Encyclopaideia – Journal of Phenomenology and Education. Vol.25 n.60 (2021)
ISSN 1825-8670

Fragilità educative e comportamenti antisociali degli adolescenti: categorie concettuali e pratiche educative

Fabrizio ChelloUniversità degli Studi Suor Orsola Benincasa – Napoli (Italy)
ORCID https://orcid.org/0000-0002-5110-4489

Fabrizio Chello, Ricercatore (RTDa) in Pedagogia generale e sociale presso il Dipartimento di Scienze formative, psicologiche e della comunicazione dell’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli.

Rossana D’EliaUniversità degli Studi Suor Orsola Benincasa – Napoli (Italy)
ORCID https://orcid.org/0000-0001-5420-8753

Rossana D’Elia, Assegnista di ricerca in Pedagogia generale e sociale presso il Dipartimento di Scienze formative, psicologiche e della comunicazione dell’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli.

Daniela MannoUniversità degli Studi Suor Orsola Benincasa – Napoli (Italy)
ORCID https://orcid.org/0000-0002-5280-4276

Daniela Manno, Ricercatrice (RTDa) in Didattica e pedagogia speciale presso il Dipartimento di Scienze formative, psicologiche e della comunicazione dell’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli.

Pascal PerilloUniversità degli Studi Suor Orsola Benincasa – Napoli (Italy)
ORCID https://orcid.org/0000-0002-8575-4041

Pascal Perillo, Professore associato in Pedagogia generale e sociale presso il Dipartimento di Scienze formative, psicologiche e della comunicazione dell’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli.

Ricevuto: 2020-09-22 – Accettato: 2021-07-27 – Pubblicato: 2021-08-05

Adolescents’ fragility and antisocial behavior: conceptual categories and educational practices

Abstract

The paper presents and discusses the processes and the results of a Systematic Review of the scientific literature conducted with the aim to become aware of how the antisocial behaviour (AB) of adolescents are understood (repertoire of categories) and educationally managed (repertoire of practices). The results show how the phenomenon is understood mainly through an explanatory and experimental epistemological and methodological approach. Such approach aims at identifying several risks and protection factors that determine/influence AB as well as at defining indications on the practices to be implemented for the design of adequate prevention programmes. Based on these results, the paper proposes some critical reflections on a deterministic conception of AB.

L’articolo presenta e discute il processo e i risultati di una revisione sistematica della letteratura scientifica che muove dall’obiettivo di sondare come vengono interpretati (repertorio delle categorie) e gestiti educativamente (repertorio delle pratiche) i comportamenti antisociali (CA) degli adolescenti. I risultati mostrano come il fenomeno venga investigato prevalentemente attraverso un approccio epistemologico e metodologico di tipo esplicativo e sperimentale che punta, da un lato, all’individuazione dei fattori di rischio e di protezione che determinano/influenzano i CA e, dall’altro lato, alla definizione di indicazioni sulle pratiche da attuare per la progettazione di adeguati programmi di prevenzione. In relazione a questa concezione determinista di CA, si propongono alcune riflessioni critiche e si prospettano alcune piste di ricerca per ripensare il fenomeno alla luce di un approccio epistemologico e metodologico di tipo transazionale.

Keywords: Risk factors; protective factors; educational practices; determinism; Systematic Review.

Ringraziamenti

Il presente contributo è stato sviluppato nell’ambito del Progetto RE-SERVES – La ricerca educativa al servizio delle fragilità educative, finanziato dall’ex Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca tra i Progetti di Rilevante Interesse Nazionale (con convenzione n. 2017XPN3W9).

Il contributo è il risultato di intense discussioni, confronti, scambi di vedute tuttavia, per quanto riguarda le responsabilità individuali nella redazione, i paragrafi sono così attribuiti: §1 e §5 Pascal Perillo, §2 Rossana D’Elia, §3 Daniela Manno e §4 Fabrizio Chello.

1 Introduzione

La diffusione di comportamenti antisociali (CA) tra gli adolescenti evidenzia l’emergere di nuove fragilità educative, amplificate anche dalle tecnologie digitali, e la progressiva mancanza di competenze di cittadinanza, rilevando la necessità di un’educazione specifica e di azioni più attente e diffuse che promuovano politiche e pratiche educative basate sulla comunità di cura (Cima, 2020).

Secondo quanto generalmente condiviso nella letteratura scientifica, per CA può intendersi la trasgressione rispetto a tutto ciò che costituisce la ragione e la base di un ordinamento sociale, lo scostamento da norme condivise o imposte da poteri legittimi. Ci si riferisce non solo al radicato rifiuto dei valori, delle mete, delle procedure socialmente prescritte, ma anche alla violazione di norme fondamentali che consentono lo sviluppo della persona e la convivenza sociale. Tali comportamenti fanno riferimento ad altrettante dimensioni complesse, quali l’aggressività e la violenza. Secondo alcune ricerche sperimentali, le manifestazioni aggressive e violente e le ‘abitudini’ e/o ‘condotte’ dalle quali tali manifestazioni sembrano risultare ‘evidenti’, sono a volte di per se stesse ritenute CA, portando così a ricondurre questi ultimi a una serie di tratti specifici della personalità o a espressioni patologiche. Studi fondati su una cornice teorica di matrice interpretativo-comprensiva, invece, ritengono che i comportamenti antisociali siano ‘agiti’ volutamente da adolescenti che intendono allontanarsi dai cosiddetti valori comuni per la realizzazione della propria identità (cfr. Corbi & D’Elia, 2020).

La crescente attenzione rivolta ai CA e alla loro diffusione impone la necessità di ri-costruire un solido quadro teorico di riferimento per l’intera comunità di ricercatori e per le professionalità che agiscono nel settore educativo-formativo. La RS della letteratura scientifica costituisce, quindi, una valida risorsa per indagare i modi attraverso cui vengono interpretati e gestiti educativamente i CA degli adolescenti. In questo caso, l’obiettivo della RS è stato ricostruire il repertorio delle categorie concettuali con le quali la letteratura scientifica definisce il fenomeno e, al contempo, indagare i programmi educativi e le coordinate epistemologiche e metodologiche adottate dagli educatori dei servizi non formali e dagli insegnanti di scuola secondaria di secondo grado per gestire educativamente e fronteggiare il fenomeno indagato. A tal fine, il lavoro di indagine, realizzato all’interno del progetto “RE-SERVES: La ricerca a servizio delle fragilità educative”, è stato condotto a partire dalla seguente domanda di revisione: come vengono interpretati (repertorio delle categorie) e gestiti educativamente (repertorio delle pratiche) i comportamenti antisociali, aggressivi e violenti degli adolescenti?

2 Metodo

2.1 Strategia di interrogazione e selezione

Partendo dalla domanda di revisione, si è proceduto alla formulazione della stringa di ricerca «"adolescent" AND "antisocial behaviour" AND "prevention"», la cui elaborazione è stata frutto di uno studio derivante da una prima consultazione dei DB e dei rispettivi thesaurus. I riferimenti ai setting educativi (formali e non formali) sono stati considerati in fase di lettura dei contributi in base ai criteri di inclusione/esclusione.

La stringa è stata utilizzata per interrogare database (DB) internazionali e riviste italiane. Fra i primi sono stati inclusi DB di natura più propriamente educativa – Education Resources Information Center (ERIC), Education Source, Social Care Online (SCO), PsycInfo – e DB di natura più generalista – Scopus, Open Gray e Open Access Theses and Dissertations (OATD). Fra le seconde, sono state incluse le riviste scientifiche italiane ricomprese nell’elenco delle Riviste di Classe A elaborato dall’ANVUR per i settori concorsuali 11/D1 – Pedagogia e Storia della Pedagogia – e 11/D2 – Didattica, Pedagogia speciale e ricerca educativa, selezionando le riviste i cui siti web presentano, per ciascun numero pubblicato, le stesse informazioni che sono state raccolte attraverso i DB summenzionati ossia autore/i articolo, titolo articolo, abstract e parole-chiave. Nei casi in cui è stata riscontrata l’assenza del campo di ricerca per l’inserimento della stringa, si è proceduto alla lettura di tutti i titoli degli articoli presenti negli indici di ciascun fascicolo.

L’immissione della stringa di ricerca è stata accompagnata dalla selezione di due filtri: solo articoli peer-reviewed e articoli successivi al 2000. Il primo filtro è stato scelto perché si è ritenuto che potesse garantire l’individuazione di risultati maggiormente condivisi e riconosciuti dalla comunità scientifica di riferimento. La scelta del secondo filtro è legata alla considerazione dell’anno 2000 come momento simbolico delle trasformazioni connesse alla diffusione delle tecnologie digitali e più in generale ai processi di globalizzazione che hanno contribuito a delineare nuovi fenomeni adolescenziali che si sono imposti agli studiosi come rinnovate emergenze educative e per le quali è stato necessario avviare nuove ricerche.

Non sono stati invece applicati filtri legati alla lingua.

L’interrogazione dei DB è avvenuta in due fasi: la prima effettuata tra ottobre e novembre 2019 e la seconda nel maggio 2020. Infatti, in seguito alla ricognizione dei risultati ottenuti dopo la prima interrogazione, è emersa una carenza di contributi relativa al repertorio delle pratiche educative. Si è reso, pertanto, necessario formulare una nuova stringa «"programs" AND "adolescents" AND "antisocial behavior"» con cui sono state nuovamente interrogate le fonti selezionate.

Il numero dei contributi individuati nella prima e nella seconda fase, nonché il numero dei duplicati rimossi, è indicato nella Tabella 1.

Tabella 1 – Risultati interrogazione DB
DB
 

INTERROGAZIONE

INTERROGAZIONE
DUPLICATI RIMOSSI
Eric 236 193 64
ES 21 27 6
SCO 25 8 7
PI 8 7 2
Scopus 289 49 36
OG 0 0 0
OATD 26 16 0
Riviste italiane 5 0 0
TOTALE 610 300 115

La lettura di titolo e abstract di tali contributi è stata effettuata applicando i seguenti criteri di inclusione e di esclusione.

Criteri di inclusione:

  • articoli contenenti la definizione del fenomeno, le cause/i fattori di rischio, i programmi/le strategie di intervento educativo (tutte o almeno una di esse);

  • articoli che illustrano e/o monitorano/valutano pratiche educative community-based;

  • articoli che si focalizzano sulle pratiche educative agite da educatori in servizi educativi per adolescenti e/o da insegnanti di scuola secondaria di secondo grado (13-19 anni).

Criteri di esclusione:

  • articoli che utilizzano un approccio esclusivamente medico per la definizione del fenomeno, l’individuazione delle cause/i fattori di rischio, i programmi/le strategie di intervento (tutte o almeno una di esse);

  • articoli che illustrano e/o monitorano/valutano pratiche educative individuali;

  • articoli non esclusivamente focalizzati sulla fascia adolescenziale in età di scuola secondaria di secondo grado (13-19 anni).

Tali criteri hanno consentito di selezionare i contributi ritenuti più interessanti relativamente alla definizione del concetto di CA e alla descrizione delle pratiche educative maggiormente agite.

2.2 Strategia di valutazione

In seguito all’applicazione dei criteri di inclusione e di esclusione, sono stati selezionati e letti i full-text di 97 articoli, così come illustrato nel PRISMA (Fig. 1), per valutarne l’eleggibilità. Tale valutazione ha inteso verificare l’adeguata rappresentazione dei fattori indicati nei criteri di inclusione nonché la fondatezza epistemologica e metodologica legata a una chiara ed esaustiva presentazione del framework teorico di riferimento, alla relativa coerenza dell’impianto metodologico e all’esaustiva esposizione dei risultati.

In particolare, al fine di operazionalizzare la strategia di valutazione e sintesi narrativa che si è scelto di utilizzare, oltre a informazioni di carattere generale (titolo, rivista, data) si è verificato l’ambito/i disciplinare/i di appartenenza dell'autore/i; la tipologia di ricerca (teoretica, storico-educativa, empirica, per la validazione di strumenti); il focus tematico; l’età dei partecipanti, metodi e strumenti di rilevazione ed elaborazione dei dati. La lettura di ciascun articolo è stata seguita inoltre dalla redazione di alcune note riflessive per chiarire i motivi per i quali il contributo permetteva di rispondere alla domanda di revisione.

Si è pervenuti all’esclusione di 32 full-text perché non rispondenti pienamente alla domanda di revisione in quanto i fattori legati ai criteri di inclusione non erano sufficienti o erano presenti fattori legati ai criteri di esclusione non evidenti nell’abstract.

Figura 1 – PRISMA. Diagramma di flusso del processo di recupero dei documenti

3 Risultati

Il nutrito corpus di articoli eletti permette di rendere conto di un elevato interesse verso il fenomeno dei CA e violenti degli adolescenti, oltre che della sua diffusione in ambiti disciplinari estremamente variegati. Tanto la valutazione della collocazione editoriale attraverso i dati delle riviste, quanto l’approfondimento dell’afferenza disciplinare degli autori, indicano una prevalenza dell’ambito psicologico, nelle sue varie declinazioni, a cui si affiancano, a titolo esemplificativo, quelli delle scienze sociali, della psichiatria, delle neuroscienze, della statistica, dell’epidemiologia, delle scienze motorie, del diritto, della biologia.

Più di un terzo dei 65 contributi eletti è riconducibile al Nord America (Stati Uniti: 21; Canada: 6). Significativo è comunque il numero di studi condotti in Europa, con una prevalenza di quelli spagnoli (9) e olandesi (4) a cui seguono quelli svedesi (3), italiani (3), tedeschi (2), irlandesi (2). I restanti contributi si riferiscono a ricerche condotte in Birmania, Brasile, Croazia, India, Kazakistan, Malesia, Portogallo, Regno Unito, Russia, Taiwan e Turchia.

Nessun contributo propone ricerche teoretiche, storico-educative o di altro tipo: tutti i contributi presentano ricerche empiriche, per lo più con carattere longitudinale, tese a identificare fattori predittivi dei fenomeni indagati, tanto con fini esclusivamente confermativi, quanto con l’obiettivo di pianificare adeguati interventi di prevenzione e/o contrasto, o alla validazione di strumenti di ricerca. La rilevazione dei dati avviene quasi sempre attraverso strumenti standardizzati e l’analisi è di tipo statistico, anche se non mancano approcci e strumenti qualitativi.

In relazione alla domanda di revisione (cfr. §2), i contributi eletti alimentano prevalentemente il “repertorio delle categorie”, sebbene la maggior parte discuta le implicazioni per azioni preventive e/o di contrasto dei CA. Quanto al “repertorio delle pratiche” le attività proposte spaziano dalla prevenzione al contrasto e dipendono molto dal contesto in cui si suggerisce di attuarle.

3.1 Repertorio delle categorie

Gli articoli che sostanziano il repertorio delle categorie forniscono:

  1. definizioni del CA e/o di comportamenti ritenuti in sé antisociali oppure considerati come cause o conseguenze dello stesso CA generalmente inteso;

  2. analisi delle correlazioni fra i CA e i fattori di rischio e/o protezione;

  3. clusterizzazioni di adolescenti e CA e/o traiettorie di sviluppo degli stessi.

3.1.1 Definizioni

Molti contributi convergono sulle definizioni più diffuse in letteratura che identificano il CA con un comportamento che provoca, in modo diretto o indiretto, danni agli altri attraverso la violazione di norme sociali o morali, che può includere aggressività e azioni delinquenziali [56; 41; 31]1 e che tendenzialmente si manifesta e si sviluppa durante la prima adolescenza e può originare una serie di comportamenti problematici successivi (uso di sostanze, gravidanza in età adolescenziale, abbandono scolastico, violenza fra pari…) [64].

È interessante notare che se il CA si configura spesso come comportamento violento, non necessariamente deve essere valutato, in assenza di ulteriori elementi, come negativo. Alcuni autori, infatti, ritengono che esso vada considerato in relazione al contesto in cui si sviluppa e all’interno del quale potrebbe costituire una soluzione normativa o comunque largamente diffusa: è in tal senso opportuno, più che indagarne le cause, soffermarsi sugli stili della violenza legati ai modi in cui il soggetto interpreta le norme culturali di riferimento [24].

Anche altri autori preferiscono distaccarsi da definizioni diffuse e consolidate in letteratura per concentrarsi sui processi di significazione dei CA da parte degli adolescenti. Pensando al bullismo – spesso considerato come un elemento di una sindrome più ampia di CA [48], che si manifesta per lo più a scuola e ha effetti di lungo periodo in termini di CA [21] – si può notare che le definizioni fornite dagli adolescenti, a differenza di quelle dei ricercatori, spesso sono prive di alcune categorie tipiche (ripetizione, intenzionalità, bilanciamento di potere) e si concentrano di più sulla differenziazione delle forme di tale comportamento [8]. Tali definizioni, elaborate sulla base di esperienze dirette di bullismo, possono offrire agli insegnanti e alle altre figure di autorità elementi di comprensione utili alla gestione educativa del fenomeno [51]. Allo stesso modo, se la dating violence si riferisce comunemente a comportamenti aggressivi, sia fisici sia psicologici, che si manifestano nelle relazioni sentimentali fra gli adolescenti, ma non corrisponde alla violenza domestica per l’assenza di vincoli di parentela o legali [46], alcuni ricercatori ritengono che le categorie spesso adottate siano inadeguate perché elaborate in relazione agli adulti e sia invece necessario, per prevenire e contrastare la diffusione di tali comportamenti, basarsi sulle rappresentazioni che ne hanno gli stessi adolescenti [47].

Il bullismo, la dating violence, ma anche il consumo di alcool, droghe e di altre sostanze illecite, l’aggressività verso i pari, le figure di autorità o se stessi, come nel caso del suicidio – focus specifici di vari contributi eletti –, sono talvolta considerati come manifestazioni del CA in generale, altre invece come cause o conseguenze del CA o ancora come comportamenti riconducibili allo stesso pattern comportamentale disadattivo, caratterizzato da un set multiplo di fattori [43].

3.1.2 Correlazioni

I fattori maggiormente posti in correlazione con i CA, con l’obiettivo di individuarne il potenziale di rischio e/o protezione e/o moderazione, sono: l’età, il genere, l’appartenenza etnica o culturale, la condizione socio-economica, i tratti di personalità, i geni, le fasi di sviluppo, le abitudini di consumo (per quanto riguarda le caratteristiche dei soggetti); l’ambiente familiare con le relative dinamiche di sostegno, monitoraggio o conflitto, il gruppo dei pari, l’ambiente scolastico e il relativo clima, il vicinato (per quanto riguarda i contesti di vita). Fra questi, la famiglia e il gruppo dei pari emergono come i principali fattori di rischio, o per converso, di protezione, che risultano significativamente correlati ai CA.

Sono stati, a tal proposito, analizzati studi che valutano le differenze di genere negli effetti diretti e indiretti delle dinamiche familiari sul CA violento o non violento [12] e che correlano l’ambiente familiare con l’affiliazione a coetanei devianti [13], anche in relazione all’uso di sostanze e ai comportamenti derivanti [11] e al ruolo di mediazione dell’impulsività e dell’empatia adolescenziale su queste relazioni [2]. La correlazione tra amicizie antisociali e sviluppo del CA, nonché la possibilità di commettere crimini violenti nei primi anni di vita [16], è quasi sempre significativa.

Rispetto al bullismo, alcuni tratti di personalità anche non positivi come il machiavellismo, possono svolgere una funzione adattiva, moderando l’aggressività a favore di atteggiamenti manipolativi dell’altro [60]; l’assenza di capacità di risoluzione dei conflitti in modo cooperativo aumenta la possibilità che il soggetto sia coinvolto in situazioni di bullismo/cyberbullismo [17], mentre altri fattori che influenzano tale possibilità sono la competenza sociale, le assegnazioni di valore, la gestione delle emozioni, la motivazione, le relazioni di potere nel gruppo dei pari [3].

In generale i fattori, come l’empatia, che sono alla base dei comportamenti pro-sociali [4] oppure un buon livello di senso di coerenza o la disponibilità di strategie di coping sono considerati protettivi rispetto ai CA, anche quando questi ultimi sono derivanti dall’uso di alcool [37]. Al contrario, emozioni come la rabbia o il senso di gratificazione esperito potrebbero correlarsi con comportamenti delinquenziali [32]. Rispetto a questi, e in specie ai reati contro il patrimonio, alcuni autori considerano anche l’influenza esercitata dalla relazione fra caratteristiche genetiche e fattori ambientali [54].

L’influenza dei geni o anche delle fasi di sviluppo è in generale sempre posta in relazione con i fattori ambientali: ciò avviene anche in uno studio che analizza il ruolo di mediazione del gruppo dei pari rispetto allo sviluppo puberale [27]. Se il gruppo di pari è talvolta una possibilità di sviluppo di alcuni CA, sono anche questi stessi comportamenti a influenzare la scelta delle amicizie che tende ad avvenire sulla base di relazioni di similarità [39]. L’ambiente scolastico è da considerarsi anch’esso, a seconda dei casi, un fattore di rischio e/o protezione [45; 30] mentre gli studi che si sono concentrati sul ruolo del vicinato, soprattutto nei quartieri a rischio, hanno rilevato che l’influenza da questi esercitata in senso negativo è comunque mediata da tratti di personalità quali l’impulsività, il narcisismo, l’insensibilità, in connessione con l’influenza del gruppo dei pari, della famiglia e della scuola [33]. Alcuni fattori di rischio (uso di droghe, comportamenti sessuali precoci, rapporto con genitori, gruppo dei pari e atteggiamento nei confronti della scuola), come evidenziano alcuni studi comparati, sembrerebbero essere cross-culturali [15].

3.1.3 Clusterizzazioni

Gli studi che si occupano delle tipizzazioni dei CA e delle loro traiettorie di sviluppo permettono di rappresentare questo fenomeno come dinamico e processuale, considerandone la variazione in relazione a cause simultanee e cumulative [26], sebbene a volte troppo legata a un’evoluzione di tipo stadiale delineata a partire solo dalla considerazione dei modelli di CA [41] e non anche di altri fattori contestuali ambientali e personali. Anche il comportamento aggressivo può essere considerato come non innato e caratterizzato da una dimensione biologico-evolutiva (difesa delle proprie risorse), sociale (considerazione dell’aggressività nel contesto di riferimento), psicologica (gestione più o meno consapevole delle emozioni) [59]. In generale, i vissuti dell’infanzia e dell’adolescenza – maltrattamenti subiti o sviluppo dello stesso CA – hanno influenze anche nella fase adulta che possono manifestarsi come altrettanti maltrattamenti subiti oppure agiti [52] o anche come altri comportamenti problematici come il consumo di alcool, in particolare per i maschi, e la depressione, in particolare per le femmine [10]. Comprendere le traiettorie di sviluppo dei CA, anche in virtù della loro molteplicità, può essere importante per pianificare interventi mirati [42].

3.2 Repertorio delle pratiche

Per il bullismo, si va da programmi di sensibilizzazione [51] a interventi più strutturati che lavorano su empatia, interiorizzazione dei meccanismi di prevenzione dei conflitti, autocontrollo emotivo, apprendimento individuale e di gruppo di compiti che implicano l’aiuto e la protezione degli altri [3] o ancora a programmi, attuati in strutture residenziali per adolescenti a rischio, di matrice cognitivo-comportamentale e/o riabilitativa volti alla modificazione dei comportamenti e al potenziamento dell’autocontrollo, mai comunque senza considerare un necessario legame fra contesto non formale e formale [48].

Alcuni programmi di sostegno psicologico e pedagogico degli adolescenti devianti si basano, invece, su differenti modelli organizzativi (prevenzione del problema, individuazione delle tecniche per la gestione di situazioni problematiche, supporto in situazioni di crisi) e di supporto sia individuale sia di gruppo [53]. L’intervento di gruppo è privilegiato da molti anche perché permette ai giovani di sperimentarsi come guide positive per i loro pari: a tal proposito, un progetto di service learning in una scuola alternativa mira a stimolare l’appartenenza degli studenti tanto alla scuola quanto alla comunità, potenziare il senso di responsabilità e la capacità di gestire i conflitti [31]. Anche in uno studio italiano ritorna un programma di formazione e di volontariato che ha avuto effetti positivi sulla diminuzione dei CA [44]. Di gruppo, ma anche gender specific, possono essere interventi di consulenza ad esempio rivolti a ragazze adolescenti ad alto rischio [23].

Gli obiettivi di programmi psico-educativi specifici, come EQUIP for educators, non sono dissimili dagli altri puntando, infatti, alla riduzione delle distorsioni cognitive egoistiche e dell’attitudine ai CA e al potenziamento delle competenze sociali nonché a un’educazione morale [57].

Nei contesti scolastici, i programmi per contrastare i CA sono legati all’implementazione di approcci quali l’apprendimento cooperativo, la gestione della classe, il tutoraggio tra pari, il mentoring e la mediazione [64], ma anche a interventi più strutturati che, basandosi su modelli ecologici, coinvolgono studenti, docenti e famiglie, anche attraverso l’istituzione di servizi di ascolto e consulenza supervisionati da psicologi [18]. In merito agli interventi attuati nei contesti scolastici e rivolti alle famiglie, si evidenzia come la loro efficacia dipenda dalla capacità della scuola di identificare precocemente i comportamenti problematici, ma anche dall’impegno proattivo e tempestivo dei genitori di fronte ai primi segnali di CA e dalla loro disponibilità a ricevere consulenza da parte di esperti che sono esterni alle dinamiche familiari [9]. Gli interventi con la famiglia – che alcuni propongono anche come consulenza familiare in ospedale, soprattutto nei casi in cui i giovani necessitino di assistenza sanitaria in seguito all’abuso di alcool [28] – dovrebbero, per alcuni studiosi, iniziare già quando i bambini sono piccoli e puntare allo sviluppo di consapevolezza da parte dei genitori non solo del loro stile genitoriale ma anche dello sviluppo del loro comportamento più in generale [59].

Anche le attività ricreative si confermano come positivi interventi per la prevenzione e il contrasto dei CA, sebbene risulti importante il livello di strutturazione dell’attività che influisce sul livello di partecipazione dei soggetti e di manifestazione di CA [29]. Tali attività – molto importanti soprattutto se si considera che spesso l’emergere di CA si lega proprio a una non adeguata gestione del tempo libero – hanno ricadute positive a livello personale, sull’adeguamento sociale e sul miglioramento delle performance scolastiche [50].

4 Discussione

Il presente lavoro di RS è stato condotto con l’intento di individuare le categorie teorico-concettuali e le strategie metodologiche-operative utilizzate per interpretare e gestire educativamente i CA degli adolescenti. La scelta di condurre un’unica RS volta a repertoriare tanto le categorie quanto le strategie, deriva dal fatto che tutte le opzioni paradigmatiche presenti in ambito educativo riconoscono l’esistenza di una stretta relazione tra teorie e pratiche. Infatti, come dimostrano i risultati della revisione, gli articoli che si soffermano prevalentemente sull’analisi dei fattori di rischio e di protezione propongono sempre indicazioni per la progettazione e la realizzazione di pratiche educative così come, per converso, gli articoli che si focalizzano prioritariamente sulla descrizione o sull’analisi dei programmi di intervento chiariscono sempre le coordinate teoriche che irretiscono l’azione. Tuttavia, a seconda del paradigma di riferimento, la relazione tra teorie e pratiche viene interpretata in modi molto diversi ed è per tale motivo che la presente discussione mira a far emergere le scelte paradigmatiche delle ricerche illustrate negli articoli eletti.

In particolare, a partire dalla definizione di ‘paradigma’ offerta da Kuhn (1969), è possibile sostenere che l’uso di certe categorie concettuali così come di certe procedure e strumenti di indagine porta con sé assunti o premesse che orientano l’azione epistemica in direzioni diverse. Lì dove, per quanto concerne la ricerca empirica, in accordo con la letteratura sul tema (Bruyne, Herman e de Schoutheete, 1974; Guba e Lincoln, 1985; 1994; Crotty, 1998; Mortari, 2007), la differenza tra assunti e premesse che compongono un paradigma si gioca sul piano ontologico (la concezione della realtà), epistemologico (la concezione di conoscenza scientifica), teorico (l’insieme di ipotesi attraverso cui si conosce la realtà), metodologico (la concezione procedurale dell’indagine), metodico (gli strumenti di ricerca progettati e/o usati), etico (le responsabilità che l’azione epistemica porta con sé) e politico (quale tipo di ricerca è bene condurre).

4.1 Il piano ontologico

I concetti mobilitati nelle definizioni di CA illustrate nel §3.1.1 sono tracce interessanti degli assunti ontologici, epistemologici, metodologici e metodici non sempre espressi esplicitamente negli articoli. Ad esempio, il fatto che la quasi totalità dei contributi eletti (58 su 65) proponga, senza alcuna problematizzazione teoretica, una concezione di CA come comportamento deviante, consente di ipotizzare che essi si fondino su una concezione ontologica di stampo realista e normativo. Infatti, pur assumendo la natura storico-culturale e perciò convenzionale delle norme, i contributi eletti paiono intenderle come oggetti sociali la cui essenza è inscritta e documentata attraverso atti strutturali e strutturanti che le rendono realtà indipendenti dalla volontà individuale e collettiva (Ferraris, 2009). Lì dove una tale stabilizzazione ontologica consente di concepire la loro validità quasi come universale e, perciò, consente di non interrogarsi sulla possibilità che in alcuni codici culturali i CA siano dei comportamenti adeguati e desiderabili.

Al contrario, altri articoli rimandano a una concezione ontologica della realtà sociale di tipo relazionale, intendendo così l’essenza delle norme come un prodotto sempre negoziabile e, dunque, dipendente dalle relazioni di significato che si vengono a generare in un certo contesto.

4.2 I piani epistemologico, metodologico e dei metodi

La differenza sopra indicata ha effetti sui piani epistemologico, metodologico e dei metodi. Infatti, la maggior parte dei contributi eletti, non problematizzando in senso contestualista il concetto di CA, tende a investigare tale oggetto di studio alla luce di una postura epistemologica oggettivante ed esternalista, secondo cui il CA si manifesta attraverso “delle strutture stabili, indipendenti dall’osservatore e accessibili alla sua investigazione” (Berthelot, 2001, p. 121). Un esempio in tal senso è dato dal fatto che, nella maggior parte delle ricerche analizzate, il CA è definito in maniera aprioristica sulla base della suddetta ontologia sociale di stampo realista: tutto ciò che non segue la norma istituita, compromettendo la tenuta e la stabilità delle relazioni sociali, è un CA, con la conseguenza che diviene irrilevante considerare non solo le motivazioni che spingono gli attori sociali ad agire in senso antisociale, ma anche le motivazioni che spingono il ricercatore a interessarsi a certi comportamenti e non ad altri. Ne consegue che il concetto di CA si trasforma in una categoria che comprende tanto le forme giuridicamente sanzionate di aggressività e violenza verso gli altri quanto stili di vita o scelte (come nel caso del suicidio) che riguardano altri ambiti dell’interazione sociale. Una tale indifferenziazione epistemica induce, sul piano metodologico, a trattare tutti i CA allo stesso modo e, dunque, a intenderli come realtà indipendenti dal ricercatore, che può conoscerli dall’alto e dall’esterno osservando o interrogando gli attori sociali quali informatori che possono esclusivamente confermare o confutare l’ipotesi di partenza. Sicché, sul piano dei metodi, la scelta di usare strumenti strutturati e standardizzati quali l’esperimento o il questionario risulta assolutamente coerente.

Al contrario, nei pochi contributi che assumono una prospettiva ontologica relazionale, la possibilità di mettere in discussione significati predeterminati del CA comporta la necessità epistemologica di pensare l’oggetto di ricerca alla luce dei significati che gli attori sociali gli attribuiscono, differenziando così inevitabilmente le definizioni e i concetti. Ne consegue, da un punto di vista metodologico, la definizione di procedure di ricerca che ambiscono all’apertura dello spettro rappresentazionale del fenomeno indagato al fine di mostrare la molteplicità, la varietà e la non omogeneità dei comportamenti. Tali procedure si sostanziano di strumenti di ricerca di tipo qualitativo, come ad esempio l’intervista semi-strutturata o non strutturata. Il rischio epistemico, in tali ricerche, è la proposizione di risultati eccessivamente parcellizzati e specifici che, non consentendo generalizzazioni efficaci, possono scivolare facilmente in posizioni relativistiche (Corbi, 2005).

4.3 Il piano teorico

Per quanto concerne il piano teorico, è utile discutere i risultati illustrati nei §3.1.2, 3.1.3 e 3.2. Data l’impostazione realista, oggettivante ed esternalista della maggior parte dei contributi eletti, le spiegazioni che le ricerche offrono assumono contorni spesso deterministi. Infatti, nonostante le ricerche chiariscano che le correlazioni statistiche non consentono di individuare fattori di rischio o di protezione nettamente più significativi di altri, considerando conseguentemente i CA come derivanti da una molteplicità di elementi di natura diversa (biologici, psicologici e socio-culturali) che si influenzano reciprocamente, l’idea che emerge è che tali elementi funzionino come forze che impattano sull’adolescente definendone il comportamento. Per dirlo in altri termini, tali contribuiti sottendono una concezione del soggetto quale ‘luogo’ in cui si manifestano gli effetti determinati da un certo sistema di concause, che il soggetto può solo parzialmente controllare. La conseguenza di un tale determinismo è duplice: dal punto di vista della concettualizzazione del processo formativo, la pluralità e la dinamicità dei percorsi di vita degli adolescenti viene facilmente inscritta all’interno di schemi evoluti generali e standardizzati che spesso descrivono traiettorie lineari le cui radici hanno sede nell’infanzia; dal punto di vista della progettazione e dell’attuazione delle pratiche educative, vengono preferite strategie basate su metodi riabilitativi, cognitivo-comportamentali o di educazione morale al fine di consentire al soggetto o alla sua famiglia di sviluppare una maggiore capacità di controllo degli elementi che compongono l’identità personale e il sistema sociale.

Al contrario, i contributi che illustrano o analizzano pratiche educative basate su metodi quali il service learning, il mentoring o il cooperative learning delineano, coerentemente con gli assunti teorici a cui fanno riferimento, una visione del processo formativo più aperta e libera, descrivendo l’adolescente come un attore sociale che può sviluppare competenze riflessive per riscrivere le proprie esperienze, soprattutto se adeguatamente supportato da un contesto che si percepisce come parte della situazione problematica. È da sottolineare, tuttavia, che tali contributi propongono analisi relative a esperienze limitate temporalmente e spazialmente e ciò non consente analisi o valutazioni comparative.

4.4 I piani etico e politico

Gli assunti individuati sui precedenti piani hanno inevitabili connessioni con gli assunti etico-politici della ricerca. Sebbene in tutti i contributi venga esplicitato che le finalità dell’indagine sono relative o allo sviluppo di una più adeguata conoscenza del fenomeno dei CA che consenta, attraverso la progettazione di specifiche pratiche educative, la sua riduzione e il suo contrasto oppure all’analisi delle pratiche educative già progettate e attuate per una loro valutazione in termini di impatto, le differenze tra i contributi non sono marginali. Pur cercando di evitare una opposizione manichea tra i paradigmi (Tarozzi, 2016), non ci si può esimere dal notare che i contributi che propongono una visione determinista del processo formativo fanno riferimento a una concezione etico-politica della ricerca di tipo razional-funzionale: da un punto di vista etico, la responsabilità del ricercatore sta nel tentare di spiegare in maniera il più possibile neutrale la correlazione tra i fattori di rischio che determinano l’insorgenza del CA così come, da un punto di vista politico, essa risiede nel dimostrare la fondatezza scientifica di tali concetti o la validità operativa delle indicazioni proposte. Ma come si è cercato di sottolineare più sopra tale neutralità etico-politica è solo apparente visto che gli assunti ontologici di stampo normativo definiscono la legittimità delle condotte umane anche sul piano della responsabilità individuale e sociale.

Al contrario, i contributi fondati su una concezione epistemologica interpretazionista intendono l’indagine come una pratica che responsabilizza il ricercatore in maniera globale quale attivo trasformatore delle dinamiche sociali, poiché il suo lavoro incide fortemente sulla possibilità di cambiare tanto le categorie quanto le pratiche con cui le persone leggono e agiscono nella realtà.

5 Conclusioni

La discussione dei risultati ottenuti dalla revisione sistematica della lettura induce a ritenere che il fenomeno dei CA venga investigato prevalentemente attraverso un approccio epistemologico e metodologico di tipo esplicativo e sperimentale. Tale approccio punta, da un lato, all’individuazione dei fattori di rischio e di protezione che determinano/influenzano i CA e, dall’altro lato, alla definizione di indicazioni sulle pratiche da attuare per la progettazione di adeguati programmi di prevenzione. Emerge, pertanto, una concezione determinista di CA che difficilmente riesce a tener conto della complessità e della pluralità delle variabili e dei fattori in gioco, rendendo evidente la necessità di ripensare il fenomeno anche alla luce di approcci epistemologici e metodologici altri.

Il ricorso a un approccio di tipo transazionale, per esempio, potrebbe aiutare i ricercatori e i professionisti che si confrontano con il fenomeno ad arginare i rischi di incorrere in conflitti epistemici, riconoscendo i CA come risultati di quel processo transazionale tra organismo e ambiente che ricomprende tanto dimensioni strutturali quanto dimensioni aleatorie (Dewey & Bentley, 1974). In questo senso, le coordinate metodologiche della Ricerca-Azione-Partecipativa (RAP) (Bradbury, 2015; Reason & Bradbury, 2008), consentirebbero di ridurre la distanza tra ricerca pedagogica e azione educativa che, nella prospettiva del pragmatismo deweyano (Dewey, 2008; 1974), si incontrano e si ricongiungono in quella tensione tutta politica che innerva l’educazione alla cittadinanza. Infatti, contribuire a promuovere il progresso della conoscenza sull’educazione alla cittadinanza attraverso l’analisi delle pratiche educative esercitate da insegnanti ed educatori in azione, risponderebbe all’esigenza di implementare nei territori comunità di cura sempre più forti e significative, sollecitando i processi riflessivi di emersione, problematizzazione, ricostruzione e trasformazione dei significati (cfr. Mezirow, 2003; Schön 1991; 1992; 1993) attraverso cui educatori e insegnanti concepiscono i CA degli adolescenti.

Riferimenti bibliografici

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Appendice. Elenco degli articoli inclusi nella sintesi qualitativa

ID Autore/i Anno Titolo
1

Acosta

Hospital

Graziano

Morris

Wagner

2015 Pathways to Drinking among Hispanic/Latino Adolescents: Perceived Discrimination, Ethnic Identity, and Peer Affiliations
 
2

Álvarez-García

González-Castro

Núñez

Rodríguez

Cerezo

2019 Impact of Family and Friends on Antisocial Adolescent Behavior: The Mediating Role of Impulsivity and Empathy
 
3 Avilés-Martínez 2006 Differences of Causal Attribution in Bullying among Participants
 
4

Barriga

Sullivan-Cosetti

Gibbs

2009 Moral cognitive correlates of empathy in juvenile delinquents
 
5

Belgrave

Nguyen

Johnson

Hood

2011 Who Is Likely to Help and Hurt? Profiles of African American Adolescents with Prosocial and Aggressive Behavior
 
6

Berti

Arcuri

Pastore

2017 Il questionario HIT (How I Think) per la misurazione delle distorsioni cognitive che favoriscono il comportamento antisociale. Una validazione su 1688 studenti italiani
 
7

Border

Corley

Brown

Hewitt

Hopfer

Stallings

Wall

Young

Rhee

2018

Predictors of adult outcomes in clinically- and legally-ascertained youth with externalizing

problems

 
8

Byrne1

Dooley

Fitzgerald

Dolphin

2015 Adolescents’ Definitions of Bullying: The Contribution of Age, Gender, and Experience of Bullying
 
9

Connell

Dishion

Yasui

Kavanagh

2007 An Adaptive Approach to Family Intervention: Linking Engagement in Family-Centered Intervention to Reductions in Adolescent Problem Behavior
 
10

Cook

Pflieger

Connell

Connell

2014 Do Specific Transitional Patterns of Antisocial Behavior during Adolescence Increase Risk for Problems in Young Adulthood?
 
11

Cutrín

Gómez-Fraguela

Sobral

2017 Gender Differences in Youth Substance Use: The Effects of Parenting Through a Deviant Peer Group
 
12

Cutrín

Gómez-Fraguela

Sobral

2017 Gender Differences in the Influence of Parenting on Youth Antisocial Behavior through Deviant Peers
 
13

Cutrín

Gómez-Fraguela

Luengo

2015 Peer-group mediation in the relationship between family and juvenile antisocial behavior
 
14

Day

Nielsen

Ward

Sun

Rosenthal

Duchesne

Bevc

Rossman

2012 Long-Term Follow-Up of Criminal Activity with Adjudicated Youth in Ontario: Identifying Offence Trajectories and Predictors/ Correlates of Trajectory Group Membership
 
15

de Looze

ter Bogt

Raaijmakers

Pickett

Kuntsche

Vollebergh

2014 Cross-national evidence for the clustering and psychosocial correlates of adolescent risk behaviors in 27 countries
 
16

Dishion

Mun

Ha

Tein

2018 Observed Family and Friendship Dynamics in Adolescence: a Latent Profile Approach to Identifying “Mesosystem” Adaptation for Intervention Tailoring
 
17 Garaigordobil 2017 Conducta antisocial: conexión con bullying/cyberbullying y estrategias de resolución de conflictos
 
18

Gouveia

Leal

Cardoso

2019 Preventing and Reducing School Violence: Development of a Student and Family Office - A Pilot Study
 
19

Halgunseth

Perkins

Lippold

Nix

2013 Delinquent-Oriented Attitudes Mediate the Relation Between Parental Inconsistent Discipline and Early Adolescent Behavior
 
20

Hassan

Osman

Azarian

2009 Effects of Watching Violence Movies on the Attitudes Concerning Aggression among Middle Schoolboys (13-17 years old) at international schools in Kuala Lumpur, Malaysia
 
21

Hemphill

Tollit

Herrenkohl

2014 Protective Factors Against the Impact of School Bullying Perpetration and Victimization on Young Adult Externalizing and Internalizing Problems
 
22

Herrenkohl

Hemphill

Mason

Toumbourou

Catalano

2012 Predictors and Responses to the Growth in Physical Violence During Adolescence: A Comparison of Students in Washington State and Victoria, Australia
 
23

Hoffman

Cummings

Leschied

2004 Treating Aggression in High-Risk Adolescent Girls: A Preliminary Evaluation
 
24

Jäggi

Kliewer

2016 “Cause That's the Only Skills in School You Need”: A Qualitative Analysis of Revenge Goals in Poor Urban Youth
 
25

Jaureguizar

Ibabe

Straus

2013 Violent and prosocial behavior by adolescents toward parents and teachers in a community sample
 
26

Kiesner

Dishion

Poulin

Pastore

2009 Temporal Dynamics Linking Aspects of Parent Monitoring with Early Adolescent Antisocial Behavior
 
27

Kretsch

Harden

2014 Pubertal Development and Peer Influence on Risky Decision Making
 
28

Kuttler

Schwendemann

Bitzer

2015 Familial risk and protective factors in alcohol intoxicated adolescents: Psychometric evaluation of the family domain of the Communities That Care Youth Survey (CTC) and a new short version of the Childhood Trauma Questionnaire (CTQ)
 
29

Mahoney

Stattin

2000 Leisure activities and adolescent antisocial behavior: the role of structure and social context
 
30

McCrystal

Higgins

Percy

2006 Brief Report: School exclusion drug use and delinquency
 
31 Mcloughlin 2010 An Exploratory Case: Study Research Report Incorporating Service Learning
 
32

Modecki

Uink

Barber

2018 Antisocial behaviour during the teenage years: Understanding developmental risks
 
33

Mosteiro

Gómez-Fraguela

Maneiro Boo

Sobral Fernández

Luengo Martín

2016 Psychopathic traits mediate the effects of neighbourhood risk on juvenile antisocial behaviour
 
34

Murnaghan

Morrison

Laurence

Bell

2014 Investigating Mental Fitness and School Connectedness in Prince Edward Island and New Brunswick, Canada
 
35

Nanda Myo Aung Wan

Kliewer

Sosnowski

2019 Sex Differences in Risk for Substance Use Among High School Students in Myanmar
 
36

Nardi

Mendes da Cunha

Bizarro

Dalbosco Dell'Aglio

2012 Drug use and antisocial behavior among adolescents attending public schools in Brazil
 
37

Nilsson

Starrin

Simonsson

Leppert

2007 Alcohol‐related problems among adolescents and the role of a sense of Coherence
 
38

Obsuth

Sutherland

Cope

Pilbeam

Murray

Eisner

2016 London Education and Inclusion Project (LEIP): Results from a Cluster-Randomized Controlled Trial of an Intervention to Reduce School Exclusion and Antisocial Behavior
 
39

Osgood

Feinberg

Ragan

2015 Social Networks and the Diffusion of Adolescent Problem Behavior: Reliable Estimates of Selection and Influence from Sixth Through Ninth Grades
 
40

Ovsyanika

Belinskayac

Kochetkovd

Deberdeevab

2016 Specific Features of Value Orientations and Social Mindsets of Deviant Teenagers
 
41

Park

Lee

Sun

Vazsonyi

Bolland

2010 Pathways and predictors of antisocial behaviors in African American adolescents from poor neighborhoods
 
42

Park

Lee

Bolland

Vazsonyi

Sun

2008 Early Adolescent Pathways of Antisocial Behaviors in Poor, Inner-City Neighborhoods
 
43

Peña

Andreu

Graña

2009 Multivariate Model of Antisocial Behavior and Substance Use in Spanish Adolescents
 
44

Santinello

Cristini

Vieno

Scacchi

2012 “Volunteering by Chance” to Promote Civic Responsibility and Civic Engagement: Does It Work?
 
45

Schnurr,

Lohman

2013 The Impact of Collective Efficacy on Risks for Adolescents' Perpetration of Dating Violence
 
46

Schnurr

Lohman

2008 How Much Does School Matter? An Examination of Adolescent Dating Violence Perpetration
 
47

Sears

Byers

Whelan

Saint-Pierre

2006

“If It Hurts You, Then It Is Not a Joke”.

Adolescents’ Ideas About Girls’ and Boys’ Use and Experience of Abusive Behavior in Dating Relationships

 
48

Sekol

Farrington

2015 Psychological and background correlates of bullying in adolescent residential care
 
49

Sittner

Hautala

2016 Aggressive delinquency among north American indigenous adolescents: Trajectories and predictors
 
50 Sivrikaya 2019 The Effects of Recreative Activities on Adjustment Levels of Young People
 
51

Skrzypieca

Sleea

Sandhub

2015 Using the Photostory Method to Understand the Cultural Context of Youth Victimisation in the Punjab
 
52

Thornberrya

Matsuda

Greenman

Augustyn

Henry

Smith

Ireland

2014 Adolescent Risk Factors for Child Maltreatment
 
53

Tolegen

Seriev

Akhatov

Taubayev

Balashov

2016 Social and Legal Aspects of the Educational Support of Adolescents with Deviant Behavior
 
54

Tuvblad

Grann

Lichtenstein

2006 Heritability for Adolescent Antisocial Behavior Differs with Socioeconomic Status: Gene-Environment Interaction
 
55

van de Schoot

van der Velden

Boom

Brugman

2010 Can at-risk young adolescents be popular and anti-social? Sociometric status groups, anti-social behaviour, gender and ethnic background
 
56

van der Velden

Brugman

Boom

Koops

2010 Moral cognitive processes explaining antisocial behavior in young adolescents
 
57

van der Velden

Brugman

Boom

Koops

2010 Effects of equip for educators on students’ self-serving cognitive distortions, moral judgment, and antisocial behavior
 
58

Vermeiren

Jone

Ruchkin

Deboutte

Schwab-Stone

2004 Juvenile arrest: a cross-cultural comparison
 
59

Wahl

Metzner

2011 Parental Influences on the Prevalence and Development of Child Aggressiveness
 
60

Wei

Chen

2012 The moderating effect of Machiavellianism on the relationships between bullying, peer acceptance, and school adjustment in adolescents
 
61

Weis

Crockett

Vieth

2004 Using MMPI-A profiles to predict success in a military-style residential treatment program for adolescents with academic and conduct problems
 
62

Wiesner

Capaldi

Kim

2012 General Versus Specific Predictors of Male Arrest Trajectories: A Test of the Moffitt and Patterson Theories
 
63 Williams 2014 Experiences with Violence in Mexican American and European American High School Dating Relationships
 
64

Wright

John

Livingstone

Shepherd

Duku

2007 Effects of School-Based Interventions on Secondary School Students with High and Low Risks for Antisocial Behaviour
 
65

Zheng

Cleveland

2013 Identifying Gender-Specific Developmental Trajectories of Nonviolent and Violent Delinquency from Adolescence to Young Adulthood

  1. I numeri nelle parentesi quadre indicano l’ID dei contributi che sono riportati nell’elenco presente in Appendice.↩︎