riferiscono a pratiche che, sebbene attuate in 5 continenti, risultano sbilanciate nettamente a favore degli Stati Uniti e, in generale, dei paesi anglosassoni. Ciò era in parte atteso, in quanto i database consultati e le stringhe di ricerca privilegiano i risultati in lingua inglese e, dunque, favoriscono le ricerche svolte in paesi anglofoni. Una così marcata maggioranza (16/19 pari a più dell’84%), tuttavia, deve far riflettere su quali ne siano le motivazioni, se esse siano effettivamente riconducibili a un bias dovuto alla selezione di journal e database oppure se si tratti effettivamente di una tematica, quella del civic engagement relazionato alla costruzione del senso di comunità, particolarmente sviluppatasi in contesti anglosassoni.
Per quel che riguarda poi gli autori si nota che 16 su 19 degli studi sono riconducibili solamente all’ambito accademico, in quanto frutto di ricerca sul campo condotta da team o da docenti legati al mondo universitario. In soli due casi l’autore è un docente di scuola e in un altro caso l’autore è un educatore esterno. Anche nel caso di studi condotti in contesti non anglo-americani, inoltre, in 2 casi su tre (Kenya e Malaysia), gli autori provengono da centri di ricerca nord-americani. Solo nel caso del Costa Rica lo studio è condotto da una docente non affiliata a un’istituzione scolastica o universitaria di quest’ambito, sebbene si tratti comunque di un soggetto di provenienza accademica.
Questa ripartizione prevalentemente accademica, si ripercuote anche sulla tipologia di pubblicazioni selezionate. Tuttavia, ben 4 dei contributi selezionati (cioè più del 20%) sono stati pubblicati su riviste per i docenti della scuola e non hanno un taglio accademico, bensì sono practice-oriented (Christensen 2015; Meadan & Jegatheesan 2010; Nelson 2013; Uttley 2013). Questo risultato è in linea con i presupposti metodologici dell’integrative review che prevede di inserire database non strettamente disciplinari come JStor, utili all’individuazione dei materiali non peer-reviewed, ma che hanno un’importanza decisiva nel tracciare le pratiche realizzate nelle scuole. La maggior parte degli articoli (12 su 19) è stata pubblicata prima della metà del decennio considerato.
Anno | Numero di pubblicazioni |
---|---|
2010 | 2 |
2011 | 4 |
2012 | 1 |
2013 | 4 |
2014 | 1 |
2015 | 2 |
2016 | 3 |
2017 | 0 |
2018 | 1 |
2019 | 1 |
3.2 Il risultato della valutazione della qualità delle pubblicazioni
Da un’analisi della qualità dei documenti raccolti (vedi paragrafo 2.3) si può notare come le maggiori lacune si registrano nel processo di valutazione dei dati e delle attività di controllo. Queste ultime non sempre sono presenti e, quando lo sono, si configurano sulla base del rigore delle attività di raccolta dati (in larga misura condotta tramite interviste semi-strutturate) più che su una vera attività di controllo incrociato. La valutazione dei risultati è poi in tutti i casi condotta sotto forma di osservazione empirica qualitativa e non attraverso un’analisi quantitativa dell’impatto dei progetti in esame.
Da quanto emerso dall’analisi dei risultati si può concludere che, nonostante il numero esiguo di documenti che tratta i temi del civic engagement, si possono rintracciare alcune ricorrenze interessanti da cui partire a identificare alcune best practice educative. Allo stesso tempo, il processo di valutazione degli articoli dimostra come molto sia ancora da fare sul piano della procedura valutativa e della raccolta scientifica dei dati, un punto chiave da tenere a mente negli studi futuri.
3.3 Ambiti di riferimento
Dei 19 articoli oggetto di analisi, 2 fanno esplicito riferimento alla moral education e al concetto di social justice/injustice come ambito educativo di riferimento (Haslip and Haslip, 2013; Chapman et al., 2011). A questi può essere aggiunto un terzo documento, dedicato all’educazione per un “bright future”, inteso tanto come futuro personale degli studenti quanto come sviluppo collettivo di pratiche volte al miglioramento della qualità di vita (Deering et al., 2015). Quest’ultimo item è basato su un framework dedicato alle “for Cs” (constructivism, collaboration, caring, e comprehensive education cui viene aggiunto il critical thinking).
Solo uno studio si sviluppa esclusivamente nel quadro della civic education statunitense tradizionalmente contraddistinta dall’idea di “fare la differenza”, sebbene questo concetto emerga anche gli altri contributi, tutti riferibili all’ambito nordamericano (Mayers et al., 2016). Ugualmente, solo uno studio ha come obiettivo lo sviluppo della cittadinanza digitale (Gleason & Von Gillern, 2018). Quattro saggi fanno riferimento al contesto educativo: di questi, 2 saggi si focalizzano specificamente sull’agency dei docenti nel supportare l’azione civica degli alunni (Serriere, 2014; White & Mistry, 2019), mentre 2 sono focalizzati sul clima scolastico come stimolo alla partecipazione e allo sviluppo del senso di comunità (Farmer et al., 2016; Woolner, 2016). La costruzione di un clima positivo e collaborativo tra alunni diventa qui la base per un’azione più vasta idealmente prolungata al di fuori dell’ambito scolastico. I restanti 10 contributi si inquadrano, a un livello generale, nell’ambito vasto e sfaccettato dell’educazione e della protezione ambientale o della cura degli animali. Per quest’ultimo gruppo, che verrà analizzato di seguito nel dettaglio, introduciamo la categoria di “Relazioni con la natura”, intesa a sottolineare come le pratiche in essa contenute implicano la necessità di un contatto diretto con animali e ambiente (Block et al., 2012;; Cortez-Riggio, 2011; Christensen, 2015; Meadan & Jegatheesan, 2010; Mannion & Adey, 2011; Mata-Segreda, 2010; Nelson, 2013; Somerville & Green, 2011; Uttely, 2013; Zinck & Eyber, 2013).
Qui di seguito verranno presentate invece delle focalizzazioni sulle principali dimensioni analitiche che non vanno però intese come mutualmente esclusive, ma come focus di attenzione che emergono frequentemente come elementi presenti trasversalmente ai lavori analizzati. Dalla Figura 4 si nota come l’ambito prevalente entro cui si è dispiegata la progettazione di pratiche ritenute utili allo sviluppo del civic engagement è quello del rapporto con la natura.
3.4 La dimensione naturale
Dei 10 articoli che condividono un approccio che riguarda l’ambiente o gli animali, 2 sono specifici su questo secondo tema (Meadan & Jegatheesan, 2010; Uttely, 2013) e si inseriscono nel quadro delle pratiche comuni in alcune scuole degli Stati Uniti che vedono l’introduzione in aula di animali come pratica consolidata e spesso raccomandata dal curricolo.2 Un solo studio affronta il tema dell’ambiente legandolo fortemente a quello della creatività e dell’arte. La maggioranza dei contributi (n. 6) fa invece riferimento a specifici programmi supportati o proposti direttamente da ministeri nazionali (1 Regno Unito/Scozia, 2 Australia, 1 Costa Rica) o programmi supportati da enti esterni comunque accreditati presso l’autorità scolastica (1 UK, 1 Kenya). Da ciò si ricava che questo tipo di progetti sia fortemente collegato con un clima sociale e culturale e con politiche relative allo sviluppo sostenibile che negli ultimi anni si stanno sviluppando in diversi paesi e di cui si è fatto riferimento nell’introduzione a questo contributo. In altre parole si può dire che essi siano collegati a un framework molto specifico, che è quello dell’impegno per il futuro sostenibile, rappresentato in quest’ottica come parte integrante del civic engagement se non come vera e propria strategia per raggiungere un obiettivo più ampio in questo campo.
Alcuni di questi progetti sono fortemente collegati alla comunità e all’ambiente locale o nazionale in cui sono integrati e implementati. Gli esempi più significativi sono il progetto di tutela dell’ambiente costiero e marino del Costa Rica e quello sulle Wetland, le zone umide australiane. Nel caso del Kenya, invece, pur trattandosi di un progetto idealmente esportabile in qualsiasi contesto, in quanto come pratica principale si riconosce il lavoro nelle serre, a fare da molla per il progetto di educazione ambientale è il contesto sociopolitico di forte instabilità e la storia recente costellata di conflitti del paese. L’educazione ambientale diventa dunque anche specificamente educazione per la pace, intesa sia tra esseri umani che tra uomo e ambiente. Gli altri saggi, invece, facilmente esportabili e adattabili a quasi tutti i contesti scolastici e comunitari, presentano pratiche essenzialmente riconducibili al giardinaggio/orticoltura sostenibile, tal volta associate all’educazione alimentare (2 casi) (Block et al. 2012; Woolner & Tiplad 2016). Quest’ultima è intesa dal punto di vista della sana alimentazione, dunque come educazione alla salute, e non come spunto per una discussione sulla multiculturalità come avviene invece in altri progetti narrati in letteratura (i.e. Benny, 2012; Meyer & Rhoades, 2006) che, pur non rientrando nei criteri di selezione utilizzati per questa review, presentano dei caratteri che li potrebbero avvicinare alle buone pratiche per il civic engagement.
In conclusione di questo paragrafo dedicato ai saggi compresi nella categoria “relazione con la natura” si può riassumere dicendo che quello che li distingue dai tanti studi sull’educazione ambientale è l’obiettivo finale che si prefiggono: la cura dell’ambiente e la place-based education non sono qui praticati con (soli) fini di apprendimento disciplinare, ma in un quadro più vasto di educazione etica che mira allo sviluppo di valori come la giustizia, il rispetto e la collaborazione, intesi come fondativi di un senso di comunità in classe e all’esterno e come mezzo per sviluppare un senso di responsabilità verso gli altri e verso il pianeta.
3.5 La dimensione valoriale
Dal punto di vista del framework teorico e degli obiettivi da conseguire con i progetti educativi, emerge una forte tendenza a sottolineare l’importanza nei progetti educativi orientati alla partecipazione e all’impegno civico a sviluppare una componente etico-valoriale negli studenti. Anche nei casi in cui la tipologia di questi valori venga lasciata genericamente indicata come “values” o “civic values”, è generalmente evidente che, sebbene non espressi in modo articolato, essi non rappresentano una parte marginale degli obiettivi da conseguire, ma al contrario sono uno dei fini necessari allo sviluppo del senso di cittadinanza e di servizio verso la comunità. Nella figura 5 sono raggruppati i valori citati dagli autori come significativi con almeno due ricorrenze in diversi articoli. Si nota come la nozione di cura (care/caring) risulti centrale. Tuttavia, molti autori non sembrano significativamente fare riferimento a un’“etica della cura” o a una articolata “filosofia della cura” (Mortari, 2015). L’idea del prendersi cura dell’altro, degli animali, del pianeta resta però fondante per i progetti e le pratiche narrate.
3.6 La dimensione pratica
Dalla selezione del campione individuato, il framework teorico di riferimento combina principalmente studi che discendono essenzialmente dal lavoro di John Dewey, il cui approccio viene integrato quasi nella totalità dei casi con metodologie volte a promuovere il pensiero critico e, in un caso, dalla critical theory di Paulo Freire (Cortez-Riggio, 2011). Le buone pratiche che ne discendono si basano dunque sullo sviluppo del critical thinking attraverso metodologie tipiche della problem-posing education e Inquiry-based learning unite alle Hands-on activities e all’apprendimento attivo. Esse vengono declinate nel quadro di un approccio combinato tra community-based education e place-based education. L’associazione delle due strategie sembra portare a un miglioramento sensibile dell’attitudine civica, del consolidamento dei valori e dello sviluppo di un senso di comunità più ampio rispetto all’ambito scolastico. Il coinvolgimento della comunità locale e di esperti esterni alla scuola sembra inoltre sortire in molti casi un effetto positivo specialmente in merito al dialogo inter-generazionale, sebbene non sempre sia considerato necessario.
Nello specifico le attività più efficaci che possono emergere dall’analisi dei 19 studi prevedono in larga misura interazione in piccoli gruppi e il brainstorming collettivo accompagnati da almeno alcuni di questi elementi che fanno riferimenti ai framework sopra citati: giardinaggio, osservazione e raccolta dati cui segue un’analisi critica, pratiche di divulgazione anche digitale dirette all’interno (classe/scuola) ed esterno (comunità), uso di lavagne e pareti (reali o virtuali) per raccogliere, postare e soprattutto condividere pensieri, lo sviluppo di un clima di classe supportivo e l’uso/costruzione di contenuti visivi che veicolino la discussione e la condivisione di pensieri e contenuti.
4 Usare i risultati per guidare l’azione educativa
L’analisi effettuata ci ha consentito di definire alcuni elementi ricorsivi che caratterizzano i programmi educativi di civic engagement che si distinguono per efficacia: al fine di massimizzare l’impatto trasformativo di tali esiti, essi sono stati utilizzati come punto di partenza per la progettazione di un intervento che sarà a sua volta al centro di un percorso di ricerca educativa.
Il primo elemento individuato riguarda il framework pedagogico di riferimento, in cui spicca in particolare la figura di John Dewey: il pensiero di questo autore viene posto in predicato non solo per quanto riguarda la definizione degli obiettivi, ma anche rispetto alle modalità didattiche ritenute più idonee a raggiungerlo. Dewey ritiene, infatti, la promozione del civic engagement come uno degli obiettivi primari dell’educazione, poiché senza questa propensione non è possibile una reale partecipazione democratica alla vita sociale né un’autentica espressione di cittadinanza attiva (Dewey, 1944). Oltre a ciò il pensiero deweyano ci offre un importante spunto anche per quanto riguarda le modalità didattiche, dal momento che secondo questo pensatore i bambini “costruiscono” la conoscenza a partire dal loro coinvolgimento in attività significative, poiché è attraverso un approccio esperienziale che essi possono non solo “scoprire” nuove idee e concetti, ma anche metterli in relazioni con le conoscenze pregresse e integrarli in un sapere organico e autonomamente elaborato (Dewey, 1986). Questi elementi sono stati posti al centro della riflessione critica che ha come obiettivo la definizione di un percorso didattico orientato alla promozione del civic engagement in particolare per quanto riguarda la definizione degli (a) obiettivi, (b) la scelta delle metodologie didattiche e (c) delle attività e (d) il ruolo degli attori coinvolti.
Per quanto riguarda gli obiettivi, la visione di Dewey suggerisce di integrare la promozione delle competenze civiche (civic skills) con competenze di pensiero critico, poiché esse sono la chiave per un’adesione libera e responsabile a una cittadinanza partecipata in cui il singolo sappia porsi a servizio della società senza per questo perdere il senso di responsabilità delle proprie azioni (Dewey, 1944). Questo collegamento inoltre emerge come un elemento ricorsivo dalla nostra analisi, e di conseguenza è stato tematizzato e inserito negli obiettivi specifici della progettazione didattica.
Come accennato, queste assunzioni, hanno delle ricadute precise per quanto riguarda la scelta delle metodologie e delle strategie didattiche. Infatti, se il collegamento con il pensiero deweyano inevitabilmente porta con sé il ricorso a metodologie esperienziali e ad attività che prevedono un’attivazione diretta dello studente (es. hands-on activities), accompagnate da momenti riflessivi (es: brainstorming), dall’altra l’enfasi sulla dimensione critica porta a privilegiare metodologie e strategie didattiche che promuovono competenze cognitive collegate al pensiero critico, con particolare riferimento alle competenze di problem solving e alle competenze riflessive.
Non esiste un accordo trasversale della comunità scientifica rispetto al concetto di “pensiero critico” (Brookfield,1987; Thurmond, 2001), tuttavia, secondo una nota definizione presentata da Michael Scriven e Richard Paul all’8th Annual International Conference on Critical Thinking and Education nel 1987, il pensiero critico è quel processo cognitivo che consente di analizzare, sintetizzare, valutare e concettualizzare le informazioni desunte da momenti osservativi, esperienziali o riflessivi, al fine di guidare il pensiero e l’azione (Scriven & Paul, 1987). Questa definizione mette in luce un elemento ben noto in letteratura, ovvero il legame tra il pensiero critico, le competenze di problem solving e le competenze riflessive. Per quanto riguarda pensiero critico e problem solving, lungo è stato il dibattito che ha cercato di delineare caratteristiche e collegamenti di queste due “higher order thinking skills” (Cuban 1984, Ennis, 1985, Pogonowksi, 1987, Lewis & Smith, 1993; Snyder & Snyder, 2008), tuttavia oggi numerosi ricercatori convergono sul legame tra queste due competenze cognitive complesse ritenendo il problem-solving una competenza organica al pensieri critico (Tümkaya, Aybek & Aldaş,2009, Yenice, 2011; Özyurt, 2015, Memduhoğlu, & Keleş, 2016). Un discorso simile lega “pensiero critico” e “reflective thinking”: diversi studiosi ritengono il legame tra pensiero critico e reflective thinking sia essenziale per la promozione di un pensiero autonomo e creativo, nonché per il pensiero scientifico (Geertsen, 2003, Mortari, 2009, Choy, & Oo, 2012, Ghanizadeh, 2017). Le metodologie didattiche più coerenti con la promozione di queste competenze cognitive sono metodologie esperienziali che coniughino un apprendimento situato con lo sviluppo delle competenze cognitive complesse, all’interno di una dimensione orientata alla riflessione e al confronto intra e interpersonale, come l’Inquiry Based Learning o il Community Based Learning.
Coerentemente con questo approccio, tali metodologie didattiche emergono come ricorsive nella nostra analisi e appaiono positivamente collegate ad alcune specifiche attività. Tali attività possono essere classificate in macro-gruppi, non mutualmente esclusivi ma anzi solitamente integrati tra di loro, quali (a) momenti di osservazione e/o raccolta dati a partire da esperienze dirette condotte dai bambini (es: momenti laboratoriali.); (a) fruizione o creazione di narrazioni con funzione di stimolo veicolate anche attraverso strumenti visivi (es: illustrazioni, audiovisivi, ecc.); (c) attività riflessive individuali o in gruppo condotte anche con l’ausilio di strumenti di scrittura (es: diario riflessivo); (d) attività di cura verso persone, animali o contesti naturali (es: presa in carico di un problema della scuola o della comunità come un’area degradata, presa in carico di un problema dei compagni come allergie alimentari o prescrizioni religiose; accudimenti di un giardino o di un animale, ecc.); (e) creazione di elaborazioni originali da parte degli studenti per la focalizzazione degli output del percorso e per la socializzazione degli stessi (es: video, narrazione, testo riflessivo, blog, ecc.).
Un ulteriore elemento di ricorsività, in parte collegato alle attività proposte, riguarda gli attori coinvolti. In primo luogo si osserva come in molti dei progetti analizzati sia stato privilegiato, per la realizzazione delle attività, il lavoro in piccoli gruppi (da due a sei studenti). Questa scelta didattica è funzionale sia ai momenti esperienziali che a quelli riflessivi, perché consente una maggiore attivazione degli studenti e massimizza l’efficacia degli interventi student-oriented (Maypole & Devies, 2011). In secondo luogo si nota come numerosi percorsi prevedono un’integrazione di attività che coinvolgono una dimensione comunitaria più ampia, talvolta limitata al livello scolastico, ma spesso allargata alla comunità locale, tramite un’integrazione con soggetti provenienti dalla società sociale, civile e politica di riferimento.
Concludendo possiamo osservare come gli esiti di questa integrative review abbiano evidenziato, all’interno dei programmi educativi selezionati e analizzati, quegli elementi ricorrenti che si rivelano funzionali a una progettazione didattica efficace, consentendo, al contempo, un interrogarsi critico dei ricercatori. Partendo dalla consapevolezza che le systematic review possono assumere un valore performativo nell’affrontare problemi aperti che riguardano contesti reali (Jones-Devitt, Austen & Parkin, 2001), un’analisi si rivela efficace all’interno di un contesto educativo quando consente un agire educativo che sappia mantenere una relazione arricchente con la letteratura scientifica, senza dimenticare la necessità di progettare a partire da uno sguardo emergenziale che colga le esigenze del setting specifico di riferimento. In quest’ottica gli esiti di questa systematic review si rivelano efficaci perché si pongono come indicatori puntuali ma non prescrittivi, che, dunque, forniscono indicazioni d’efficacia senza per questo soffocare e massificare gli interventi, e favoriscono così una ricerca educativa flessibilmente orientata.
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È stato scelto il 2010 come anno di riferimento poiché a partire da tale data numerosi documenti di indirizzo e policy educative in ambito internazionale hanno posto l’accento sull’importanza del civic engagement e il suo legame con le social skills (si veda ad esempio: 2010 - National Council for the Social Studies – USA – “Civic education is championed as one way to prepare students for democratic participation”; 2013 – UNESCO – “Education for global citizenship – a framework for discussion”; 2015 – UNESCO – “Education 2030 – Framework for Action”).↩︎
“Teaching children to care about each other is an important aspect of creating a positive social- emotional early childhood environment. Teachers may provide examples to explain the meaning of caring, model how to care for others, and allow children to practice caring by tending to the needs of the animals in the classroom” [Tr.: Insegnare ai bambini ad avere cura gli uni degli altri è un aspetto importante per creare un ambiente socio-emotivo positivo nella prima infanzia. Gli insegnanti possono proporre esempi per spiegare il significato dell’azione di cura, il modo in cui prendersi cura degli altri e stimolare i bambini all’azione di cura grazie all’attenzione riposta ai bisogni degli animali in aula] (Meadan & Jegatheesan 2010: 74).↩︎