1 Introduzione
Nell’articolo 14esimo della 72a Assemblea Generale delle Nazioni Unite si riporta che gli Stati membri devono affrontare con urgenza l’alta percentuale di NEET (Not engaged in Employment, Education, or Training, ovvero giovani adulti che non lavorano, né studiano, né si stanno formando) presente nella popolazione mondiale. Sarebbe quindi necessario, da un lato, sviluppare e attuare politiche locali e nazionali per l’occupazione giovanile volte allo sviluppo di competenze per l’integrazione sostenibile dei giovani nel mercato del lavoro, e, dall’altro, stimolare l’imprenditorialità attraverso iniziative mirate a questo specifico segmento di popolazione. Vi è inoltre un riferimento esplicito all’Agenda 2030 (UN, 2015), per ridurre la percentuale di NEET e, allo stesso tempo, sviluppare e rendere operativa una strategia globale per l’occupazione giovanile. L’obiettivo 4, paragrafo 4.4, dell’Agenda afferma infatti che “entro il 2030, è necessario aumentare sostanzialmente il numero di giovani e adulti che hanno competenze rilevanti, comprese le competenze tecniche e professionali, per l’occupazione, posti di lavoro dignitosi e imprenditorialità” (traduzione degli autori).
Secondo i dati Eurostat 2018, l’Italia è il Paese europeo con la più alta percentuale di NEET (23,4%). Oggigiorno i giovani sono più vulnerabili alle difficoltà finanziarie e alla povertà (Albertini & Kohli, 2013) perché devono affrontare una forte discontinuità di reddito, l’instabilità occupazionale, maggiori difficoltà ad accedere al mercato del lavoro (Ranci, 2010; Taylor-Gooby, 2004) e ad un impiego stabile (Rosolia & Torrini, 2007).
Lo scopo della presente revisione sistematica, sviluppata in seno al progetto RE-SERVES1 dall’unità di ricerca dell’Università degli Studi “Roma TRE”, è quello di indagare nella letteratura di settore quali siano le best practices che, utilizzando i MOOC (Massive Online Open Course) e più in generale l’istruzione a distanza, favoriscano l’inclusione sociale ed economica dei NEET, e quale sia la loro efficacia in termini di integrazione nel mondo del lavoro.
2 Chi sono i NEET?
Nello scenario dei cambiamenti auspicati all’interno della Strategia di Lisbona del 2000, cui ha fatto seguito il programma Horizon 2020, la dimensione dell’occupabilità e le specifiche competenze che vi rientrano sono state oggetto di un’attenzione particolare da parte del Consiglio europeo. Tra gli obiettivi strategici programmati lungo il ventennio, la dimensione della collocabilità dei cittadini nel mercato del lavoro ha acquisito un peso specifico sostanziale quale strumento di inclusione sociale. Nella tensione generata dall’impresa di rispondere adeguatamente alle esigenze di fondo che animano gli obiettivi strategici e di sviluppo dei due documenti europei, viene ad assumere rilevanza il fenomeno dei NEET. L’acronimo venne usato per la prima volta nel 1999 dalla Social Exclusion Unit, una struttura britannica incaricata di elaborare linee guida di intervento per le politiche di contrasto alla dispersione scolastica (Agnoli, 2014). Una delle caratteristiche di questa prima popolazione di soggetti era quella di rientrare in una fascia di età compresa tra i 16 e i 18 anni. Successivamente, nel quadro dell’iniziativa Youth on the move, il requisito anagrafico dell’età venne ulteriormente ampliato per comprendere, col termine NEET i giovani fino a 24 anni. Tuttavia, l’indisponibilità di politiche strategiche efficienti ha reso indispensabile ripensare i tempi di transizione tra scuola e lavoro a livello comunitario, come evidenziato nell’ultimo rapporto Eurostat.2 Questo ha determinato una conseguente riformulazione dei criteri identificativi dei NEET che sono stati così suddivisi tra giovani (15-24 anni) e giovani adulti (25-34 anni). Sul piano europeo gli ultimi dati disponibili del 2019 indicano livelli di consistenza diversa in rapporto alle singole fasce di età analizzate: 14,9 % per soggetti di 20–24 anni, 17,1 % quelli di 25–29, e infine 17,3 % per l’ultimo segmento 30–34. La media EU 28 si attesta intorno al 16,5%, mentre l’Italia si qualifica quale primo paese interessato in termini quantitativi dal fenomeno NEET, con una percentuale di 28,8%. Seguono Grecia (26,8%), Bulgaria (20,9%), Romania (20,6%) e Slovacchia (20%). Vi è una componente importante di differenza di genere nella forbice media europea che separa le donne (20.9 %) dagli uomini 12.2 % (EU 28), e che assume proporzioni ancora più nette se riferita alla situazione italiana dove le percentuali si attestano a quota 34,2% per le prime e 23,8 % per i secondi. La composizione della categoria NEET tuttavia non è omogenea. Il rapporto ANPAL del 2018 identifica almeno quattro profili:
Attivi. Coloro che sono alla ricerca di una collocazione al lavoro, con una rappresentanza maggioritaria pari al 41% dei NEET di età compresa tra i 15 e i 29 anni. La dimensione di genere indica una predominanza del ruolo maschile (55,4%).
Implementatori. Persone che mirano a soddisfare i propri bisogni formativi nell’ambito dell’apprendimento formale e/o non formale e che manifestano un attaccamento verso il mondo del lavoro e dell’istruzione. Sono soggetti che potremmo definire sulla soglia del mercato dell’impiego, in attesa di rientrare una volta rinnovato il quadro delle proprie competenze.
Indisponibili. Soggetti, per lo più donne, che affermano di rinunciare alla ricerca di un impiego perché investite da ruoli di responsabilità familiare. Alla stessa categoria appartengono anche coloro che presentano problemi di salute.
Disimpegnati. Il cluster più rappresentativo del fenomeno NEET. Si tratta infatti di persone che vivono un forte sentimento di sfiducia nei riguardi delle opportunità di impiego, una bassa agentività, e un marcato disancoramento dalla volontà di intraprendere percorsi di formazione ed inserimento al lavoro intenzionali.
L’appartenenza alla categoria dei NEET incrocia inoltre alcune variabili identificative ricorrenti che ne accrescono la complessità in termini di lettura e di analisi di processo, quali: 1) basso livello di istruzione, 2) disabilità, 3) background migratorio, 4) ambiente familiare difficile, 5) vita in zone remote e 6) basso reddito familiare (Eurofound, 2012).
La risultante condivisa tra le diverse declinazioni del fenomeno NEET è tuttavia la potenziale marginalità sociale cui sono esposti coloro che rientrano in questa categoria. Per tale ragione il progetto RE-SERVES li elegge quali destinatari privilegiati di interventi formativi dedicati mediante l’uso di MOOC (Massive Open Online Courses).
3 Che cosa sono i MOOC?
Il termine MOOC è stato utilizzato per la prima volta da Dave Cormier per descrivere il corso Connectivism and Connective Knowledge di George Siemens e Stephen Downes nel 2008, tenuto online, gratuitamente e seguito da oltre 2000 persone in tutto il mondo (Yousef, Chatti, Schroeder, Wosnitza, & Jakobs, 2015).
Un MOOC è un corso online con la possibilità di iscrizione gratuita e aperta, un curriculum condiviso pubblicamente, progettato per un gran numero di partecipanti, che possa essere accessibile da chiunque, ovunque, purché abbia una connessione a Internet, ed aperto a tutti coloro che non hanno un titolo d’ingresso offrendo un’esperienza di corso completa online e gratuita. I MOOC si basano sull’impegno degli studenti che auto-organizzano la loro partecipazione secondo gli obiettivi di apprendimento, le conoscenze e le competenze pregresse e gli interessi comuni (McAuley, Stewart, Siemens, & Cormier, 2010; Jansen & Schuwer, 2015).
Questa definizione integra le quattro dimensioni dell’acronimo, ognuna delle quali è rappresentata da una lettera (Liyanagunawardena, Adams, & Williams, 2013; Kaplan & Haenlein, 2016):
Massive. In letteratura è ormai onnipresente una duplice interpretazione della prima lettera, massivi, che indica da un lato la scalabilità di questo formato educativo, dall’altro che il numero di partecipanti è maggiore di quanto sia possibile in una normale aula. La scalabilità si riflette sia nella tecnologia che nella pedagogia. La prima si riferisce alla capacità della piattaforma di ospitare un numero indefinito di partecipanti, mentre la seconda rappresenta l’ambito delle attività del corso, che può essere scalato senza causare grandi disagi e con un costo marginale trascurabile.
Open. L’apertura è delineata in tre diverse accezioni. La prima riguarda il fatto che l’accesso al corso è gratuito, con iscrizione libera (senza prerequisiti di ammissione), e che vi si possa accedere senza limiti di tempo e di spazio. La seconda è relativa all’apertura dei contenuti dei MOOC che permettono agli studenti di diversi livelli di studiare selettivamente i contenuti al proprio ritmo. In terzo luogo, il software e le piattaforme sono open-source, ossia permettono a chiunque di ottenere il codice sorgente senza che sia vietato l’uso, l’adattamento o lo sviluppo del codice.
Online. La maggior parte delle definizioni del termine MOOC concordano sul fatto che la fruizione del corso avviene via internet (o via web o in remoto), anche se alcuni ricercatori sostengono che i MOOC non devono necessariamente essere completamente online perché gli studenti della stessa area possono effettivamente incontrarsi, il che potrebbe portare a una modalità di apprendimento misto.
Courses. In un MOOC, il corso viene definito tramite: apprendimento indipendente, apprendimento in rete, facilitazione e risultati dell’apprendimento. L’apprendimento indipendente è il processo educativo auto-diretto che un singolo studente attraversa con poca o nessuna supervisione. L’apprendimento in rete presenta tre aspetti: le reti di apprendimento peer/collaborative learning, il social networking e il supporto peer/collaborative ossia quel supporto che uno studente riceve dagli altri partecipanti riguardo ai problemi incontrati o condivisi nel MOOC. Il terzo concetto è la facilitazione: il mancato contatto o il supporto limitato con l’istruttore attraverso il corso di studio sono tra i problemi più segnalati. L’enorme mole di dati e l’analisi dei risultati dell’apprendimento consentono ai docenti di monitorare l’andamento complessivo dei partecipanti e di fornire un riscontro adeguato quando possibile.
In quanto pratica educativa a distanza, aperta e attenta nel permettere a ciascuno studente di conservare i propri ritmi di apprendimento, i MOOC sono stati identificati tra le pratiche educative del Progetto RE-SERVES utili per promuovere l’acquisizione di competenze e conoscenze specifiche nei NEET che permettano loro di migliorare la loro occupabilità e inclusione sociale.
4 NEET e MOOC
Due universi moderni, apparentemente poco conciliabili; due sfide educative, pedagogiche, umane e digitali. NEET e MOOC sono due termini che necessitano di approfondimento, per accogliere la sfida che rappresentano in maniera consapevole. Ad oggi, la letteratura che prenda in considerazione l’impiego di MOOC per riqualificare i NEET è piuttosto esigua. Mentre gli studi su ciascuno dei due ambiti si sono sviluppati velocemente e ad ampio spettro dal momento in cui i termini sono stati coniati,3 per quanto concerne l’ipotesi di binomio il campo della sperimentazione è ancora assai poco indagato.
Rispetto ai NEET, l’attenzione della comunità scientifica si è progressivamente focalizzata sulle fragilità che derivano da una condizione di auto-esclusione e/o rinuncia a fronte di una serie di problematiche di difficile gestione, che fagocitano l’individuo e spesso lo costringono in un circolo vizioso che si autoalimenta. Lo studio sistematico del fenomeno in ambito accademico ha permesso di slegarsi da una prospettiva di indagine concentrata sulle problematiche connesse meramente alla disoccupazione, per orientarsi invece verso un quadro di analisi più ampio e complesso, in cui si intersecano dinamiche familiari, sistema dell’istruzione, formazione, e mercato del lavoro (Quintini, Martin, & Martin, 2007; Ruggeri, 2015). Purtroppo, l’uso spesso generico dell’etichetta NEET impedisce sia di leggere l’estesa varietà di condizioni che essa comprende, sia di cogliere la dinamicità dei percorsi occupazionali e di vita dei soggetti coinvolti, che si differenziano anche per genere e classe di età (Agnoli, 2014).
Nella transizione dal mondo dell’educazione/formazione a quello professionale, le aspettative dei giovani si scontrano con una realtà lavorativa costruita attorno a condizioni atipiche e percorsi intermittenti (Fergusson, Pye, Esland, McLaughlin, & Muncie, 2000) fortemente influenzati dall’andamento dei mercati internazionali (O’Higgins, 2012; Ruggeri, 2015). Se le prospettive di impiego non promettono stabilità né progressione di carriera, anche il livello di studi posseduto (nonostante il conseguimento di elevati titoli di studio incida significativamente sulle disuguaglianze sociali) e la specializzazione richiesta dalle singole imprese non sono allineati. Il qualification mismatch che si viene a creare oscilla tra educational mismatch (titolo di studio posseduto rispetto al livello del lavoro) e skill mismatch (competenze possedute e competenze richieste), producendo dinamiche soggettive di over- e under- qualification (Quintini, 2011).
Negli ultimi decenni sono stati attivati numerosi progetti e azioni prioritarie per ridurre la disoccupazione; gli interventi, improntati parallelamente all’educazione e alla formazione professionale, sono stati sviluppati sulla base di approcci diversi, sia educativi (per sviluppare abilità accademiche o di base o sociali), accompagnati da orientamento e supporto, sia professionali (pianificazione della carriera, volontariato, work-placement), affiancati da counselling, mentoring e monitoraggio della formazione in servizio. Gli studi recenti evidenziano, tuttavia, la mancanza di un trial design rigoroso nella valutazione degli interventi potenzialmente efficaci (Mawn et al., 2017), che la ricerca dovrebbe indirizzare verso alcune specifiche aree di indagine:
stabilire cosa funziona per re-impegnare i giovani (e quali), tenendo conto sia dei cambiamenti nella teoria e nella pratica educativa, sia del fatto che molti interventi escludono alcuni tra i soggetti più svantaggiati;
rivedere il potenziale di impatto degli approcci di intervento atti a modificare psicologia/comportamento, non ancora sufficientemente valutati negli ambiti operativi di educazione e formazione, placement, counselling;
implementare la ricerca applicata agli interventi promossi;
colmare la penuria di ricerche sull’impatto degli interventi sulla salute psico-fisica dei soggetti coinvolti.
I ricercatori dovrebbero quindi essere partecipi già nelle prime fasi dello sviluppo dei programmi di intervento, a sostegno delle organizzazioni operanti su commissione o su base volontaria e delle numerose autorità locali, nazionali e internazionali coinvolte. In questo senso, l’obiettivo del WP dell’Università degli Studi “Roma TRE” in seno a RE-SERVES, da cui nasce questa SR, è collegato direttamente a questi traguardi educativi, allo scopo di valutare la qualità e l’efficacia di un MOOC appositamente creato per l’inclusione dei NEET nel mercato del lavoro conducendo una sperimentazione pilota sul campo. A partire da un’analisi preliminare delle competenze carenti nel tessuto delle imprese italiane, sia a livello regionale che nazionale, il progetto si propone di rispondere alla concreta domanda di formazione del territorio offrendo un adeguato matching di competenze tra lavoratori e imprese con un percorso di formazione MOOC. Un simile intervento vuole potenzialmente motivare alla partecipazione un numero di utenti elevato e colmare, almeno parzialmente, il gap di competenze digitali che contraddistingue la popolazione italiana (in coerenza con la E-skills Strategy promossa dalla Commissione Europea).4
Un MOOC raggiunge simultaneamente e riunisce persone che vogliono acquisire una determinata conoscenza o competenza tramite i contributi di esperti progettati per facilitare l’apprendimento e favorire scambi di know-how (anche tra pari), sviluppo di pensiero critico e problem solving, se possibile anche attraverso esercitazioni pratiche. Consentendo l’accesso gratuito e aperto ai materiali di studio e agli strumenti, e non richiedendo un livello di partecipazione predefinito e/o prerequisiti specifici, a parte la conoscenza della lingua in cui si svolge (McAuley et al., 2010), permette anche di conciliare lavoro e vita familiare, esigenza potenzialmente primaria per un’ampia percentuale dei NEET, che considerano anche la distanza da casa un fattore determinante nell’accettare o meno un lavoro5 (Rapporto Giovani, 2017). Gli studenti possono così organizzare autonomamente il proprio apprendimento attraverso uno strumento formativo flessibile ed accessibile – seppure si debba ipotizzare qualche difficoltà di adattamento a questa modalità (Acosta & Otero, 2014).6
Le numerose iniziative realizzate in Italia per lo sviluppo della competenza digitale per NEET, sebbene tutte innovative e interessanti, hanno sempre mantenuto una visione sincronica del problema NEET: i giovani coinvolti sono stati aiutati nel loro percorso personale, così come le aziende che li hanno assunti, ma i progetti realizzati non hanno previsto follow-up, le ricadute non sono state monitorate, il format non era concepito per essere ripetuto. L’idea di creare un MOOC è quella di mettere a disposizione di coloro che verranno in futuro la possibilità di fruire della stessa esperienza, per offrire una soluzione che duri nel tempo.
5 Metodo
La strategia di ricerca per la revisione sistematica è stata condotta utilizzando un metodo definito emergente o iterativo, in cui “le varie fasi dell’analisi emergono durante il percorso, in dialogo costante con la letteratura analizzata. Esse possono essere modificate e ripetute se necessario” (Montù, 2011, p. 212). Ciò ha permesso di riflettere su quanto emerso dalla letteratura specifica durante le prime ricerche e rielaborare nel tempo e attraverso fasi successive le interrogazioni dei database, affinando gli strumenti di ricerca e costruendo ulteriori considerazioni sulle questioni oggetto di indagine.
Il primo passo compiuto ha riguardato l’elaborazione di alcune domande di revisione, riportate di seguito:
Quali sono le buone pratiche per contrastare il fenomeno dell’esclusione sociale ed economica dei giovani che utilizzano le nuove tecnologie e l’istruzione a distanza?
Qual è l’efficacia di una formazione a distanza sui giovani che non lavorano e non studiano in termini di integrazione nel mondo lavorativo?
Quali sono le competenze necessarie per l’inclusione dei NEET nel mondo del lavoro?
Al fine di condurre il processo di revisione sulla base delle domande che hanno orientato lo studio, e tenendo conto degli aspetti teorici e metodologici, sono stati stabiliti i seguenti criteri di inclusione/esclusione:
Contesto politico-sociale: si è scelto di includere studi che si sono occupati di popolazioni target all’interno dei paesi dell’Unione Europea. Tale scelta nasce dalla consapevolezza della profonda diversità delle condizioni di welfare-state e delle policy che i paesi nel mondo attuano; elementi che ovviamente si intrecciano ed hanno un ruolo attivo nella continua ridefinizione di profili plurali a cui si è attribuita un’unica definizione di NEET (Alfieri & Sironi, 2014). L’Unione Europea rappresenta lo spazio all’interno del quale ricercare ed analizzare gli studi, proprio in virtù del grande peso che nel tempo ha acquisito questa organizzazione sia nei rapporti internazionali, sia nei processi di costruzione di politiche economiche e sociali nazionali per gli stati membri. Numerosi paesi dell’Unione, tra cui l’Italia, condividono difficoltà comuni e provano a progettare ed attuare risposte simili in termini di sviluppo, sostenibilità e crescita; per tale ragione si è scelto di utilizzare il criterio del contesto politico-sociale, al fine di determinare e analizzare paesi aventi una serie di condizioni di contesto comuni, utile a identificare, con seria probabilità, proposte di sostegno e sviluppo condivise, anche in relazione ai giovani NEET.
La popolazione: sono stati presi in considerazione solo gli studi che hanno coinvolto i giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni che al momento dello studio/intervento realizzato non erano in formazione, né avevano un lavoro. Se i dati presentati sono stati rivolti a popolazioni NEET e non NEET e gli effetti per i NEET non possono essere stimati separatamente, tale campione è stato escluso. Questo aspetto resta fondamentale per provare a costruire una revisione sistemica della letteratura avendo a mente le domande di ricerca iniziali e restringendo il campo di analisi ad un target molto preciso di riferimento.
L’intervento: sono stati inclusi tutti gli studi che presentano interventi rivolti alla popolazione target utilizzando un approccio basato sull’uso di tecnologie, come i corsi online e progetti basati su piattaforme e-learning, nonché studi di interventi in modalità blended, in virtù dell’interesse specifico del progetto RE-SERVES nell’utilizzo di MOOC.
Lingua: il criterio linguistico è stato inserito successivamente all’avvio delle prime estrazioni dei dati, in virtù di quanto emerso dalle prime analisi degli abstract. Come mostra più chiaramente la figura 3, che presenta il diagramma di flusso del PRISMA,7 numerosi articoli trovati attraverso le query e contenenti la parola NEET erano in lingua finlandese, dove NEET è usato per la formazione dei verbi ed ha significati altri, oltre che essere utilizzato per l’acronimo not in education, employment or training. Per ovviare a questo problema si è scelto di prendere in considerazione e includere solo gli studi pubblicati in inglese, lingua utilizzata più comunemente nell’ambito accademico, italiano, spagnolo e francese.
5.1 Strategia di ricerca
Partendo dalle domande di revisione sopra esplicitate si è proceduto attraverso una strategia di ricerca standardizzata (Oliver et al., 2014, 2017), che ha richiesto l’elaborazione delle query,8 indispensabili nella costruzione della revisione sistematica della letteratura, successivamente inserite all’interno dei diversi database di ricerca, sia più generalisti (Scopus e Google Scholar) sia più propriamente educativi (Education Resource Information Centre e British Education Index). Proprio l’elaborazione delle query ha richiesto diversi momenti di riflessione, soprattutto in relazione ai risultati ottenuti attraverso le risposte dei database interrogati, dai quali è emersa fin da subito la difficoltà di trovare studi e ricerche strettamente inerenti all’utilizzo dei MOOC per percorsi di integrazione economica e sociale dei NEET.
Nella figura 1 sono riportati i termini chiave usati per la ricerca all’interno dei database e le diverse query sperimentate, ampliate in due differenti momenti cronologicamente così determinati: una prima ricerca sistematica è stata realizzata nei mesi di marzo e aprile 2020, e l’ultima a cui fare riferimento in relazione ai risultati è relativa al 7 luglio 2020.
Come è possibile osservare dalla figura 1, le definizioni di NEET e MOOC sono state esplicitate in diverse forme, desunte dai tesauri di alcuni database, in particolare ERIC (Education Resource Information Centre). Per quanto riguarda i MOOC, le stringhe di ricerca sono state ampliate rispetto al momento di ricerca iniziale, inserendo parole chiave e termini inerenti alla dimensione dell’apprendimento a distanza e basato sull’utilizzo di tecnologie, utilizzando parole quali online course, e-learning, distance education, etc. Per ciò che concerne la definizione di NEET, le parole utilizzate per ampliare le possibilità interne delle query fanno riferimento a dimensioni incentrate su svantaggio ed esclusione. Sono state usate parole quali Out of school youth, Disadvantaged, Labor Force Non Partecipants, ecc., che in parte riguardano gli aspetti legati all’assenza di formazione e di educazione, elementi concettualmente presenti nell’acronimo stesso di NEET.
Il bisogno di procedere attraverso questa strategia nasce da due motivi differenti, il primo di natura teorica, il secondo di natura metodologico-empirica. È di fondamentale importanza ricordare come la definizione di NEET sia costantemente in fase di rimodulazione e contenente per sua natura una pluralità di condizioni e situazione dell’universo giovanile tutto (Stanwick, Forrest, & Skujns, 2006; Eurofound, 2012, 2016; Ruggeri, 2015). Ciò significa che si rende necessario provare a esplorare ed indagare lavori e contributi attraverso una strategia di ricerca dai confini labili, seppur definibili. D’altro canto, fin dalle primissime ricerche attraverso le query più specifiche, ponendo in relazione NEET e MOOC, è emersa l’assenza di contributi e pratiche educative rivolte ai giovani NEET che includessero l’utilizzo dei corsi massivi a distanza. Tale prospettiva di connubio tra condizioni di fragilità educativa e utilizzo di corsi a distanza gratuiti per una pluralità di persone sembra essere un terreno di studio e sperimentazione poco approfondito, rappresentando una sfida ulteriore al lavoro di revisione sistemica e soprattutto alla sperimentazione inerente il progetto RE-SERVES.
I database interrogati sono riportati di seguito attraverso una tabella di sintesi descrittiva (Figura 2).
ERIC | ERIC (Education Resource Information Centre) è un database internazionale contenente oltre 1,5 milioni di pubblicazioni e risorse relative all’istruzione. | EBSCO / OA |
BEI | BEI (British Education Index) ha più di 230.000 articoli indicizzati che coprono tutti i settori dell’istruzione nel Regno Unito. | EBSCO |
SCOPUS (SCO) | SCOPUS è un database internazionale e multidisciplinare composto da oltre 49 milioni di record provenienti da oltre 20.000 riviste peer reviewed. | ELSEVIER / PoP |
GOOGLE SCHOLAR (GS) | Google Scholar è un motore di ricerca che indicizza il testo completo o i metadati della letteratura scientifica. Si è stimato che contenga circa 389 milioni di documenti che lo rendono il più grande motore di ricerca accademico del mondo. | PoP / OA |
5.2 Strategia di sintesi
L’estrazione dei dati è avvenuta tramite Publish or Perish e Zotero.9 Il primo è un programma che recupera e analizza citazioni e articoli scientifici, permettendo di costruire e organizzare quanto recuperato al fine di avviare una revisione partendo dagli abstract; il secondo è un software utile nella gestione, organizzazione e condivisione delle fonti, nonché per il lavoro di screening iniziale e l’utilizzo dei criteri di inclusione degli studi.
Si è perciò proceduto all’estrazione degli abstract e alla lettura dei medesimi, selezionando gli studi attraverso i criteri di inclusione/esclusione sopra menzionati.
Nella figura 3 è possibile visualizzare l’intero processo di identificazione e selezione degli studi.
Da una prima fase di identificazione di prodotti scientifici potenziali si è proceduto all’applicazione dei criteri e alla selezione degli abstract; successivamente alla loro analisi e all’identificazione dei documenti potenzialmente adeguati, in un’ottica di ricorsività della revisione, sono stati esclusi tutti gli studi che non soddisfacevano i criteri scelti. Come si può osservare dalla figura 3, gli studi selezionati inizialmente sono stati 410; successivamente è stato possibile escludere un numero cospicuo di articoli, soprattutto in virtù del criterio linguistico. In una seconda fase di screening sono stati eliminati i duplicati individuati grazie all’utilizzo dei software di gestione e organizzazione degli studi; si è proceduto quindi alla lettura e analisi degli articoli sulla base dei criteri già menzionati. Da questo ultimo screening sono stati esclusi la maggior parte degli studi, che non soddisfacevano i criteri di popolazione target, intervento e contesto.
6 Risultati
Gli studi compresi all’interno della revisione sono stati scelti sulla base della strategia di analisi sopra indicata e successivamente ne è stata operata una valutazione qualitativa, attraverso un’analisi descrittivo-narrativa, di cui si riporta una sintesi nella figura 4, in relazione a ciascuno degli articoli valutati.
1. Acosta, E. S., & Otero, J. J. E. (2014). Comparisons of Young People’s Educational Aspirations on MOOC. 13. | Valutazione di due MOOC all’interno dei quali sono stati coinvolti giovani NEET per comprendere l’effettiva influenza della tecnologia negli aspetti motivazionali e di riuscita. |
2. Barreto, L., Vilaça, A., & Viana, C. (2009). Vilaca A Viana C. (2009). NetStart-Achieving new abilities with ICT. 4(1), 7. | Presentazione del progetto Net Start, che ha lo scopo di promuovere competenze relative all’ICT (dall’inglese Information and Communications Technology) in grado di implementare le possibilità di occupabilità per giovani disoccupati o con basse qualifiche. |
3. Cambula, G. (2016). MOOC: Massive Open Online Courses per la formazione professionale. | Lavoro di tesi che si occupa di indagare l’evoluzione della formazione e-learning, fino all’utilizzo dei MOOC per la formazione professionale. Lo studio presenta alcuni dati emersi da una indagine realizzata attraverso un questionario somministrato ad un campione di soggetti partecipanti al progetto Crescere in Digitale, un MOOC italiano promosso da Google e da Unioncamere rivolto a giovani NEET. |
4. Maria, B., Paulo, B., Ana, L., & Pedro, M. (2017). NEETin with ICT. Universal Journal of Educational Research, 5(4), 537-543. | Presentazione di un progetto che mira ad implementare le competenze digitali dei NEET attraverso un corso breve e formale. Tale percorso di formazione si costituirà di 5 differenti fasi attraverso cui raggiungere determinati obiettivi: comprendere la dimensione sociale e lavorativa che riguarda i NEET: disegnare soluzioni per la dimensione di esclusione sociale dei NEET; testare soluzioni e verificare un modello: costruire un network, condividere conoscenze. |
5. Oliveira, L., Mesquita, A., & de Oliveira, A J. (2019) METHODOLOGY FOR IMPROVING NEET YOUTH EMPLOYMENT IN THE ICT LABOUR MARKET. International Conferences ICT, Society, and Human Beings 2019 | Presentazione di una proposta metodologica relativa al progetto Direction Employment (DE), che ha lo scopo di provare a rispondere ai bisogni dei NEET in termini di occupabilità lavorativa, rispetto alla dimensione del mercato del lavoro ICT, individuando i risultati attesi e gli indicatori utili alla valutazione di impatto professionale e sociale. |
6. Ratniece, D. (2014). Use of Social Microblogging to Motivate Young People (NEETS) to Participate in Distance Education Through www.eBig3.eu. DATA ANALYTICS. | Lo studio si incentra sulle potenzialità del microblogging per promuovere la partecipazione dei giovani NEET agli ambienti di apprendimento e formazione e-learning. Lo scopo dello studio e di analizzare i problemi si motivi che impediscono ai giovani NEET di impegnarsi in un percorso di apprendimento, per farlo gli autori si concentrano sul progetto di apprendimento a distanza eBig3. un esempio di promozione del reinserimento dei giovani nel mercato del lavoro e anche nell’istruzione. |
7. Ratniece, D., & Cakula, S. (2015). Digital Opportunities for Student’s Motivational Enhancement. 65, 754-760. Scopus. 8. Ratniece, D., Cakula, S., Kapenieks, K., & Zagorskis, V. (2016). Digital Opportunities for 1st Year University Students’ Educational Support and Motivational Enhancement. In T. Gaber, A. E. Hassanien, N. El-Bendary, & N. Dey (A c. Di), The 1st International Conference on Advanced Intelligent System and Informatics (AISI2015). November 28-30, 2015, Beni Suef, Egypt (Vol. 407, pp. 69-78). Springer International Publishing |
In questi due studi si affronta il tema delle opportunità che l’implementazione delle competenze digitali assumono per promuovere o incrementare la motivazione. Lo studio presentato mira a individuare strategie utili per intervenire sul fenomeno della fuoriuscita dei giovani dal sistema di istruzione e sul preoccupante fenomeno dei NEET. All’interno dell’indagine viene realizzata una proposta formativa in un ambiente e-learning rivolta a studenti del primo anno di Università a rischio di abbandono, Gli obiettivi della ricerca sono di individuare fattori di crisi che aumentano il rischio di drop-out e comprendere come e quanto la proposta formativa digitale migliora la motivazione all’apprendimento e diminuisce il rischio di abbandono. |
La valutazione dei prodotti inclusi ha dovuto procedere secondo criteri legati alla specificità e ricchezza dei contenuti trattati, e all’aderenza delle informazioni presenti negli studi in relazione al soddisfacimento delle domande di ricerca della revisione. In particolare, si è scelto di valutare positivamente i prodotti che, oltre a rispettare i criteri di inclusione/esclusione previsti ab-origine, permettessero di individuare, all’interno dei progetti o delle attività di ricerca empirica condotta, gli elementi di criticità e positività sperimentati, con un particolare riferimento al target specifico e all’utilizzo della formazione mediata dalle nuove tecnologie. Tale scelta ha permesso di compiere una valutazione efficace ed accurata rispetto ai prodotti analizzati, cogliendo gli aspetti fondamentali ed utili ad approfondire elementi teorici indispensabili per orientare in modo efficace la ricerca empirica del progetto dell’unità di ricerca.
Successivamente alla valutazione dei prodotti sono stati individuati questioni ed aspetti presenti e condivisi da più studi, utili ad operare considerazioni conclusive nell’ottica del lavoro di revisione sistematica, e di maggior comprensione del fenomeno indagato, in virtù di ulteriori approfondimenti.
Nella Tabella (Figura 5) sono stati riportati in modo sintetico i risultati più significativi emersi dall’analisi qualitativa degli studi:
I bisogni formativi | Oliveira et al., 2019; Barreto et al., 2009 |
La motivazione nei percorsi di formazione | Acosta & Otero, 2014; Ratniece, 2014 |
Una formazione in forma mista (tra e-learning e presenza) | Ratniece, 2014; Cambula, 2016 |
La figura del tutor all’interno dei percorsi di formazione | Oliveria et al., 2019; Cambula, 2016; Ratniece, 2014; Barreto et al., 2009 |
Sulla base di questi elementi è possibile operare alcune considerazioni rispetto ai risultati emersi. La motivazione e la presenza di figure di sostegno emergono come questioni urgenti da affrontare all’interno degli studi che tentano di intervenire laddove sono presenti fragilità educative, formative e sociali. In particolare, la motivazione, che da sempre rappresenta un elemento centrale nei percorsi di vita delle persone (Boscolo, 2012; Cozzolino, 2014), ha bisogno di essere costantemente curata ed alimentata, soprattutto per coloro che si trovano in situazioni di difficoltà, che provengono da abbandoni scolastici o da percorsi fallimentari. In questo senso, la presenza dei tutor e la ricerca di spazi e momenti di incontro possono supportare in modo positivo ed efficace interventi e percorsi formativi che altrimenti rischierebbero di fallire in breve tempo. La difficoltà nel proseguimento e nella positiva conclusione dei corsi online è riconosciuta da numerosi studi, soprattutto per ciò che concerne l’utilizzo dei MOOC (Banzato, 2012; Onah, Sinclair, & Boyatt, 2014). Mantenere spazi di confronto in presenza e cercare di realizzare momenti di condivisione e di contatto tra i partecipanti e con i tutor stessi può rappresentare una strategia interessante e indispensabile, laddove le problematiche che investono l’universo NEET hanno a che fare in buona parte con aspetti di tipo emotivo-relazionale. L’altro aspetto fondamentale sul quale soffermarsi coinvolge la dimensione dei bisogni formativi, elemento centrale in una società della conoscenza in cui la formazione richiesta è sempre più specifica, complessa e flessibile. All’interno di un paradigma incentrato sull’apprendimento per tutta la vita e sulla rapidità delle trasformazioni sociali, politiche e culturali, la dimensione dei bisogni formativi acquista un ruolo centrale, laddove i percorsi di apprendimento possano rappresentare un’effettiva possibilità di emancipazione da condizioni di svantaggio e difficoltà. Non sempre, anzi quasi mai, si è in grado di comprendere gli effettivi vuoti formativi da colmare, ed altrettanto difficile è costruire percorsi adeguati ai soggetti e alle singole biografie, in particolar modo laddove il mercato del lavoro e della formazione è sempre più strettamente connesso con lo sviluppo neoliberale, nell’ottica del mero profitto piuttosto che dello sviluppo umano (Sen, 1999/2000; Nussbaum, 2011/2012). Tali elementi emersi negli studi analizzati costringono a riflettere su dimensioni chiave per promuovere una formazione in grado di operare trasformazioni di senso per i soggetti in essa coinvolti, in virtù della funzione liberatrice dell’educazione per tutti e per tutta la vita.
7 Discussione e conclusioni
Acquisiti i risultati del lavoro di systematic review, argomentati anche sotto il profilo metodologico, è possibile aprire una discussione tenendo presente alcuni nodi emersi durante la fase di esplorazione e questi primi mesi di ricerca.
Il primo dato inequivocabile è che si avverte l’esistenza di un tessuto sociale debole o comunque non attrezzato nel far fronte alle nuove fragilità.
Si è assistito progressivamente a “vuoti di welfare” (Busnelli, 2014) spesso colmati dalle realtà del terzo settore, nel tentativo di rendere il territorio una risorsa educativa, per il benessere delle persone e delle comunità locali, dando voce agli ultimi, considerandoli agenti attivi nei percorsi di empowerment, tutelando i diritti delle minoranze, attuando progetti di integrazione nelle anonime periferie delle nostre città. Sono state proprio le associazioni ad intercettare i fenomeni di disagio e spesso a farsene carico, progettando percorsi di integrazione anche per soggetti come i NEET. “Abitare il disincanto” (Cambi, 2006) e sperimentare l’incertezza appaiono, quindi, condizioni non negoziabili del vivere odierno: sono venuti meno i punti fermi e si è progressivamente insinuata la sensazione di non poter controllare la propria vita e, quindi, di non riuscire ad elaborare e realizzare progetti per il proprio futuro (Bauman, 2001/2002), alimentando sfiducia e rassegnazione.
Le profonde trasformazioni che hanno attraversato i sistemi sociali negli ultimi anni, a partire dalla famiglia, hanno inevitabilmente inciso sulle condizioni di vita, a partire dai più giovani. Le forme della post-modernità sfuggono agli standard e alle norme che avevano regolato quelle della modernità industriale e ad una società ordinata secondo una scala di valori riconosciuti e accettati è subentrata quella attuale, reticolare, senza gerarchie prestabilite, tale da stravolgere le tradizionali tappe dell’esistenza. Organizzare oggi un progetto di vita significa infatti fare i conti con la flessibilità, con la rapidità, con l’incertezza e il rischio di perdersi è sempre più alto (Zizioli, 2014, p. 162).
Da diversi anni la letteratura scientifica (Bauman, 2001/2001, 2011/2013; Beck, 1997/2008) ha argomentato che le società contemporanee caratterizzate significativamente dai fenomeni di globalizzazione e dal multiculturalismo, hanno inevitabilmente amplificato le diversità e le disuguaglianze, aumentando i rischi di diventare una biografia a rischio (Beck, 1997/2008). Del resto, come si è visto anche in questi ultimi mesi segnati dall’emergenza sanitaria per il COVID 19, la cronicizzazione di uno status di vulnerabilità porta inevitabilmente a “nuove forme di povertà non tanto e solo economiche e materiali, ma, più grave, di disagio, di debolezza sociale, di dissolvimento dei diritti, di acquisizione di una condizione, di una postura di impotenza appresa” (Dato, 2019, p. 109).
Nell’“epoca delle passioni tristi” (Benasayag & Schmit, 2003/2004), la risposta più immediata, specie nelle fasce di popolazioni di livello sociale più basso, è appunto quella del disimpegno, e quindi degli atteggiamenti rinunciatari, di autoesclusione. È quanto è emerso dal profilo dei NEET: si tratta di un universo composito e variegato, impossibile da omologare.
Al riguardo, può offrire spunti fecondi la proposta articolata da Bertrand Schwartz, finalizzata a contrastare l’emarginazione sociale e professionale attraverso azioni mirate, partendo dalla convinzione che chi ha meno ricevuto, meno chiede e perciò rivedendo le condizioni di accessibilità delle iniziative di formazione rivolte alle cosiddette fasce vulnerabili della popolazione (Schwartz, 1994/1995).
L’educare diventa complesso ed assume una dimensione politica, di militanza: si è chiamati ad affrontare le sfide dei contesti eterogenei trovando in essi i punti di forza (Zoletto, 2019), arginando fragilità e vulnerabilità per superarle.
L’utilizzo della tecnologia dovrebbe essere finalizzato proprio a ciò, scongiurando tutti quei rischi presenti nell’opulenza di socialità dovuta al rapidissimo sviluppo della tecnologia, tra i quali spicca una povertà relazionale.
Va fatta, dunque, anche una riflessione su come sia possibile convertire questa inarrestabile bulimia di comunicazione in progetti educativi. L’esigenza del tutoraggio e di formazione in presenza, messa in luce nel lavoro di ricognizione, evidenzia la necessità di figure di riferimento in grado di accompagnare i discenti e agevolare i rapporti di incontro/confronto anche nelle iniziative di e-learning, senza perdere così tutti i vantaggi della distanza. Emerge da questa systematic review che alcune soluzioni come i MOOC per i NEET rappresentano una sfida educativa di difficile implementazione. Tuttavia, la letteratura scientifica sui MOOC (Liyanagunawardena, Adams, & Williams, 2013; Hew & Cheung, 2014; Reich & Ruipérez-Valiente, 2019) documenta che essi possono facilitare l’apprendimento e lo sviluppo di pensiero critico e problem solving; favorire scambi di know-how, rendendo accessibile la conoscenza e, quindi, rafforzare i processi di democratizzazione del sapere, nonché quelli di cittadinanza, puntando sulla partecipazione attiva dei soggetti, non più solo fruitori degli interventi, ma costruttori.
L’aver rilevato che ad oggi le sperimentazioni di percorsi come i MOOC indirizzati ai NEET sono scarse ci porta ad affrontare con più motivazione ed energia quella che si profila come una vera e propria scommessa pedagogica, trasformandola in un obiettivo formativo: riuscire, con la progettazione di adeguati percorsi e la forza attrattiva del linguaggio tecnologico, a rimotivare questi soggetti esclusi dal mercato del lavoro ad acquisire non solo competenze spendibili, ma soprattutto l’autostima nelle proprie capacità, cioè quelle soft skills necessarie per costruirsi un nuovo progetto di vita che li veda finalmente protagonisti e non più destinatari. È l’impegno che sta portando avanti l’Unità di ricerca dell’Università di “Roma TRE”: sulla scorta dei risultati emersi dalla systematic review e in linea con la letteratura esistente su entrambi i fenomeni, realizzare un percorso operativo pilota fruibile su larga scala che faciliti l’incontro di questi soggetti fragili con un mondo professionale dove ricollocarsi in maniera proattiva.
Del resto, come è stato fatto notare, “i fenomeni di precarizzazione del mercato del lavoro hanno […] generato il passaggio dal concetto di occupazione a quello di employability (ossia essere occupabile) che sta quindi a definire una qualità del soggetto, una forma di adattamento adattivo” (Chianese, 2019, p. 122), anche se spesso così si mascherano le contraddizioni delle economie neoliberiste e i più frequenti fenomeni di esclusione.
Si è assistito perciò gradualmente ad un passaggio di paradigma oggi identificabile con il life design che vede la (de)-composizione e la (de)-costruzione delle biografie individuali, segno appunto di una flessibilità del lavoro che implica sempre di più un’adattabilità professionale (Chianese, 2019, p. 123), creativa e responsabile.
In questo contesto il ruolo della tecnologia, seppur non da mitizzare, non va affatto trascurato, e lo hanno dimostrato questi mesi di emergenza sanitaria, durante i quali gran parte della formazione si è svolta in ambienti virtuali, sfruttando le risorse delle piattaforme e-learning.
Realizzare MOOC mirati, valorizzando le risorse di comunità, e perciò quel capitale sociale dei territori più a rischio, dove il fenomeno dei NEET è inevitabilmente più diffuso, riaprendo il dialogo con i soggetti imprenditoriali, costituisce per i ricercatori dell’Unità di “Roma TRE” la scelta privilegiata per restituire una chance a coloro che si sono autoesclusi dal sistema.
Si è perfettamente consci dell’incertezza degli esiti, ma, come suggerisce Stefano Laffi, la disposizione è quella di “rivalutare l’intuizione, l’errore, l’apprendimento per tentativi, l’improvvisazione, lo scambio continuo, ovvero le strategie di formazione del sapere più utili in tempi di rapido mutamento, […], riabilitare lo scambio emotivo, la condivisione di idee” (2014, p. 173), per un investimento gravido di futuro: il riscatto delle giovani generazioni.
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Per ulteriori informazioni circa il progetto RE-SERVES si consulti il sito: http://www.re-serves.it.↩︎
Eurostat (2020). Statistics on young people neither in employment nor in education or training. Consultato il 14 maggio 2020 https://ec.europa.eu/eurostat.↩︎
Cfr. Oliver et al., 2014 e Mawn et al., 2017, come SR sui NEET; Zhu, Sari, & Bonk, 2018, Liyanagunawardena et al., 2013 e Veletsianos & Shepherdson, 2016, come SR sui MOOC.↩︎
Cfr. Piccolo, 2018, pp. 89-94.↩︎
Secondo Rapporto Giovani (2017), il 78,1% dei NEET di sesso femminile e il 45,9% dei NEET di sesso maschile ha affermato che la distanza da casa è un fattore dirimente per accettare un lavoro e l’81,7% delle NEET donne e il 48,6% dei NEET uomini ha sottolineato che è importante avere la possibilità di conciliare la vita lavorativa e quella familiare.↩︎
Nonostante i MOOC siano ormai riconosciuti come format potenzialmente positivo per lo sviluppo professionale in prospettiva di lifelong learning, la ricerca in merito ai fattori che influenzano la partecipazione ai corsi è molto scarna; analisi recenti (Castaño-Muñoz, Kreijns, Kalz, & Punie, 2017) collegano la motivazione alla partecipazione ai corsi con variabili di contesto come competenza digitale, età, genere, livello educativo, ambiente di lavoro. I MOOC risultano essere strumenti professionalizzanti importanti per i partecipanti non impiegati, ma anche validi dispositivi di aggiornamento per coloro che non ricevono adeguato supporto dal datore di lavoro al proprio sviluppo professionale.↩︎
Il PRISMA costituisce uno strumento utile nella realizzazione di un processo adeguato di revisione sistematica della letteratura ed è costituito da una checklist composta da 27 item e un diagramma di flusso, che è stato appunto utilizzato per sintetizzare le diverse fasi realizzate nel presente lavoro. L’obiettivo del PRISMA è guidare gli autori nel migliorare le modalità di reporting delle revisioni sistemiche, senza definirlo una volta per tutte; è infatti uno strumento flessibile e soggetto a continue revisioni e modifiche. Per ulteriori approfondimenti si vedano: Liberati et al., 2015 e Deakin Crick, Coates, Taylor, & Ritchie, 2004.↩︎
Nel linguaggio informatico le query sono le interrogazioni di un database utili a trovare, attraverso termini o parole chiave, dati che soddisfano certi criteri di ricerca stabiliti in precedenza attraverso la scelta di determinate parole.↩︎
Per ulteriori dettagli e informazioni è possibile consultare i due siti relativi ai software nominati: https://harzing.com/resources/publish-or-perish (Publish or Perish) e https://www.zotero.org/ (Zotero).↩︎