1 Introduzione
Con il termine “adattamento” si fa riferimento alla capacità della persona di funzionare in maniera adeguata nei contesti ove essa è inserita. Ciò implica l’utilizzo di risorse cognitive, affettive e psicosociali che aiutino il soggetto a saper fronteggiare eventuali sfide e avversità in maniera adattiva. L’adattamento è, quindi, un costrutto poliedrico che riguarda la sfera psicologica, sociale ed educativa. La letteratura scientifica suggerisce come siano molti i fattori di rischio e di protezione connessi all’adattamento dell’individuo. Ogni situazione ed ogni evento hanno un peso specifico per l’individuo; ciò dipende da innumerevoli fattori di rischio e di protezione riconducibili all’esterno o all’interno dell’individuo stesso. Storicamente, l’adattamento è inteso come un processo in costante mutazione che non si esaurisce in una fase specifica dello sviluppo: altresì esso si modifica nel tempo a seconda dei cambiamenti della persona, della società e dei contesti. Il processo di adattamento è, quindi, un percorso di integrazione che porta l’individuo ad interpretare ed a ridefinire il contesto ove è inserito alla luce dei processi psicologici che vive e che si sviluppano di fronte alle sfide che l’ambiente gli pone (Helson, 1959). La complessità dell’intreccio fra rischio e protezione, si evidenzia in particolar modo nel caso di appartenenza a minoranze etniche. Già l’appartenere ad un gruppo etnico minoritario può indurre la persona a vivere stress connessi al non completo adeguamento alla cultura del paese ospitante. In tal senso, il processo di adattamento coincide con il processo di acculturazione che porta alla ridefinizione del proprio sé in relazione a nuovi assetti socio-culturali (Berry & Sam, 1997). Inoltre, per il minore straniero che giunge nel paese ospitante senza la propria famiglia, l’adattamento ad un contesto nuovo è ancor più complesso poiché coinvolge sfere profonde al livello emotivo e affettivo (Roeser , Eccles, & Sameroff, 2000). In altre parole, l’adattamento per lo straniero è quella forza capace di far permanere un certo grado di benessere individuale nell’ambiente esterno (i.e., istituzioni, gruppo dei pari, comunità) in relazione anche alle sue esigenze e alle sue spinte emotive.
Sulla scorta di quanto evidenziato, la presente Systematic Review (SR), realizzata nell’ambito del Progetto PRIN RE-SERVES – la ricerca al servizio delle fragilità educative, nasce dalla necessità di individuare i fattori di rischio e di protezione correlati all’adattamento dei MSNA, ancor oggi poco indagati dalla letteratura scientifica e che dovrebbero essere maggiormente al centro degli studi su tale popolazione nei prossimi anni. Inoltre, la SR ha la funzione di suggerire i punti cardine su cui costruire la progettazione di interventi educativi e psico-relazionali finalizzati all’acquisizione dell’autonomia e della realizzazione personale dei minori stranieri.
1.1 I fattori di rischio e di protezione e modelli di sviluppo
I fattori di rischio e di protezione connessi all’adattamento del minore straniero vanno rintracciati anzitutto nelle risorse che egli possiede, così come nelle sue abilità di sfruttarle per adattarsi al nuovo contesto. Secondo alcuni autori, il processo di adattamento può essere visto come il modo in cui i fattori di rischio e di protezione si armonizzano per permettere all’individuo di adattarsi al proprio ambiente in maniera sufficientemente buona (Cicchetti, 2008; Cicchetti & Olsen, 1990; Rutter & Garmezy, 1983; Garmezy, 1993). Gli esiti di sviluppo, in questo senso, dipendono dal grado di adeguatezza del rapporto tra la persona e il suo contesto di vita (Sameroff & Mackenzie, 2003).
In tale direzione, un modello teorico utile a spiegare i processi di sviluppo individuali è quello socio-ecologico (Bronfenbrenner, 1979a, 1979b). Bronfenbrenner mette al centro della propria riflessione la persona nel suo insieme, considerandone gli aspetti sociali, relazionali ed educativi nella costruzione della propria dimensione interiore. La persona, quindi, è un agente attivo che si plasma in relazione agli altri e agli aspetti sociali a cui è esposto.
Più recentemente, il modello della resilienza (Ungar, 2008, 2018; Theron, Liebenberg & Ungar, 2015) mette in evidenza come siano proprio le differenze contestuali ad influenzare i possibili esiti di sviluppo, nonché l’interazione e le intersezioni tra i sistemi di risorse che l’individuo possiede nel corso del tempo.
Infine, un’ulteriore cornice teorica per interpretare il grado di funzionamento della persona, nonché gli esiti di adattamento dell’individuo, è la teoria socio-cognitiva di Bandura (1998, 1999a, 1999b). Questo modello, di stampo psicosociale, pone l’accento sugli aspetti sociali e cognitivi nella genesi dei processi individuali. In altre parole, suggerisce come gli esiti maladattivi degli individui, lungo le traiettorie evolutive, siano il frutto di apprendimenti sociali che indubbiamente si incastrano al vissuto personale e alle modalità di interpretazioni degli scenari sociali. L’adattamento della persona è quindi il frutto di processi taciti che hanno come fine ultimo la socializzazione e quindi la capacità di sapersi muovere nei vari contesti. In tal senso, l’individuo costruisce la propria realtà, è in grado di autodeterminarsi, e non è più un agente passivo.
L’analisi dei fattori di rischio e di protezione costituisce un vertice di osservazione privilegiato per comprendere i bisogni e le aspettative dei minori stranieri non accompagnati. La letteratura, infatti, mette in luce come spesso alcuni fattori possano ostacolare l’adattamento individuale di questi bambini o ragazzi, poiché il viaggio o l’inserimento sociale in un nuovo contesto, possono rappresentare esperienze traumatiche che, fungendo da fattori di rischio, possono incidere sulla salute mentale del minore (e.g., Ozer & McDonald, 2006; Hovey, 2000). Al contrario, studi recenti, suggeriscono come fattori protettivi, tra i quali l’inserimento in un contesto caloroso, oppure l’essere orgogliosi della propria identità etnica, possano agevolare l’adattamento del minore (e.g., Fazel, Reed, Panter-Brick, & Stein, 2012; Lee, 2005). In questo senso, la letteratura recente ha messo in luce come una rete sociale adeguata nei contesti educativi insieme ad una buona relazione tra insegnanti e allievi stranieri possano favorire il processo di adattamento del minore straniero; infatti, tali variabili costituirebbero fattori protettivi per un funzionamento adattivo, agevolando il processo di inclusione (Pagani & Robustelli, 2005; Yee Mikami et al., 2011).
L’obiettivo di questa SR qualitativa è l’analisi dei fattori di rischio e di protezione sottostanti gli esiti adattivi dei minori stranieri. In altre parole, attraverso una sintesi dei lavori scientifici che riguardano i minori stranieri e i rifugiati, il presente lavoro ha cercato di mettere in evidenza lo stato dell’arte sul tema dello studio dei fattori inerenti il processo di adattamento nei differenti contesti di vita dei MSNA.
2 Metodo
Al fine di rispondere alla domanda concernente i fattori di rischio e di protezione correlati all’adattamento dei MSNA, la SR qualitativa è stata condotta utilizzando lo standard Preferred Reporting Items for Systematic review and Meta-Analysis statement (PRISMA), (Moher, Liberati, Tetzlaff , Altman & The PRISMA Group, 2009).
2.1 Strategia di ricerca e criteri di inclusione ed esclusione
La ricerca bibliografica è stata condotta consultando le banche dati, sia di natura generalista come Scopus, MedLine (accessibile da PubMed) e l’archivio Jstor, sia di natura più specificatamente educativa, come ERIC (Education Resources Information Center).
Al fine di ottenere dati più recenti circa l’oggetto di studio, considerando anche il fatto che le indicazioni sul “Piano di azione sui minori non accompagnati” sono state emanate dalla Commissione Europea nel 2010, sono stati presi in considerazione gli articoli scientifici pubblicati nel periodo tra gennaio 2010 e dicembre 2019.
Inoltre, per garantire la qualità dei lavori sono state scelte soltanto le riviste che adottano il criterio peer-reviewed. Le parole chiave utilizzate nelle varie combinazioni hanno incluso le seguenti stringhe: “foreign children”, “unaccompanied children”, “refugees children”," protective factors" “adjustment”, “adaptation”, “resilience”, “acculturation”, “identity” (tab.1).
Banca dati | Stringhe utilizzate |
---|---|
ERIC | child* and refugees and adjustment (titolo e abstract) |
Scopus | "foreign children" OR "unaccompanied children" OR "refugees children" AND " protective factors" "AND "adjustment" OR "adaptation" AND "resilience" |
PubMed | "foreign children" OR "unaccompanied children" OR "refugees children" AND " protective factors" AND " identity " AND "adjustment" OR "adaptation" AND "resilience" AND "acculturation" |
JStor | ((child) AND (refugees)) AND (acculturation)) AND (adaptation )) AND (resilience)) AND (identity)) AND (protective factors)) |
Per quanto riguarda i criteri di inclusione ed esclusione, sono stati considerati solamente gli studi empirici, qualitativi e narrativi in lingua italiana e/o in lingua inglese. Invece, sono stati esclusi rassegne, saggi, capitoli, monografie o altre forme di comunicazioni scientifiche.
Gli studi erano eleggibili se al loro interno riportavano analisi empiriche circa gli specifici aspetti, condizioni, vissuti dei minori stranieri, minori stranieri non accompagnati e dei rifugiati. In tal senso, l’obiettivo era quello di “dare voce” al minore e ai suoi bisogni per delineare chiaramente il quadro dei fattori di rischio e di protezione per l’adattamento. In altre parole, mediante le lenti del minore straniero che si trova immerso in una cultura altra si è cercato di intravedere un “progetto di vita” sulla base di tutti quei fattori, legati al passato del minore, in particolare il suo profilo psicosociale ed educativo nonché la sua condizione nel paese ospitante (Drammeh, 2010), in grado di spiegarne il comportamento attuale.
2.2 Estrazione dei dati e strategie di sintesi
Tutti gli abstract degli articoli emersi dalla consultazione delle banche dati sono stati analizzati separatamente da tre ricercatori inclusi nel lavoro (U.P., G.D., A.P. e M.M.). Originariamente le parole chiave hanno restituito su Eric 14 lavori e, considerando i criteri di inclusione ed esclusione, nonché dopo la tripla revisione di titolo e abstract condotta separatamente da ciascun ricercatore e successivamente discussa insieme, sono stati considerati 5 lavori. La banca dati PubMed ha restituito 24 lavori e per il presente studio ne sono stati considerati 3. La banca dati Jstor in totale ha restituito 15 lavori, ma ne è stato considerato soltanto uno. Infine, Scopus Elsevier ha restituito 21 lavori, dei quali ne sono stati considerati 2. Tra gli articoli selezionati non erano presenti duplicati. In conclusione, sono stati ritenuti pertinenti all’argomento trattato in questa sede 11 lavori empirici.
In un secondo momento, gli autori hanno raccolto in maniera indipendente gli elementi di interesse ricavati dall’analisi delle 11 ricerche. Questi dati qualitativi sono stati poi analizzati, elaborati, discussi e sistematizzati dagli autori nelle specifiche seguenti sezioni: «Adattamento: quali fattori di rischio per i minori» e «Adattamento: quali fattori di protezione per i minori». Uno schema degli 11 studi empirici è presentato in Tabella 2.
Autori | Titolo dell'articolo | Disegno di ricerca | Partecipanti | Oggetto dello studio | Metodo e strumenti |
Luster, Qin, Bates, Rana, & Lee (2010) | Successful adaptation among sudanese unaccompanied minors: perspectives of youth and foster parents. | Esplorativo | 19 minori stranieri e 20 genitori adottivi | Salute mentale dei minori | Intervista semi-strutturata per minori stranieri Intervista semi-strutturata per i genitori adottivi |
Kirova (2010) | Children's representations of cultural scripts in play: Facilitating transition from home to preschool in an intercultural early learning program for refugee children. | Ricerca -Azione partecipata | 16 minori stranieri | Pratiche interculturali per l’adattamento | Focus group, osservazioni dirette, conversazioni. |
Huemer, Karnik, Voelkl-Kernstock, Granditsch, Plattner, Friedrich, Steiner (2011) | Psychopathology in African unaccompanied refugee minors in Austria. | Trasversale (cross-sectional) | 35 minori stranieri | Salute mentale e adattamento | Self-report: Weinberger Adjustment Inventory (WAI), Youth Self-Report (YSR) |
Roxas & Roy (2012) | “That’s how we roll”: A case study of a recently arrived refugee student in an urban high school. | Studio di caso (case study) | 1 minore straniero | Adattamento scolastico e strategie di coping | Intervista informale, intervista semi-strutturata, osservazione diretta |
Huemer, Völkl-Kernstock, Karnik, Denny, Granditsch, Mitterer, et al. (2013) | Personality and psychopathology in African unaccompanied refugee minors: Repression, resilience and vulnerability. | Trasversale (cross-sectional) | 41 minori stranieri | Salute mentale e adattamento | Intervista semi-strutturata per minori stranieri Intervista semi-strutturata per i genitori adottivi |
Betancourt, T. S., Frounfelker, R., Mishra, Hussein, & Falzarano (2015) | Addressing health disparities in the mental health of refugee children and adolescents through community-based participatory research: a study in 2 communities. | Ricerca partecipativa basata sulla comunità (Community-based participatory research-CBPR) | 149 minori stranieri (rifugiati) | Fattori di rischio e di protezione per l’adattamento | Free Listing Exercise Intervista rivolta agli informatori chiave (Key Informant Interviews) |
Umaña-Taylor, Tynes, Toomey, Williams, & Mitchell (2015) | Latino adolescents’ perceived discrimination in online and offline settings: An examination of cultural risk and protective factors | Trasversale (cross-sectional) | 219 minori stranieri | Discriminazione, identità e adattamento | Self-report: Perceived Discrimination by Adults/Peers Scale, Individual Online Racial Discrimination, Vicarious Online Racial Discrimination, Ethnic Identity Scale, Center for Epidemiologic Studies Depression Scale-12, Rosenberg Self Esteem Scale, Youth Self Report of the Child Behavior Checklist, academic values and academic efficacy, Bidemensional Acculturation Scale. |
Lim & Han (2016) | A predictive model on north Korean refugees' adaptation to south Korean society: Resilience in response to psychological trauma. | Trasversale (cross-sectional) | 445 minori stranieri (rifugiati) | Adattamento psicosociale | Self-report adattati:, traumatic experience, acculturation stress, general self-efficacy, stress coping style, psychological trauma scale, resilience. |
Tummala-Narra, Deshpande, & Kaur (2016) | South Asian adolescents’ experiences of acculturative stress and coping. | Esplorativo | 16 minori stranieri | Fattori che influenzano il processo di adattamento | Intervista semi-strutturata |
Vazsonyi, Mikuška, & Gaššová (2017) | Revisiting the immigrant paradox: Suicidal ideations and suicide attempts among immigrant and non-immigrant adolescents | Trasversale (cross-sectional) | 7287 adolescenti stranieri | Fattori di rischio e protezione nell’adattamento | Self report: Suicidal ideations, Suicide attempts, Parental connectedness, Peer connectedness, Depressive symptoms. |
Arbabi, Yeh, Mahmud, & Salleh (2017) | From monocultural to multicultural: Adaptation of Iranian immigrant adolescents in Malaysia | Fenomenologico | 100 minori stranieri | Adattamento da un contesto monoculturale a uno multiculturale | Intervista semi-strutturata |
2.3 Risultati
L’analisi degli articoli selezionati ha permesso di individuare specifici fattori di rischio e di protezione correlati all’adattamento dei MSNA. Nei paragrafi seguenti sono riportati i principali risultati emersi.
2.4 Adattamento: quali fattori di rischio per i minori
Dall’analisi dei contenuti dei lavori scientifici analizzati, sembra che la relativa qualità della salute mentale dei minori stranieri costituisca un chiaro fattore di rischio connesso all’adattamento. L'istruzione e il lavoro, al contrario, costituiscono fattori di protezione in tal senso (Luster et al., 2010). La condizione stessa di immigrato, non sempre rappresenta un fattore di rischio; essa inoltre non si configura come un ostacolo per l’adattamento e non è connessa all’ideazione suicidaria né ai tentativi di suicidio (Vazsonyi, Mikuška, & Gaššová, 2017). Tuttavia, condizioni stressanti come l’esposizione a episodi di guerra e violenza possono impattare negativamente sull’adattamento individuale poiché, in questi casi, possono essere presenti sintomi clinicamente diagnosticati come disturbo post-traumatico da stress, disturbo dell’adattamento e distimia rispetto alla popolazione normativa di bambini e adolescenti (Huemer et al., 2011).
In generale, i MSNA riportano alti livelli di stress e bassi livelli di felicità: tali fattori sono indicatori di rischio per l’adattamento resiliente, specie dopo l’esposizione allo stress durante il viaggio. Inoltre, sintomi di stress sono connessi al comportamento auto-distruttivo e al comportamento aggressivo, nonché a problemi di attenzione. Al contrario, i minori non esposti a stress hanno riportato buoni livelli di resilienza e adattamento con una riduzione di sintomi psicopatologici di natura socio-emotiva. Tuttavia, tutti i minori hanno necessità di una valutazione clinica per il monitoraggio costante del loro adattamento nel paese di arrivo (Huemer et al., 2013).
Infine, la review mette in evidenza come le barriere finanziarie e linguistiche ostacolino le capacità delle famiglie di assistere i giovani nel proprio cammino verso l’adattamento scolastico e sociale. Tra i fattori di rischio si annoverano i disturbi della condotta, depressione e ansia, in particolare in relazione alla progettualità per il futuro. Alcuni rifugiati hanno inoltre riportato problemi emotivi e comportamentali non ulteriormente specificati (Umaña-Taylor, Tynes, Toomey, Williams, & Mitchell, 2015; Betancourt, Frounfelker, Mishra, Hussein, & Falzarano, 2015). Nel processo di adattamento psicosociale sembra che rivestano un ruolo chiave gli insegnanti, come attori privilegiati che entrano per molte ore in contatto diretto con il minore. Quando questi non valutano realisticamente le capacità dell’allievo straniero, ma al contrario si soffermano semplicemente sulle capacità di raggiungere i risultati scolastici, possono costituire un vero e proprio fattore di rischio, rendendo ancora più problematico il rapporto fra le esperienze drammatiche dei ragazzi e lo sviluppo di un basso grado di autostima e autoefficacia.
Il mancato riconoscimento delle specifiche caratteristiche della condizione di MSNA può ripercuotersi sulla relazione insegnante/allievo. Spesso, gli alunni stranieri faticano nel loro percorso di adattamento perché inibiti della prospettiva del fallimento. Gli insegnanti talvolta, ignorando le strategie messe in atto dagli allievi stranieri e mostrandosi poco comprensivi, ostacolano il processo di adattamento del minore nel contesto educativo. Questo inevitabilmente si ripercuote in maniera negativa sulle sue competenze e sull’adozione di strategie di coping funzionali, che lo rendano cioè in grado di saper affrontare le situazioni problematiche in modo adeguato. Pesano, altresì, nel processo di sviluppo dei MSNA, le precedenti esperienze legate ai problemi con la lingua e il negato accesso a qualunque livello di istruzione (Roxas & Roy, 2012).
In tal senso, infatti, tra i fattori di rischio che possono incidere sul processo di adattamento vi sono le preoccupazioni legate alla comunicazione e alla lingua poiché fonte di confusione, così come la scarsa fiducia nelle proprie capacità e il senso di impotenza.
Infine, gli studi presi in considerazione nella presente SR mettono in evidenza come l’essere vittime di stereotipi e pregiudizi costituisca un ulteriore fattore di rischio connesso all’adattamento, data la stretta correlazione fra questo tipo di episodi e reazioni emotive di tristezza, frustrazione, impotenza, imbarazzo e rabbia (Tummala-Narra et al., 2016). Sembra quindi confermato, anche dalle ricerche qui analizzate, ciò che la letteratura scientifica sottolinea da decenni sull’argomento: ovvero, che i pregiudizi intaccano la strutturazione dell’identità e di conseguenza l’intero processo di acculturazione e adattamento dei minori stranieri.
2.5 Adattamento: quali fattori di protezione per i minori
La richiesta di aiuto ad esperti della salute mentale può agevolare il processo di adattamento specie per fronteggiare lo stress derivato dall’arrivo nella cultura ospitante (Tummala-Narra et al.,2016). Infatti, l’adattamento dipende dall’agentività umana e dal senso di responsabilità personale (Luster et al., 2010). Una buona esplorazione, insieme ad una buona integrazione tra la propria e l’altrui cultura, nei minori stranieri promuove esiti positivi relativamente all’adattamento, in quanto implementa l’autostima e aiuta a fronteggiare possibili eventi di discriminazione (Umaña-Taylor et al. 2015).
I minori stranieri ben adattati abbracciano un approccio biculturale: accettano gli aspetti positivi della cultura ospitante pur rimanendo, allo stesso tempo, “connessi” alla cultura di provenienza. Essi, infatti, scelgono di mantenere un legame con i coetanei con i quali condividono la medesima cultura. Il mantenere “un contatto” con le proprie radici è un fattore di protezione per l’adattamento (Luster et al., 2010). Anche il supporto dei pari nei contesti educativi agevola il processo di adattamento del minore straniero, sia in termini psicosociali che educativi, facendolo sentire confortato e “fiducioso” (Betancourt et al., 2015; Roxas & Roy, 2012; Tummala-Narra et al., 2016). Tale vicinanza emotiva percepita relativamente ai pari della stessa cultura e ai genitori favorisce l’adattamento, in quanto il minore sperimenta il senso di comunità come estensione della propria famiglia e amplifica, così, le strategie di coping adattivo (Tummala-Narra et al., 2016).
Ai fini dell’adattamento dei minori stranieri, l’autoefficacia rappresenta un fattore che agisce positivamente sulle strategie funzionali di coping, nonché attenua gli effetti del trauma psicologico. In tal senso, questi fattori favoriscono l’adattamento poiché contrastano gli effetti dello stress. La resilienza può essere incrementata attraverso l'autoefficacia che rappresenta un notevole fattore di protezione specie nella riduzione degli effetti del trauma psicologico (Lim & Han, 2016). Inoltre, l’ottimismo verso la scuola, il coinvolgimento dei genitori nel processo educativo, l’attenzione alle valutazioni scolastiche e la percezione di poter accedere agevolmente alle risorse scolastiche sono fattori di protezione per il successo accademico (Roxas & Roy, 2012), in particolare per le donne, che hanno la libertà di scegliere il proprio percorso professionale. Questo fa leva sulle capacità di soddisfare i bisogni umani di base, spesso non disponibili nel paese di origine per il genere femminile (Tummala-Narra et al., 2016).
L’approccio interculturale nei contesti educativi con minori stranieri messo in atto da tutti gli attori della scena educativa potrebbe aprire nuove speranze verso pratiche adattive a partire dalla scuola dell’infanzia. In tal senso, il gioco può rappresentare un veicolo per preservare le identità dei gruppi culturali, e al contempo creare una cultura comune e condivisa, grazie anche all’intervento di un adulto adeguatamente formato. La drammatizzazione nel gioco, mediante scene di teatro con riferimenti alle radici culturali in relazione a pratiche quotidiane, familiari e storico-culturali, può contribuire alla creazione di uno spazio inclusivo in cui i bambini stranieri possono sperimentare il proprio sé insieme ad un sano adattamento nei contesti educativi. L’incisività delle pratiche educative interculturali di apprendimento, in grado così di creare una sorta di bricolage culturale, permette di aprire uno spazio ibrido per i bambini e gli adulti coinvolti, a cui viene data la possibilità di portare le proprie conoscenze e il proprio modo di essere nel paese ospitante (Kirova, 2010).
L’incontro con una cultura diversa dalla propria spesso coinvolge vari aspetti della vita personale che, fortunatamente, non sempre hanno esiti problematici. Infatti, il passaggio da una cultura monoculturale ad una multiculturale può incrementare il senso di accettazione, perché, in tal modo, i bambini possono sentire di avere lo spazio di mettere in pratica le proprie tradizioni, la propria religione con libertà e serenità in una danza già stabilita dalla struttura stessa del paese ospitante. In tal senso, i minori stranieri possono sentirsi liberi di svolgere le proprie normali attività sociali, perché sanno di poter godere di supporto senza discriminazioni e di interazioni positive anche con i membri di altre culture con cui strutturare un dialogo funzionale al processo di adattamento. Infatti, quando i MSNA vivono reti di supporto e cerchie di amicizie che appartengono a varie etnie è più facile che si compia un reale progetto di adattamento sia individuale che relazionale (Arbabi et al., 2017).
3 Discussione
La presente SR qualitativa della letteratura mette in luce un complesso quadro dei fattori di rischio e di protezione connessi all’adattamento dei minori stranieri non accompagnati. In linea con il modello ecologico (Bronfenbrenner, 1979a, 1979b) e con la teoria di Bandura (1999ab, 1998), fattori riconducibili al contesto socio-ambientale (e.g., ruolo dei pari, insegnanti e genitori) e alle condizioni individuali connesse all’interpretazione personale degli eventi possono influenzare l’adattamento, specialmente quello scolastico nei nuovi contesti. I fattori di protezione, nello specifico, amplificano la resilienza che si configura come un fattore centrale nel processo di adattamento. La resilienza per il minore straniero, che è frutto di un bilanciamento tra fattori di rischio e di protezione, diviene una conditio sine qua non per affrontare i molteplici compiti di sviluppo durante l’adolescenza, non soltanto quelli relativi all’adattamento individuale nei nuovi contesti.
L’adattamento rappresenta, certamente, la condizione necessaria per la strutturazione di un’identità positiva, poiché favorisce lo sviluppo di strategie funzionali interne all’individuo (e.g., coping, problem solving). Questi fattori sono inevitabilmente connessi anche alla strutturazione del sé nel gruppo classe. Quando il minore straniero è in grado di saper gestire i propri vissuti interni sarà in grado di modulare le risposte relativamente all’ambiente esterno. Il contesto relazionale è importante perché, in linea con i modelli più eminenti sullo sviluppo (e.g., Ainsworth, 1978), un contesto socio-emotivo caldo e stimolante agisce non soltanto nel qui ed ora, ma serve ad implementare le risorse emotive interne del minore, specie quando si trova in un contesto nuovo. In altre parole, l’insieme delle risorse socio-emotive di tipo supportivo possono aiutare il minore a fronteggiare eventi stressanti ed essere spinta positiva per il futuro, come possono inoltre far emergere emozioni sommerse, stimolare la funzione riflessiva e i meccanismi di autoregolazione (Stern, 1989).
In tale direzione, un ruolo di protezione per i minori stranieri non accompagnati, che per definizione non possono usufruire di quelle cure genitoriali necessarie per implementare le proprie risorse emotive, è svolto dal quel clima caloroso e supportivo nei contesti educativi che costituisce una vera e propria grammatica emotiva. Per raggiungere questo ambizioso e non semplice obiettivo, centralità assumono gli insegnanti che dovrebbero prendere in considerazione i bisogni di ogni bambino, incentivando le trame interattive nelle loro classi per promuovere un clima inclusivo e riconoscere gli sforzi che il minore straniero compie nel processo didattico. Purtroppo, alcuni insegnanti tendono a sottostimare le abilità dell’alunno straniero in quanto trascurano l’insieme di fattori che entrano in gioco nel processo di adattamento. Tale mancato riconoscimento può indurre ad una riduzione dell’impegno scolastico e, di conseguenza, della soddisfazione scolastica. La cura verso il processo docimologico del minore straniero è un punto di partenza per una pedagogia inclusiva tout court, seguita indubbiamente dalla promozione di pratiche cooperative e strategie didattiche inclusive e interculturali (Tunstall & Gsipps, 1997; Muscarà, Pace, Passanisi, D’Urso, & Zappulla, 2018). Il fatto che l’insegnante metta in discussione se stesso nel processo di insegnamento/apprendimento, sforzandosi di riconoscere adeguatamente il processo di adattamento del minore straniero non accompagnato, aumenterebbe la consapevolezza di tutti gli attori della scena educativa, influenzando attivamente il processo di apprendimento e le capacità degli allievi di stabilire e rafforzare le relazioni con i coetanei e, quindi, riducendo le difficoltà di adattamento.
L’adattamento per i minori stranieri non accompagnati costituisce la condizione necessaria per avviare il processo di acculturazione e strutturare un’identità etnica integrata; quindi, diviene esso stesso un processo strettamente connesso alla resilienza (Phinney, Lochner, & Murphy, 1990). Il processo di adattamento del minore straniero deve anche tener conto della sua salute mentale che spesso viene trascurata. Necessari sono quindi programmi che includano il monitoraggio della salute psichica, non solo in ingresso ma anche lungo la permanenza nel paese ospitante. Non tutti gli adolescenti chiedono aiuto: il monitoraggio dovrebbe essere, quindi, una condizione necessaria specie nei contesti formativi.
Nonostante i risultati ottenuti dagli studi più recenti siano di fondamentale importanza per progettare interventi mirati sui minori stranieri non accompagnati in grado di tradurre in prassi l’obiettivo pedagogico dell’inclusione, è opportuno sottolineare i limiti che gli studi stessi mettono in evidenza. Primo fra tutti è l’uso di singole prassi metodologiche per la rilevazione dei dati (i.e., questionari self-report, o l’uso esclusivo di interviste ed osservazioni). Altre ricerche, in futuro, potrebbero avvalersi di metodi multipli per la rilevazione dei dati, considerando tutti gli attori della scena educativa come testimoni privilegiati. Inoltre, in linea col modello ecologico (Bronfenbrenner, 1979b) o seguendo modelli complessi per studiare l’adattamento positivo dei minori (Phelps et al., 2009), altri studi potrebbero – oltre ad essere condotti in prospettiva longitudinale (e.g. effettuando più rilevazioni in periodi diversi sulla stessa popolazione) – includere variabili sociali, educative e individuali, per valutare empiricamente quale di questi fattori sia più utile implementare ai fini di un sano adattamento, specie nella strutturazione di competenze emotive e sociali per interagire in modo funzionale nei contesti del paese ospitante.
4 Conclusioni
La presente SR della letteratura sottolinea come sia necessario un monitoraggio istituzionale continuo, dove il versante educativo gioca un ruolo predominante per delineare chiaramente i bisogni dei minori stranieri. In questo senso, l’analisi dei bisogni rappresenta le fondamenta pedagogiche per la strutturazione e la definizione del progetto di vita, che diventa la prassi operativa per l’inclusione adattiva del minore straniero non accompagnato nel contesto di vita. Dunque, appare centrale l’esigenza di strutturare progetti di vita partendo dall’analisi psico-educativa dei bisogni dei minori stranieri, considerando l’adattamento non soltanto in termini di supporto sociale ed istituzionale, ma anche in termini di salute mentale. La scuola e le istituzioni educative non tradizionali (il privato sociale che si occupa in prima istanza dei MSNA) dovrebbero quindi monitorare l’adattamento dei minori, sempre in relazione al contesto sociale ove sono inseriti, non trascurando la complessità dei processi che il minore straniero vive. Questo si traduce nella necessità di strutturare criticamente e con cura il progetto di vita del minore straniero non accompagnato. Un autentico progetto di vita deve, infatti, esaminare una serie di fattori legati alla condizione del minore che possono determinare il suo comportamento (i.e., il suo profilo, le sue origini e la sua situazione sociale), specie in relazione agli eventi che ha vissuto (Drammeh, 2010). In ultima istanza, un progetto di vita adeguato deve partire dall’attenzione verso i fattori di rischio e di protezione in relazione alla situazione del minore straniero, al suo processo di acculturazione, considerando altresì le possibilità offerte dal paese di accoglienza. In altre parole, l’analisi dei fattori di rischio e di protezione, per la definizione del progetto di vita, servirà agli operatori e alle istituzioni per consolidare le prospettive relativamente al futuro del minore, accertandosi che sia garantito il rispetto dei suoi interessi, che siano tutelati i suoi diritti e che sia messo nelle condizioni di implementare le sue potenzialità e attitudini nell’ottica di una partecipazione attiva alla vita scolastica e sociale (Ibidem). Definire un progetto di vita per il minore straniero rappresenterebbe la chiave – la via più naturale – per l’adattamento nonché per la promozione della resilienza, proprio perchè il riconoscimento dell’altro include in sé i concetti di accoglienza e integrazione. Solo in tal senso si può dar voce ad un autentico messaggio di cura educativa.
Bibliografia
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