Encyclopaideia – Journal of Phenomenology and Education. Vol.25 n.60 (2021)
ISSN 1825-8670

Affrontare l’invisibilità dei bambini tra 0 e 3 anni per i servizi sociali attraverso la valutazione partecipativa: appunti da uno studio pilota

Daniela Moreno BoudonUniversità degli Studi di Padova (Italy)

Psychologist, Master in Educational Policy and Management. As a current PhD student in Pedagogical, Educational and Instructional Sciences, she collaborates with the Laboratory of Action Research in Family Education at the University of Padua.

Sara SerbatiUniversità degli Studi di Padova (Italy)
ORCID https://orcid.org/0000-0002-8886-8941

PhD, Researcher of Social Pedagogy at the Department of Philosophy, Sociology, Pedagogy and Applied Psychology of the University of Padua and co-founder of the Lab of Action Research in Family Education.

Paola MilaniUniversità degli Studi di Padova (Italy)
ORCID https://orcid.org/0000-0001-8858-6111

Professor of Social Pedagogy and Family Pedagogy, head of LabRIEF, Laboratory of Action Research in Family Education at the University of Padua, national scientific leader for the Programme of Intervention to Prevent Institutionalisation (P.I.P.P.I.), Italian representative in the COST Action of the European Commission, The European Family Support Network (EurofamNet).

Ricevuto: 2020-12-15 – Accettato: 2021-04-20 – Pubblicato: 2021-08-05

Addressing the invisibility of children aged 0-3 for social services via participatory assessment: notes from a pilot study

Abstract

The pilot study precedes a broader research aimed at identifying the effects on parenting and development of children between 0 and 3 years old (REC 2013/112 / EU), of an Italian policy against poverty. The goal is to describe the effects of introducing a specific parenting assessment tool (Roggman et al., 2013), in a participatory key, on socio-educational practices with vulnerable families with children aged 0 to 3. The results were obtained through semi-structured interviews with 19 professionals involved in a research-training-action experience. They indicate an improvement in observation skills and — the most significant — the creation of a new space for dialogue and reflection on parenting and children development. This latter reveals to be a scarcely addressed area in the context of policy interventions against poverty. Pedagogical, methodological and communicative challenges that emerge from the results are discussed.

Lo studio pilota precede una più ampia ricerca volta a individuare gli effetti della politica del Reddito di Cittadinanza, sulla genitorialità e lo sviluppo dei bambini tra 0 e 3 anni (REC 2013/112/UE). L’obiettivo è descrivere gli effetti dell’introduzione di uno specifico strumento di valutazione delle competenze genitoriali (Roggman et al., 2013), in chiave partecipativa, sulle pratiche socio-educative rivolte a famiglie vulnerabili con figli in tale fascia di età. I risultati, rilevati attraverso interviste semi-strutturate con 19 professionisti coinvolti in una esperienza di ricerca-formazione-azione, indicano un miglioramento nella capacità di osservazione e, l’aspetto più significativo, la creazione di un nuovo spazio di dialogo e riflessività sulla genitorialità e sui bisogni di sviluppo dei bambini 0-3, che si rivela come un ambito poco approfondito nelle azioni finora realizzate nel contesto degli interventi di contrasto alla povertà. Saranno discusse le sfide pedagogiche, metodologiche e comunicative che emergono dai risultati.

Keywords: Early Childhood Intervention; Parenting Support; Social Disadvantage; Social and Educational Work; Assessment Tools.

Ringraziamenti

Le autrici rivolgono un sincero ringraziamento ai professori Lori Roggman e Mark Innocenti per aver acconsentito alla sperimentazione presentata in questo studio dello strumento PICCOLO e al dr. Rosario Montirosso che, nel corso degli studi di validazione da lui condotti, ha messo a disposizione la versione italiana, attraverso la casa editrice Hogrefe.

L’articolo è frutto del lavoro congiunto delle autrici. Tuttavia, è possibile attribuire il paragrafo 1 e la revisione complessiva a P. Milani, i paragrafi 2 e 7 a S. Serbati, mentre i paragrafi 2.1, 3 e 5 sono da attribuire a D. Moreno.

1 Contesto, motivazioni e obiettivi dello studio pilota

Il presente studio si iscrive all’interno del più ampio quadro delle attività legate alla formazione, all’accompagnamento e al monitoraggio degli operatori sociali e socio-educativi impegnati nell’implementazione del Reddito di Cittadinanza (RdC), affidate al Laboratorio di Ricerca e Intervento in Educazione Familiare dell’Università di Padova, da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in particolare nell’ambito della ricerca dal titolo Reddito di Cittadinanza 0-3: interrelazioni fra reddito, genitorialità e sviluppo dei bambini tra 0-3 anni (c.d. ricerca «RdC03»).

In RdC03, così come già nella policy del Reddito di Cittadinanza (RdC), istituito dal D.L. 4/2019 quale misura nazionale di «inserimento o reinserimento nel mondo del lavoro e di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale» (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, 2019, p. 7), la valutazione è considerata parte integrante dei percorsi di intervento, al fine di supportare gli operatori nel leggere e riconoscere i bisogni delle famiglie e dei bambini, nel costruire e motivare le ragioni e le direzioni per la realizzazione degli interventi.

La finalità generale del disegno di ricerca RdC03 concerne la valutazione degli esiti sullo sviluppo dei bambini in età 0-3 anni dell’aumento del reddito familiare (componente di politica passiva) e della contemporanea partecipazione della famiglia al Patto di inclusione sociale (PaIS, componente di politica attiva) che, coinvolgendo la famiglia nell’adesione a un progetto per l’uscita dalla situazione di povertà materiale ed educativa, impegna i servizi territoriali nel rendere disponibili interventi e attività di supporto alla genitorialità e allo sviluppo dei bambini. Si considera quindi prioritario l’investimento nei primi mille giorni di vita, intercettando precocemente quei bambini che, a causa della condizione di vulnerabilità temporanea o strutturale della famiglia, non ricevono risposte adeguate ai loro naturali bisogni di sviluppo (Brooks-Gunn & Duncan, 1997; Heckman, 2008). Per questo, al fine di interrompere il circolo dello svantaggio sociale, è essenziale integrare il reddito delle famiglie con figli e garantire un appropriato sostegno alla funzione genitoriale in modo che si realizzi l’apprendimento di un’attenzione positiva e mirata agli specifici bisogni evolutivi dei bambini, in un contesto sociale che metta a disposizione delle famiglie un insieme qualificato di fattori protettivi (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, 2019, p. 14; Milani & Zenarolla, 2020).

La ricerca RdC03 (avviata ad aprile 2020 e che si concluderà a marzo 2022) intende formare gli operatori all’utilizzo di strumenti di valutazione utili sia alla misurazione degli esiti degli interventi con le famiglie, sia alla costruzione dei PaIS e dei percorsi di sostegno alla genitorialità rivolti a famiglie con figli tra 0 e 3 anni che percepiscono il beneficio economico del RdC.

La ricerca RdC03 è stata preceduta da uno studio pilota (avviato nel gennaio 2020 e conclusosi nel marzo 2020), finalizzato a testare le scelte attinenti agli strumenti e al metodo di valutazione proposte agli operatori, in particolare, la scheda di osservazione delle interazioni genitoriali relative agli esiti di sviluppo, PICCOLO (Roggman, Cook, Innocenti, Norman, Christiansen, & Anderson, 2013). Il presente contributo descrive le modalità proposte per l’utilizzo di tale strumento; gli esiti descritti da PICCOLO per le famiglie partecipanti allo studio pilota e i risultati dell’analisi delle interviste realizzate con gli operatori.

2 Orientamenti alla valutazione nei percorsi di sostegno alla genitorialità di famiglie con figli tra 0-3 anni e scelta dello strumento PICCOLO

Quando si tratta di esplorare e valutare la genitorialità, è difficile individuare uno strumento one size fits all. Per questa ragione molti sono stati gli strumenti esaminati. Per giungere all’individuazione e alla scelta di PICCOLO si sono considerati i diversi orientamenti alla valutazione presenti in letteratura (Serbati, 2020; Marchesi, Tagle, & Befani, 2011) e in particolare i due orientamenti principali, distinguibili in base alle ragioni epistemologiche che li caratterizzano.

Il primo orientamento poggia sulle posizioni post-positiviste alla valutazione, in cui il fine ultimo è riconosciuto nella possibilità di avvicinarsi a una conoscenza oggettiva, che, ancorché approssimativa, possa essere generalizzabile. Tale orientamento presuppone che la conoscenza faccia da guida all’operato dei professionisti sociali e educativi (Mullen, 2016; Shaw, 2016).

Il secondo orientamento va oltre il concetto di una realtà unica e oggettiva e introduce la nozione di una realtà multipla da scoprire attraverso una comprensione dei significati attribuiti a essa dalle persone che la vivono. Fanno riferimento a tale orientamento le posizioni costruttiviste alla valutazione, volte a comprendere il senso profondo che le pratiche hanno per gli attori che le implementano, come anche svariate tipologie di pragmatismo, per le quali una conoscenza della realtà non è separabile dalla funzione di consentire un'efficace azione su di essa e di emancipazione delle pratiche (Dewey, 1938/2014; Guba & Lincoln, 1989/2007; Bondioli & Ferrari, 2004).

Le scelte valutative operate nel presente studio tentano una integrazione di questi due orientamenti attraverso il modello della valutazione partecipativa e trasformativa, V.P.T. (Serbati, 2020; Serbati & Milani, 2013), che mira a favorire la partecipazione dei genitori, considerati come esperti dei loro figli, utilizzando strumenti teoricamente robusti e scientificamente validati, quale elemento di confronto, negoziazione e dialogo tra genitori e operatori.

PICCOLO è stato individuato in questa prospettiva, in quanto strumento snello, con dimostrata validità di contenuto, di costrutto e di capacità predittiva riguardo il collegamento fra i comportamenti genitoriali e gli esiti positivi di sviluppo infantile (Cook & Roggman, 2013). Attraverso i suoi item, inoltre, fornisce agli operatori e ai genitori punti di riferimento concreti e scientificamente validati riguardo alle interazioni genitoriali che sostengono lo sviluppo dei bambini 0-3 anni, richiedendo un tempo ridotto di compilazione e di training agli operatori (Roggman et al., 2013, p. 300) e non prevedendo specifiche qualifiche professionali per l’utilizzo.

2.1 Descrizione dello strumento PICCOLO e suo utilizzo

Creato da un gruppo di professionisti e ricercatori dei servizi sociali dell’Università dello Utah, PICCOLO è una checklist di osservazione e misura, composta da 29 interazioni genitoriali osservabili che aiutano a sostenere lo sviluppo dei bambini tra 10 e 47 mesi.1 Esso raggruppa i comportamenti genitoriali in 4 dimensioni, composte da 7 o 8 item ciascuna:

  • Affettività (calore, vicinanza fisica ed espressioni positive nei confronti del bambino);

  • Responsività (rispondere a segnali, emozioni, parole e comportamenti del bambino);

  • Incoraggiamento (supporto attivo dell’esplorazione, degli sforzi, delle abilità, della curiosità, della creatività e del gioco);

  • Insegnamento (condividere il gioco e la conversazione, stimolazione cognitiva, spiegazioni e domande).

La checklist è volta non solo a valutare, quanto anche ad aiutare i professionisti a fornire feedback positivi ai genitori rispetto alle pratiche realizzate con i loro bambini, basandosi sull’idea che i punti di forza genitoriali – ciò che il genitore attualmente sa che è importante fare e si sente a suo agio nel realizzarlo col figlio – siano una risorsa preziosa per sostenere lo sviluppo dei bambini (Roggman et al., 2013, p. 2). Nelle sue modalità di utilizzo, PICCOLO prevede la realizzazione di una sessione di osservazione di durata tra 5 e 10 minuti da parte di un professionista socioeducativo nel contesto di una visita domiciliare. A partire da questa osservazione, l’operatore compila la checklist, assegnando un punteggio a ciascuno dei comportamenti elencati, su una scala tra 0 e 2 punti (dove il valore 0 significa «assente – nessun comportamento osservato»; il valore 1 significa «raro - comportamenti brevi, accennati o emergenti»; il valore 2 significa «evidente – comportamento forte, definito, frequente»). La videoregistrazione è la modalità suggerita dallo strumento, ma gli autori indicano che può anche essere usato dal vivo, ovvero assegnando i punteggi immediatamente dopo la sequenza comportamentale, senza videoregistrare (Roggman et al., 2013, p. 23); scelta perseguita nel presente studio. L’attribuzione di punteggi, che nello studio pilota è stata richiesta sia all’operatore sia al genitore, avviene nello stesso momento o immediatamente dopo la sessione di osservazione. Al termine, nel nostro studio, l’operatore è stato invitato a facilitare un confronto con il genitore sui punteggi assegnati, analizzando le convergenze e le divergenze, chiedendo al genitore quanto si sentisse rappresentato dalla descrizione restituita dai punteggi e la rilevanza che egli attribuiva ai comportamenti analizzati. Un tempo prezioso per accogliere il punto di vista del genitore sulle interazioni con il suo bambino, per apprendere a considerare il genitore come co-valutatore, per individuare le interazioni importanti per lo sviluppo del bambino che potrebbero diventare il primo nucleo della progettazione di un intervento. Dalla prospettiva della V.P.T., il dialogo riflessivo così avviato ha in sé stesso una valenza formativa e di apprendimento: è questo un primo aspetto in cui emerge la latenza formativa della ricerca.

3 Partecipanti allo studio

Seguendo una strategia di campionamento intenzionale dei luoghi (Creswell & Poth, 2018), i partecipanti sono stati individuati in ambiti territoriali che avevano esperienze di implementazione del Programma di Intervento per la Prevenzione dell’Istituzionalizzazione (P.I.P.P.I.) con finalità coerenti a RdC03 – innovare le pratiche di intervento nei confronti delle famiglie vulnerabili con figli tra 0-11 anni (Milani & Serbati, 2019) – e sviluppato intorno alla metodologia della V.P.T.

Gli operatori hanno aderito volontariamente allo studio pilota, raccogliendo altresì il consenso delle famiglie a sperimentare l’utilizzo di PICCOLO I criteri di inclusione delle famiglie adottati hanno riguardato (a) la presenza di almeno un figlio tra 0-3 anni; (b) la presenza del beneficio economico del Reddito di Cittadinanza o di un contributo economico analogo.

Inizialmente, le famiglie partecipanti alla sperimentazione sono state 19 (cfr. Tab. 1), con figli tra 10 e 46 mesi, ma dato il turnover dei professionisti che le accompagnavano e le relative difficoltà a partecipare al percorso di sperimentazione, il numero definitivo per questo studio è stato di 17 famiglie, la maggior parte beneficiarie di RdC (10) o di altro tipo di sostegno economico (5; retta nido, contributo comunale in cash o per le spese).

Tabella 1 – Descrizione dei partecipanti allo studio
§ L’età del bambino corrisponde al momento dell’inizio dello studio.
Nº famiglie Ambito Territoriale Età bambino
in mesi
§
Sostegno €
1 Azzano Decimo 10 Senza sostegno €
2 Sanremo 18 RdC
3 Sanremo 15 RdC
4 Ventimiglia 33 RdC
5 Bollate 23 Senza sostegno €
6 Milano 23 RdC
7 Sondrio 46 Altro (retta nido, spese)
8 Sondrio 39 RdC
9 Torino 30 RdC
10 Torino 20 RdC
11 Torino 12 RdC
12 Torino 15 RdC
13 Prato 29 (gemella)
29 (gemella)
Altro (cash, comunale)
14 Prato 45 Altro (cash, comunale)
15 Castelfranco 23 RdC
16 Asolo 14 Retta nido
17 Asolo 22 Retta nido

Tra gli operatori che hanno aderito allo studio pilota sono presenti 9 assistenti sociali, 9 educatrici (di cui 1 del nido) e 1 psicologa, per un totale di 19 operatori per 9 ambiti territoriali (cfr. Tab. 1).

4 Disegno e metodologia

Lo studio pilota segue una metodologia di ricerca-formazione-azione (Bove, 2009; Milani, 2018; Pastori, 2017), dove la formazione iniziale e in itinere, le azioni dei professionisti dei servizi con le famiglie e le azioni di ricerca relative all’analisi dei dati, sono organizzate in fasi che si richiamano e sostengono l’una con l’altra. Tale metodologia ha previsto dunque il susseguirsi di quattro fasi: una prima fase dedicata alla formazione iniziale dei professionisti relativamente alle proposte e agli strumenti da utilizzare per la realizzazione di RdC03; una seconda fase di realizzazione dei percorsi operativi e di utilizzo degli strumenti con le famiglie, con l’accompagnamento da parte dei ricercatori attraverso incontri periodici di monitoraggio; una terza fase dedicata all’analisi, restituzione e discussione dei risultati ottenuti con il percorso di RdC03 e i suoi strumenti; una quarta e ultima fase in cui si è voluto raccogliere qualitativamente le opinioni delle professioniste partecipanti in merito al percorso RdC03.

Fase 1. Nelle tre giornate iniziali di formazione sono stati presentati i contenuti riguardo la concezione multidimensionale della genitorialità (Milani, 2018), la nozione di Early Childhood Development (WHO, UNICEF, & World Bank Group, 2018) e l’utilizzo di PICCOLO, attraverso laboratori di pratica riflessiva (Mortari, 2011) in cui analizzare e riflettere sulle pratiche di intervento messe in atto con le famiglie dagli operatori.

Fase 2. La compilazione di PICCOLO da parte delle operatrici e delle madri è avvenuta in due momenti temporali successivi: a T0 per 17 situazioni familiari e a T1 per 8 famiglie, consentendo il confronto pre-post dei risultati per circa la metà dei casi. Ci sono 9 famiglie che hanno partecipato solo al T0 per le seguenti ragioni: trasferimento del professionista dall’AT o congedo di maternità (4 casi); peggioramento della situazione familiare che crea difficoltà a proseguire nello studio (2 casi), cessazione dell’intervento di educativa domiciliare (1), trasferimento della famiglia (1). Il percorso delle operatrici con le famiglie è stato monitorato attraverso 3 incontri di monitoraggio della durata di 3 ore e attraverso colloqui telefonici.

Fase 3. I risultati dell’utilizzo di PICCOLO sono stati analizzati e restituiti in due momenti differenti: a metà percorso e al temine.

Fase 4. Al fine di giungere a una comprensione approfondita delle opinioni e delle esperienze delle operatrici nel percorso, sono state condotte 23 interviste telefoniche semi-strutturate della durata di 1 ora ciascuna (17 interviste a T0; 5 interviste a T1), per un totale di 19 operatori a T0 e 5 a T1. Le interviste sono state raccolte per poter utilizzare i risultati per la riflessione con i partecipanti nelle sessioni formative successive al primo utilizzo di PICCOLO Sono state audio-registrate con il consenso dei partecipanti e trascritte manualmente, costituendo un corpus di 123601 parole.

Sui dati è stata condotta un’analisi qualitativa di contenuto. È stata realizzata una prima categorizzazione tematica dei contenuti in base alla griglia di intervista che raccoglieva: 1) informazione di contesto (situazione della famiglia, identificazione dell’intervistato); 2) la valutazione dello strumento da parte delle operatrici; 3) l’esperienza di utilizzo nelle diverse fasi, dalla presentazione alle famiglie al colloquio post-osservazione, e 4) le prospettive future di utilizzo dello strumento nel proprio lavoro. Questo primo passo è stato realizzato con il supporto del software Atlas Ti 8. Per ogni tema rilevato è stata prodotta una griglia Excel con i contenuti delle interviste (le unità di significato sono le frasi dei partecipanti), successivamente condensati e codificati in maniera induttiva; sulla base dei codici generati sono state costruite nuove categorie che segnalano i principali processi riconosciuti o patterns nella relazione di accompagnamento, e le modalità più ricorrenti di azione. Di seguito sono state create meta matrici per comparare i casi (Case-level display for Partially Ordered Meta-Matrix; Miles, Huberman, & Saldaña, 2014) e raggrupparli in funzione di queste nuove categorie. Il sotto paragrafo 5.2 presenta i risultati qualitativi, ossia questi processi e la frequenza con cui si sono verificati tra i partecipanti, con particolare dettaglio per le categorie riguardanti la valutazione dello strumento e l’utilizzo dei risultati nel colloquio con i genitori, le quali sono anche quelle dove si riscontra più convergenza tra le esperienze e risultano, perciò, le categorie con maggiore saturazione.

Anche se il disegno di ricerca ha coinvolto sia operatori sia genitori, il presente studio, di comune accordo con i professionisti partecipanti alla ricerca, ha preferito focalizzarsi sull’approfondimento delle opinioni e dei punti di vista dei professionisti, che si sono fatti portatori delle voci dei genitori. Rimane la consapevolezza del limite di questa scelta, cui si sta offrendo risposta nella fase attuale del percorso sperimentale di RdC03.

5 Risultati

5.1 I dati quantitativi

I dati descrittivi delle 17 checklist compilate a T0 e delle 8 checklist compilate a T1 indicano che i punteggi attribuiti dai genitori e dalle operatrici sono simili, anche se le operatrici assegnano mediamente punteggi leggermente più bassi dei genitori: nella maggior parte dei casi (15 su 25), la differenza tra i punteggi delle operatrici e quelli dei genitori è considerata lieve, dato che non oltrepassa i 2 punti in nessuna delle sottodimensioni (e riguarda, quindi, solo 1 o 2 item per sottodimensione). È possibile, come peraltro riportato nelle interviste, che tale differenza sia attribuibile al fatto che i genitori nell’assegnare i punteggi facessero riferimento anche ad altri momenti della giornata e non necessariamente ai 10 minuti di osservazione.

5.2 I dati relativi alle interviste

L’analisi delle interviste si articola in due blocchi tematici principali. Il primo riguarda la valutazione dello strumento, in cui viene messo in evidenza l’impatto di PICCOLO sulla professionalità delle operatrici e contiene le testimonianze di cosa ha significato per loro l’utilizzo di questa scheda di osservazione (Tab. 2). Il calcolo delle ricorrenze è fatto sulle 19 persone intervistate. Il secondo blocco riguarda invece le diverse fasi e modalità di utilizzo di PICCOLO con ciascuna delle famiglie partecipanti, per cui il calcolo delle ricorrenze considera il totale dei 17 casi. Di questo secondo blocco tematico si riportano con maggior dettaglio i risultati che riguardano l’utilizzo dei risultati di PICCOLO nel dialogo con i genitori. Gli altri aspetti della sperimentazione, meno approfonditi in questa analisi, sono comunque stati utilizzati per definire l’impostazione della ricerca RdC03.

Tabella 2 – Primo blocco tematico, valutazione dello strumento

Quando si tratta di valutare PICCOLO, le intervistate rilevano in primis il contributo dello strumento nell’arricchire la propria professionalità, segnalando il suo valore di guida, sia in relazione alle pratiche di osservazione durante l’accompagnamento alle famiglie, sia a livello concettuale, sull’argomento stesso dello sviluppo infantile e la genitorialità in fascia 0-3.

Per quanto riguarda l’accompagnamento alle pratiche di osservazione, PICCOLO è stato apprezzato per le sue caratteristiche di dettaglio, specificità, precisione, chiarezza, definizione, focalizzazione, completezza, aspetti tutti che rimandano all’idea di osservare meglio; consentendo di mettere a fuoco l’immagine offuscata dei bisogni di sviluppo nella fascia 0-3. In questo senso, viene segnalato da tutte le operatrici che l’introduzione di PICCOLO contribuisce alla qualificazione della loro professionalità, accompagnandole nelle attività di osservazione, garantendo una guida che apporta struttura e che permette di organizzare la comprensione degli avvenimenti all’interno della relazione genitore-bambino.

Meno male che finalmente c’è qualcosa che ci aiuta, perché con i bambini piccoli è veramente difficile. L’idea appunto dell’osservazione breve, mirata, di tutti gli item che possiamo osservare, cioè, mi sembra molto preciso, molto organizzato […] mi ha aiutato tanto per capire di cosa ha bisogno questo bambino e cosa gli manca […] PICCOLO aiuta proprio a mettere questo ordine […] nella nostra professione, almeno io personalmente non sono abituata a usare strumenti così precisi; la relazione l'ho sempre osservata, ma coglievo le cose che a mio avviso erano importanti, adesso sono “costretta” a guardare tante cose che sono importanti… è stata una difficoltà, perché ho dovuto un po’ ampliare le cose, gli aspetti da osservare (A.S.32).

Per 6 delle operatrici, questa possibilità di guardare la relazione – e non solo il bambino – ha significato un aspetto di novità nelle pratiche di accompagnamento.

È di aiuto nell’osservazione vera e propria della relazione mamma-bambino che solitamente noi non abbiamo, dedicare comunque un tempo di osservazione specifica nel vedere come interagisce la mamma con la bambina è stato importante anche per me (A.S.9). 

Anche se in numero minoritario, una parte delle operatrici (5 su 19) fa spontaneo riferimento al fatto che con PICCOLO è stato possibile ristrutturare la postura dell’osservazione, bilanciando l’impatto che possono avere i propri preconcetti riguardanti i genitori e permettendo, in questo modo, di integrare informazioni nuove nella relazione.

Come educatori, noi non abbiamo grandi strumenti di lavoro, se non la relazione. Però, come dire, nella relazione giochi molto anche con le tue impressioni, con il tuo vissuto, con il tuo sentire, con il tuo punto di vista. Invece questo è uno strumento che in qualche modo, oltre a darti delle aree di osservazione specifiche, ti aiuta anche ad affinare l’osservazione (Educatrice 8).

In maniera eccezionale (3 su 19 operatrici), viene riconosciuto come impatto positivo dello strumento il fatto che induce a porre attenzione ai punti di forza delle risposte genitoriali.

Sento che tutta l’area del lavorare sul positivo, invece che sull’area di fragilità è un’area sulla quale io devo crescere perché tenderei a darlo per scontato; se il punteggio è 2 [il più alto], la mamma direbbe 2 [saremmo d’accordo, allora io direi] andiamo avanti; invece, con PICCOLO ho cercato di dare una risposta di perché 2, di valorizzare il 2, e di dare un valore positivo, perché diamo per scontato e magari non valorizziamo a sufficienza (A.S.1).

Dal punto di vista del contributo teorico di PICCOLO, la maggior parte delle intervistate (11 su 19) riconosce di aver acquisito delle nuove conoscenze che costituiscono una struttura concettuale sulle risposte genitoriali ai bisogni dei bambini che diventerà parte del loro bagaglio professionale.

Ho ripensato la mia precedente esperienza professionale, alle situazioni incontrate in passato, e ho pensato che forse con questo strumento avrei potuto comprendere un po’ meglio e anche scrivere delle relazioni in modo un po’ più approfondito e chiaro rispetto alla realtà che stavo osservando in quel momento (A.S.5).

Un ultimo aspetto ritenuto valorizzante rispetto alle pratiche professionali, è stata la possibilità che PICCOLO ha dato di aprire uno spazio di dialogo riflessivo sulla genitorialità, come testimoniato da 12 operatrici.

Delle volte, come operatori, si dedica troppo poco tempo a questo spazio di riflessione con le famiglie, perché, quello che si va a proporre è la nostra proposta, noi siamo gli operatori, sappiamo noi quello che si deve fare. Mentre trovo che sia particolarmente interessante, ma anche interessante per noi operatori, per quello che ci viene dalle mamme (A.S.8).

Ci ha permesso di discutere con la mamma, di particolarità della relazione con il bimbo, che non avevamo ancora affrontato [nonostante ci conoscessimo da più di 1 anno] (Educatrice 6).

Di seguito saranno descritti i risultati corrispondenti al secondo blocco tematico, ovvero le fasi principali della sperimentazione e le modalità riscontrate nell’utilizzo di PICCOLO Queste fasi comprendono il coinvolgimento iniziale della famiglia, la sessione di osservazione, la fase di attribuzione dei punteggi e il colloquio post-punteggi; si presentano con maggiore dettaglio gli aspetti rilevati rispetto a quest’ultima fase.

Nella fase di coinvolgimento iniziale della famiglia, le intervistate si soffermano nel descrivere l’esistenza del tipo di relazione che era già presente prima dell’utilizzo di PICCOLO Nella maggior parte dei casi (13 su 17) si sottolinea che l’esistenza di una relazione pregressa di fiducia sia fondamentale per presentare PICCOLO e costituisca una delle ragioni principali nella scelta delle famiglie invitate a partecipare allo studio. Le reazioni delle mamme sono state di interesse (per 7 di 17), disponibilità (8 di 17) e diffidenza (2 casi). L’interesse riguarda un’attivazione di curiosità e attenzione rispetto all’argomento, invece la disponibilità consiste nell’accettazione a partecipare senza che necessariamente si sia manifestato un interesse personale. Riguardo alla sessione di osservazione stessa, la reazione delle mamme con cui si aveva una precedente relazione di fiducia, è stata di disagio per una e di agio per 11, dato che confuta i timori delle operatrici – condivisi in fase di formazione, ma anche emersi nelle interviste – rispetto al fatto che proporre il momento osservativo potesse mettere in difficoltà i genitori e il rapporto professionale con loro.

Rispetto alla sessione di osservazione, si riscontra che la maggior parte delle operatrici (12) realizza una comparazione tra quanto osservato nella sessione con PICCOLO e le osservazioni svolte precedentemente, nel corso della relazione di accompagnamento. In 7 interviste segnalano di aver trovato congruenza, mentre in 2 considerano che è stato possibile vedere comportamenti genitoriali diversi da quanto già conosciuto. Degli 8 casi restanti, 3 operatrici hanno fatto questo ragionamento, ma non avevano informazioni per fare la comparazione, e in 5 casi non ne hanno fatto menzione. Per i 2 casi dove si sono riscontrate differenze, le operatrici ipotizzano che il contesto di gioco comporti delle possibilità di interazione genitore-bambino diverse da quelle che si riscontrano in altri momenti della quotidianità.

Nella metà dei casi (9 su 17), questa comparazione tra osservazioni in momenti diversi e il fatto di osservare le interazioni genitoriali in un setting costruito a tale scopo, è accompagnato da dubbi in merito alla veridicità dei comportamenti genitoriali – come dire: è vero ciò che vedono i miei occhi? –, dubbi accompagnati da un’attenzione rivolta a cercare delle evidenze che indichino l’autenticità di quanto osservato.

Io l’ho pensato subito quando ci siamo visti lì a Padova per la formazione, quanto l’osservato si potesse sentire osservato… e credo che si possa fingere, ma fino ad un certo punto. E soprattutto dalle reazioni che ha questa bambina, si vede che il rapporto, che non era la prima volta che la mamma le chiedeva un gioco interattivo – fammi un caffè –, si vedeva che non era la prima volta (A.S.2).

Sì, si percepiva che fosse un gioco ben conosciuto dal bambino, perché lui rideva, era proprio contento; lo sapeva già… quando la mamma si è coperta il volto sapeva già che era il nascondino (Educatrice 6).

Per 5 di queste operatrici, i dubbi sull’autenticità dell’osservazione implicano anche mettere in discussione la capacità dello strumento valutativo di restituire un dato ritenuto oggettivo o, meglio, reale; questo dubbio lo avrebbero risolto attraverso una ricerca di evidenze che confermasse la non eccezionalità della situazione vissuta (come illustrato nella citazione precedente) oppure attraverso una riformulazione del significato attribuito all’osservazione, valorizzando quanto di meglio la mamma con il bambino è capace di mettere in atto.

È servito per lasciare un momento in cui loro hanno fermato tutto e hanno detto bene, adesso proviamo a fare del nostro meglio […]. Quello che io pensavo fosse un difetto di PICCOLO, questo che loro cercheranno di essere, invece in realtà ha tirato fuori quello che veramente possono fare (Educatrice 1).

Ci sono alcune operatrici (4) che tuttavia non hanno modificato i loro dubbi di autenticità.

Secondo me è importante conoscere già quel genitore proprio perché sai a grandi linee dove una competenza non viene fuori perché proprio non c’è o perché invece in quel momento lì non ce la fa […]. Perché essere osservati, anche se prepari il contesto, mette in difficoltà e quindi la naturalità non c’è. Non è reale (Educatrice 2).

I momenti dedicati ad attribuire i punteggi di PICCOLO e al colloquio che si crea a partire da essi, a volte sono avvenuti contestualmente, ma per motivi analitici sono presentati separatamente nella descrizione dei risultati. In merito all’attribuzione dei punteggi, in 8 situazioni è stato segnalato che il punteggio sarebbe stato associato all’idea di voto o giudizio, e avrebbe messo leggermente in tensione la relazione, suscitando nelle operatrici apprensione che fosse compromessa la possibilità di creare spazi dialogici.

Siamo proprio riuscite abbastanza a dialogare, cosa che non pensavo, visto appunto il punteggio basso, pensavo di essere anch’io più in difficoltà nell’esprimere questo punteggio basso con la mamma (A.S.5).

Eppure, si nota che, in generale (12 su 17 casi), le mamme hanno partecipato attivamente, rispondendo ai punteggi dati dall’operatrice con le proprie osservazioni. Di questi casi, si propone il racconto di una delle situazioni che spicca per l’alto livello di proattività della mamma.

Siamo rimaste sedute per terra, avevamo due copie di PICCOLO, ne abbiamo data una alla mamma; la mamma leggeva o a volte leggeva la collega C. e poi su ogni item andavamo a confrontarci, quindi è stato un confronto molto approfondito, abbiamo esplorato tutto e lei era molto attenta e concentrata […]. Lei ha compilato proprio fisicamente la scheda, noi dicevamo il nostro punteggio e lei lo scriveva e ci chiedeva io, per me 2, lo scriveva e diceva secondo voi? e allora noi dicevamo la nostra valutazione e allora segnava lei direttamente sulla scheda (A.S.5).

Occorre notare che, nella maggior parte dei casi (16 su 17), le mamme hanno fatto riferimento non solo ai 10 minuti di osservazione per motivare i propri punteggi, ma anche – e prevalentemente – alla propria esperienza quotidiana, come racconta questa operatrice.

Iniziava facendo riferimento al gioco perché noi facevamo proprio degli esempi concreti che avevamo visto durante l’interazione, e poi anche come è successo con altre mamme che diceva io questo lo faccio sempre e quando il bambino fa i capricci io lo prendo in braccio per chiedere un po’ che cosa ha e rispondere un po’ alle sue emozioni. Partendo da lì tendeva a generalizzare, come è successo anche con le altre mamme (Educatrice 6).

Relativamente al colloquio avvenuto in seguito alla sessione di osservazione, si riscontrano 3 modalità delle operatrici nel fornire del feedback a partire dai punteggi (13 su 17; in 4 casi questo aspetto non è stato considerato nell’intervista). In 8 casi, il feedback ha considerato sia i punti di forza che di debolezza.

Il rimando generale è che la signora è molto attenta, affettiva con la bimba, la ascolta, risponde alle domande della bimba, ma la lascia anche molto libera di esplorare, di prendere i giochi che desidera, propone poco delle alternative, quindi segue molto la bimba, quindi è emerso che potrebbe proporle un po’ di più […] e dei rimandi sull’area meno forte del linguaggio (A.S.5).

In 2 casi le operatrici hanno utilizzato i risultati per fornire esclusivamente feedback sui punti di forza, e in 3 casi, per rimandare delle criticità.

Io subito ho focalizzato l’attenzione su quello che era meno presente anche perché è quello su cui anche lei ha subito posto l’attenzione. Anche perché da subito è risultata piuttosto adeguata (Educatrice 7).

D’altra parte, la partecipazione delle mamme si caratterizza in più della metà dei casi (10 casi su 17) per l’avvio di un racconto personale su diversi aspetti che riguardano la propria esperienza di genitorialità, aprendo così uno spazio narrativo. Si trovano riferimenti ai propri valori, le pratiche nella quotidianità e le pratiche assenti, oppure riferimenti alla propria infanzia e altri fattori biografici e culturali. In 6 di questi 10 casi, le operatrici sono entrate nel merito dei contenuti portati dalle mamme; di particolare forza illustrativa è questo racconto:

Abbiamo chiesto alla mamma cosa ha provato, ha detto mi sono ricordata di come ero io quando ero piccola, c’è stata mia nonna che mi ha dato tanto amore. Infatti, lei nell’area dell’affettività è molto forte […] [racconta] io sto attenta nel non dire a miei figli ‘sei un buono a nulla’ come diceva mio papà. Sei bravo, sei forte, che bello, è tutta un’area che io non ho ricevuto da mio padre. E poi le è piaciuto che ha potuto condividere questo strumento con il suo compagno, che le ha detto io sapevo che tu eri brava, quindi lei ha detto mi è piaciuto questo lavoro, è gratificante sentirsi dire dagli altri che ho delle abilità (A.S.1).

Negli altri 4 casi, il colloquio si è incentrato invece sul feedback della operatrice e nel fornire delle raccomandazioni, costituendo un intervento costruito in situ, sulle aree e gli item di PICCOLO che hanno avuto punteggi più bassi, come illustra questa situazione:

Con questo nucleo è stato molto positivo perché vedi che i rimandi e i confronti che fai con la signora sono proprio accettati e fatti propri dalla signora. Ad esempio, sul punteggio che noi abbiamo dato 0 sul fare attività in sequenza, sul raccontare i passaggi durante un gioco, sono convinta che il fatto di averne parlato sicuramente è rimasto alla signora e in qualche modo utilizzerà gli spunti che ci siamo date per farlo, ecco. Quindi, sicuramente è stato molto utile (Educatrice 6).

Conviene ricordare che il proposito dell’utilizzo di PICCOLO per la ricerca pilota di RdC03 ha previsto la possibilità di ricavare informazioni sulle risposte genitoriali e sui bisogni dei bambini 0-3 per la costruzione di percorsi di accompagnamento nei PaIS (i Patti di inclusione sociale della politica del Reddito di Cittadinanza), così come documentare il cambiamento nel corso dell’intervento. In 10 casi sui 17 che hanno utilizzato in qualche maniera i risultati di PICCOLO, si riscontra che in 6 casi è stato realizzato un lavoro di co-progettazione di obiettivi e di azioni di intervento, mentre negli altri le azioni di accompagnamento si sono incentrate nel dare feedback alle mamme. Dalle parole delle operatrici emerge che per la maggior parte delle mamme (12) questa esperienza avrebbe avuto in ogni modo un valore educativo, per l’insieme dei contenuti di PICCOLO e per la possibilità di confrontarsi.

A lei è servito per avere più consapevolezza. Lo ha detto in modo più semplice, però il senso è per avere più consapevolezza di quello che già fa, e sapere che è importante farlo (A.S.6).

6 Discussione

I risultati delle interviste rilevano come l’utilizzo dello strumento PICCOLO modifichi lo sguardo delle operatrici, le quali testimoniano un generale arricchimento delle proprie capacità analitiche e delle proprie conoscenze sui bambini di età 0-3 e sulla genitorialità. Le intervistate hanno segnalato che anche per i genitori l’esperienza ha avuto un valore educativo potendo contare su una proposta precisa e fondata riguardo le interazioni da realizzare con i figli, oltre all’occasione di discutere e riflettere sui propri comportamenti. Lo studio pilota conferma quindi la capacità di PICCOLO di descrivere e misurare le interazioni precoci e che tali descrizioni, a loro volta, rendono più visibili i bisogni di sviluppo dei bambini sia ai genitori, che ai professionisti, come anche le risposte dei genitori a questi bisogni.

Le operatrici hanno apprezzato la possibilità di aprire un dialogo con le famiglie su aspetti che in precedenza non erano affrontati. Il recente sviluppo della letteratura richiama l’importanza di investire in questi tre primi incredibili anni e la norma sul RdC indica le famiglie in situazione di vulnerabilità con figli 0-3 come target privilegiato per interventi di sostegno alla genitorialità da garantire attraverso i PaIS. Il presente studio rivela invece che l’ambito della genitorialità con bambini 0-3 è un ambito poco considerato nelle azioni realizzate nel contesto dei PaIS, anche per quelle situazioni in cui era già stato avviato un accompagnamento volto al contrasto della povertà.

Lo strumento si dimostra comunque efficace quale base condivisa per il dialogo e il confronto tra genitore e operatore, contribuendo a rendere esplicite, a descrivere e a motivare le osservazioni di ciascuno e, in particolare, dando spazio alla voce dei genitori che arricchiscono le informazioni ricavabili dalla sessione di osservazione portando la propria esperienza anche oltre quei 10 minuti e facendo riferimento alla loro quotidianità più vasta.

Emerge fortemente dalle operatrici come la presenza di una relazione di fiducia pregressa sia percepita come un fattore cruciale per l’utilizzo di PICCOLO in chiave partecipativa, elemento che interroga relativamente ai processi e alle pratiche che ne permettono la costituzione. Già tanti studi sulla comunicazione conducono a considerare come una relazione di fiducia possa essere costruita intorno a un affidamento reciproco, in cui il sapere e il punto di vista dell’uno e dell’altro sono valorizzati, pur nelle asimmetrie di conoscenze e competenze esistenti nella relazione. Ciò non significa che non vi possano essere scambi simmetrici, basati sul riconoscimento reciproco delle rispettive aree di competenza (Milan, 2020). Anzi, all’operatore educativo e sociale è proprio richiesto di lavorare affinché i contenuti siano costruiti con l’altro, a partire dalle sue esperienze e competenze. I dubbi di alcune operatrici relativi all’autenticità del momento dell’osservazione, al fatto che i genitori potessero falsare i contenuti del proprio fare educativo sapendo di essere sotto osservazione porta con sé il rischio di un irrigidimento su una modalità asimmetrica che non crea fiducia e può produrre fallimenti, quali per esempio l’instaurarsi di rapporti di dipendenza, delega, opposizione (Zani, Selleri, & David, 1994, pp. 25-26). Si rivela qui che nel pensiero implicito delle professioniste si concede un alto valore a ciò che è “naturale”, “vero”, “oggettivo”, “reale”, mentre il presupposto dell’utilizzo dello strumento, nella prospettiva della V.P.T., è al di là di ognuna di queste categorie: non si tratta di osservare ciò che il genitore fa “veramente” con il suo bambino per capire se fa sempre così o, peggio, se è sempre così, ma si tratta semplicemente di registrare un momento di osservazione, creare un contesto dialogico per analizzarlo insieme e per costruire dialoghi basati su osservazioni, piuttosto che su pregiudizi reciproci, percezioni soggettive o opinioni arbitrarie, per riflettere insieme sul rapporto tra bisogni del bambino e risposte dei genitori, così come emerso in quella osservazione, ma per costruire insieme progettazione, cioè piccole azioni che siano chiaramente orientate al raggiungimento di obiettivi condivisi. Non si tratta di valutare oggettivamente la realtà, ma di utilizzare una valutazione, comunque metodica e rigorosa, per avviare trasformazioni.

Anche la percezione che alcuni genitori vivessero l’attribuzione dei punteggi come un giudizio interroga sull’attenzione e sull’impegno delle operatrici nel sollecitare e leggere i messaggi che sono trasmessi dai genitori, in modo che essi possano sentirsi accolti in una relazione che mira a una costruzione condivisa dei significati dell’intervento. In tal senso, è “fondamentale che l'educatore sia sempre attento e conscio dell'esistenza della propria versione della realtà, e sia ricercatore capace di comprendere la versione degli altri con cui lavora, impegnandosi nel chiarimento di eventuali incomprensioni o fraintendimenti. Questo non vuol dire che bisogna essere sempre tutti d'accordo, ma che le ragioni e le motivazioni che portano a letture diverse della realtà vanno sempre rese intelligibili a tutti i partecipanti” (Serbati, 2020, p. 110).

Nelle interviste emerge che questo spazio dialogico non sempre è valorizzato, e a volte non diventa nemmeno materiale per la costruzione dei PaIS, come quando i risultati di PICCOLO sono stati utilizzati per offrire feedback ai genitori, senza entrare nella dimensione dei significati attribuiti da loro ai propri comportamenti e suggerendo le azioni da mettere in pratica per rispondere ai bisogni dei bambini, sulla base – soprattutto – degli aspetti emersi come punti di debolezza (comportamenti genitoriali meno sviluppati o meno presenti). Ne consegue che nell’accompagnamento alla genitorialità si intravede la predominanza di un paradigma che concepisce il cambiamento come funzione diretta di un processo di trasmissione di informazioni, piuttosto che un processo di trasformazione in relazione, collegato alla costruzione di senso riguardo le azioni necessarie per accompagnare la crescita dei bambini da parte dei genitori. In questa prospettiva, il modello di valutazione adottato negli interventi sociali ed educativi sembra essere limitato a una descrizione unidirezionale della realtà da parte dell’operatore, piuttosto che all’approfondimento dei diversi significati che la realtà assume per i genitori. Si riscontra, quindi, un varco nell’integrare la prospettiva post-positivista della valutazione, certamente di supporto nel costruire una lettura valida della realtà, con una prospettiva costruttivista e pragmatica. In quest’ottica, disporre di un elenco di comportamenti genitoriali che l’evidenza scientifica segnala come importanti per lo sviluppo dei bambini, è utile per valutare sì i genitori, ma secondo una prospettiva che intende la valutazione come la creazione di contesti di riflessione, confronto e negoziazione con i genitori che mobilitano processi di riflessione sui propri pensieri, sentimenti, intenzioni e comportamenti, così come su quelli del bambino, facendo sì che la famiglia diventi protagonista nella costruzione dei significati di tutto il processo valutativo e nella definizione del focus dell’intervento.

7 Conclusioni

Lo studio pilota ha confermato l’utilità dell’introduzione della scheda PICCOLO per la costruzione di percorsi valutativi con i genitori. Nonostante in questa sede non abbiamo potuto descrivere alcune differenze che emergono nelle interviste di assistenti sociali e educatrici e abbiamo genericamente parlato di “operatrici”, i risultati evidenziano che, senza l’uso intenzionale di specifici strumenti di valutazione, è probabile che i bambini più piccoli rimangano invisibili per i professionisti dei servizi sociali, che non hanno, infatti, una formazione specifica relativa a questa fascia di età e stanno implementando in questo momento la politica di lotta alla povertà del RdC che indica, invece, l’opportunità di intensificare l’intervento nei primi mille giorni di vita, mettendo a disposizione risorse economiche e umane specifiche, quali condizioni organizzative necessarie a rendere operativo questo approccio.

L’analisi delle interviste ha altresì reso evidenti i bisogni formativi degli operatori sociali che riguardano sia la formazione iniziale sui bisogni di sviluppo dei bambini piccoli e sulle strategie più opportune per darvi risposta, sia sulle strategie comunicative capaci di avviare un percorso riflessivo e comunicativo con i genitori rispetto al proprio essere madri e padri. Ma soprattutto, si rende evidente che accompagnare il loro agire professionale sostenendo riflessioni riguardo le concezioni sul cosiddetto parenting support si può concretamente fare anche attraverso processi valutativi, quali quelli presentati in questa sede, orientati a interconnettere azioni di ricerca, azione e formazione in cui gli operatori si sperimentano come practice-researchers.

Alcuni di questi aspetti sono stati attentamente considerati nella fase di disegno della ricerca di RdC03 e, in particolare, nelle azioni formative ivi progettate, attribuendo valore allo spazio dialogico con i genitori, al permanere sulla fase di analisi delle esperienze genitoriali – “not jumping to interventions is pivotal for dialogicity” (Arnkil & Seikkula, 2015, p. 144) –, attraverso un utilizzo intenzionale dello strumento di valutazione come mediatore di relazione, con l’intento di costruire fattori di protezione, capaci di affrontare lo svantaggio educativo e sociale dei bambini piccoli attraverso il potenziamento dell’agire dei servizi in un’ottica di intervento precoce a favore del bambino, dei suoi genitori e dell’ambiente di vita.

Riferimenti bibliografici

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  1. Anche se PICCOLO è stato validato per un campione in questa fascia di età, gli autori segnalano che potrebbe essere utilizzato con bambini a partire dai 4 mesi ed entro i 5 anni di età. Per il range di età più basso sono consigliate più attenzioni perché potrebbero essere richieste alcune modifiche alle definizioni e alle aspettative dei comportamenti genitoriali (Roggman et al., 2013, p. 29).↩︎

  2. A.S. sta per Assistente Sociale.↩︎