1 Introduzione
Ogni conoscenza penetra in noi attraverso i sensi.
(Michel De Montaigne, Apologia di Raymond Sebond)
Il presente contributo si colloca nell’ambito di un ampio progetto di ricerca1 “Mobartech una piattaforma mobile tecnologica, interattiva e partecipata per lo studio, la conservazione e la valorizzazione di beni storico-artistici”, finanziato dalla Regione Lombardia nel quadro dei Fondi Europei di Sviluppo Regionale (FESR), previsto nel Programma Operativo Nazionale (PON), volto alla valorizzazione e alla promozione del territorio, insieme con la cittadinanza e i visitatori.
Il progetto, oltre alla creazione di un laboratorio mobile in grado di offrire analisi tecnico-scientifiche in materia di beni culturali la cui movimentazione risulta estremamente difficile a causa della natura delle opere (beni architettonici, opere monumentali, affreschi, ecc.) è stato anche il luogo privilegiato per proporre attività educative attraverso le quali offrire, come di seguito descritto, occasioni di conoscenza nell’ambito della promozione dei beni culturali.
Nello specifico, lo studio qui presentato si concentra sul caso 22 condotto presso il sito Patrimonio Mondiale dell’UNESCO di Mantova e Sabbioneta,3 in sinergia con le due rispettive amministrazioni comunali, finalizzato ad accompagnare cittadini e visitatori in un percorso partecipativo, sensoriale ed emozionale di valorizzazione e interpretazione del patrimonio culturale.4
La ricerca, coordinata dal Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione “Riccardo Massa” (Università degli Studi di Milano-Bicocca), ha visto dialogare tra loro professionisti provenienti da plurimi ambiti disciplinari – pedagogisti ed esperti in linguaggi artistico-espressivo-performativi,5 psicologi, architetti, storici dell’arte e geografi – innestandosi nel solco di una tradizione pedagogica volta a riabilitare e valorizzare altri linguaggi – artistico, espressivo, corporeo, ludico e immaginativo – oltre quello puramente logico-razionale (Antonacci, 2012, 2019; Bruzzone, 2016; Dallari, 2005; Dallari e Francucci, 1998; Dewey, 2010; Farnè e Agostini, 2014; Gamelli, 2005, 2009; Guerra, 2020; Mancino e Zapelli, 2011; Mignosi e Nuti, 2020; Scardicchio, 2012; Zuccoli, 2020).
Con l’obiettivo di generare un processo di appartenenza da parte di cittadini e visitatori verso le città di Mantova e Sabbioneta, nei paragrafi seguenti si intende testimoniare e approfondire la possibilità di attivare e promuovere percorsi e azioni esplorative (Guerra, 2019), a carattere artistico-performativo, volte a tenere vivo l’incontro tra uomo e ambiente, corpo e mente, dimensione scientifica e poetica (Antonacci, Guerra e Mancino, 2015; Guerra, 2020; Scardicchio, 2016).
Un invito ad andare oltre la prospettiva occidentale abituale, prevalentemente tesa a separare il corpo dalla mente, le emozioni dalla razionalità, la memoria dall’intuizione (Antonacci, 2012), per sentire, vivere e abitare il patrimonio culturale, non solo attraverso una conoscenza di tipo razionale-intellettivo ma, anzitutto, corporeo-emozionale (Gamelli, 2005, 2009).
A partire da tali suggestioni, il tentativo è stato di evitare uno sguardo pre-indirizzato tipico di molti percorsi turistici, tesi a proporre una città già interpretata (Zuccoli, Poli, Berera e De Nicola, 2020), cercando, al contrario, di rendere l’esperienza di incontro con il paesaggio culturale ricca sotto molteplici profili – sensoriale, estetico, emotivo, razionale – e per questo indimenticabile, in quanto radicata nell’esperienza sensibile di ciascuno (Formenti e Gamelli, 1998).
2 Abitare poeticamente il mondo6
Come testimoniato da numerose voci pedagogiche (Antonacci e Guerra, 2018; Bruzzone, 2012, 2016; Cunti, 2015; Gamelli, 2009; Isidori, 2002; solo per citarne alcune), nei luoghi dell’educazione e della formazione i sensi sono stati a lungo trascurati, o perché dati per scontati o perché ritenuti inaffidabili. In questo senso, come evidenziato da Daniele Bruzzone, è cruciale che
tutti coloro che hanno o che avranno a che fare con le persone, si interroghino anzitutto sulle modalità dell’esperienza e della conoscenza dell’umano e sviluppino quella sensibilità senza la quale ogni relazione con l’altro rischia di diventare una vuota presunzione o un’impresa disperata: la capacità di vedere, di ascoltare, di stabilite un contatto, di assaporare un istante o di “respirare” la tonalità emotiva di un luogo o di una situazione, infatti, fa parte del bagaglio irrinunciabile di ogni educatore – e di ogni professionista [della formazione e della cura] – che non voglia essere tacciato di astrazione (2016, p.15).
Il mondo, come ricorda l’antropologo del corpo David Le Breton, si dà infatti sotto la forma del sensibile: “non vi è nulla nella mente che non sia passato attraverso i sensi” (2007, p. 4). Visione questa che invita a dismettere l’abituale postura frontale e predatoria, che spesso caratterizza lo sguardo adulto contemporaneo (Antonacci, 2019), per generare un incontro e un contatto nel e con il mondo autentico e poetico: “abbiamo reso il mondo estraneo a noi stessi, e forse ciò che chiamiamo poesia è solo riabitare questo mondo” (Bobin, 2019, p. 21), perché “tra la carne dell’uomo e la carne del mondo non vi è alcuna frattura, bensì una continuità sensoriale sempre presente” (Le Breton, 2007, p. XI).
In questa cornice, la questione ecologica, intesa anzitutto come apertura alla complessità del cosmo e alle molteplici visioni del reale, letta in una prospettiva fenomenologia (Mortari, 2017; 2020), diviene posizionamento e orientamento etico nei confronti del mondo e della vita che lo abita, traducendosi nella promozione di percorsi ed esperienze educative volte a far sperimentare l’essere parte del mondo in modo vibrante e sensibile. In tal senso, come sottolinea Monica Guerra:
l’interazione diretta con l’ambiente con il quale costruire una relazione intima non può che passare attraverso la possibilità di abitarlo e conoscerlo, con disponibilità e apertura, pronti a nutrire l’attenzione verso ciò che è altro da noi in una dilatazione progressiva dei propri personali confini che possa rendere capaci di sentire le altre forme di vita come diverse, ma non estranee e, con ciò, che pieghi naturalmente alla loro cura (2020, p. 24).
Cura, riguardo, rispetto come dimensioni imprescindibili per dimorare nel mondo con consapevolezza e presenza. Un’attitudine al rispetto che, come indica la radice etimologica – dal latino re-spicere – è invito ad avere ri-guardo, a prestare attenzione, a coltivare “quel secondo sguardo dato con l’occhio del cuore” (Hillman, 2008, p. 158).
In questa prospettiva, con l’intento di stimolare e promuovere nella cittadinanza e nei visitatori una conoscenza originata da un sentire, attraversare e vivere i luoghi e il loro patrimonio, anzitutto, attraverso una conoscenza corporeo-emozionale (Bruzzone, 2016; Cunti, 2015), ci si è orientati nel corso della ricerca verso proposte sensibili ai linguaggi artistico-performativi. Si è scelto il linguaggio delle arti performative7 in quanto discipline che attraverso un meticoloso training psicofisico (Barba, 2012; Grotowski, 1970; Loreni, 2020; Morselli, 2017), allenano a una postura – fisica, mentale ed emozionale – altra rispetto a quella abituale (Schiavone, 2019), promuovendo una presenza vigile, consapevole e concentrata (Fischer-Lichte, 2014). Il come ci si pre-dispone – fisicamente, mentale, emotivamente – verso i luoghi e il patrimonio, non è infatti qualcosa di dato per scontato ma, al contrario, come insegnano performer e artisti, è frutto di un’educazione, di un disciplinamento, di un training.
Il performer, ovvero colui che “sa mantenersi aperto al mondo pur senza smarrire la capacità di perdersi in esso” (Mortari e Mussini, 2019, p. 24), si allena a un sentire che si fonda su un esercizio osservativo del fluire della vita del mondo, riconoscendone in ogni luogo e in ogni occasione la potenza trasformativa (Guerra, 2020). Un procedere, quello dell’artista che, al pari dell’andare fenomenologico, non contrappone, ma tiene insieme materialità e speranza, ragione e immaginazione, scienza e arte, sapere denso ed estetico, per imparare a “vedere anche senza parole e, persino, di parlare anche senza parole” (Scardicchio, 2012, p. 23). Uno sguardo contemplativo che richiede esercizio e perseveranza, dove il senso profondo del guardare in contemplazione non è una competenza astrattiva, bensì, azione del prendersi cura (Bobin, 2019; Mortari, 2019), sguardo delicato e attento che si muove insieme alle cose, che ritorna, che respira insieme a esse, congiungendo corpo e immaginazione, intelletto e forza visionaria (Mancino, 2015).
Una postura fenomenologica che, oltrepassando la secolare frattura fra sensibilità e razionalità, restituisce dignità all’esperienza diretta delle cose, facendosi modalità di presenza nel mondo e di coscienza del mondo (Bruzzone, 2012). Un’attitudine a guardare attentamente, dove l’attenzione esercitata non è soltanto quella dell’occhio, ma anche e soprattutto conoscenza del cuore:
L’attenzione è un campo della chiarezza, dell’illuminazione. È una tensione, uno sforzo […], una fonte, forse la più considerevole, di fatica […]. L’esercizio dell’attenzione è la base di ogni attività, è in certo modo la stessa vita che si manifesta. Non prestare attenzione equivale a non vivere. Si tratta però di un esercizio complesso, di un’educazione intera, dell’educazione di tutto l’organismo e dell’essere umano e non soltanto della mente né dei soli sensi (Zambrano, 2017, pp. 51-53.).
In questo senso, la postura fenomenologica è habitus, atteggiamento che indica un modo differente di stare nelle e con le cose (Guerra, 2019), un modo più ricettivo e meno presuntuoso, un conoscere che, allontanandosi dalla logica mezzi-fini propria del mondo contemporaneo, si traduce in una tensione esplorativa e contemplativa, in una “chiamata alla realtà” (Zambrano, 2017).
Uno sguardo che, tutt’altro dall’essere postura agita meccanicamente, comporta una profonda ristrutturazione del nostro modo di essere nel mondo (Bruzzone, 2012), richiedendo un faticoso lavoro di spoliazione (Grotowski, 1970; De Monticelli, 2003), dove la fatica consiste propriamente “nel liberare [lo] sguardo dalle incrostazioni che impediscono di accogliere la manifestazione della realtà nel suo ‘darsi’ originario” (Bruzzone, 2012, p. 39). Sostenere un tale sguardo, come messo in luce da Francesca Antonacci, implica “compiere un percorso di approfondimento per consentire di tornare a vedere, a sentire, a percepire il mondo in modo più integro e complesso” (2019, p. 23). Un sentire molto simile a quello del poeta, del performer, del giocatore, del bambino, ovvero di coloro che conservano la capacità di incantarsi e di innamorarsi per la bellezza delle cose e del cosmo:
Un’attitudine che tiene insieme la dimensione emotiva, grazie allo stupore e alla passione; quella corporea, grazie al movimento non stereotipato e al contatto tattile, olfattivo, uditivo con le sostanze, agito in modo esplorativo; infine quella cognitiva, con un’immaginazione che consente di conoscere in modo più integro e olistico e meno categorizzatore e ordinatore (ivi, p. 52).
Una postura “arretrata sulle cose” – non rapace o prensiva, non funzionalistica o strumentale – responsiva e partecipativa. Una modalità conoscitiva che scegliendo volontariamente di rinunciare all’imperialismo dell’io invita a incontrare autenticamente l’altro – soggetto, ambiente, patrimonio, mondo –, facendosi sguardo capace di abitare umanamente e poeticamente il mondo: “perché dire abitare poeticamente il mondo o abitare umanamente il mondo, in fondo, è la stessa cosa” (Bobin, 2019, p. 41).
3 La cittadinanza del corpo8
Molteplici sono le ricerche nazionali e internazionali che testimoniano il valore delle arti performative nel contribuire a promuovere e valorizzare il patrimonio culturale e paesaggistico.9
In questa direzione, Annalisa Metta e Benedetta Di Donato, nel loro Anna e Lawrence Halrpin. Paesaggi e coreografie del quotidiano (2014), sottolineano come il movimento del corpo sia una forma di conoscenza, di attivazione e configurazione dello spazio estremamente preziosa. Fare esperienza dei luoghi attraverso il corpo consente, infatti, di immaginare, esperire, comprendere, ripensare e valorizzare il patrimonio culturale sotto altri punti di vista. L’assunto da cui le autrici partono è che “lo spazio sia anche costruito dal movimento delle persone […]. Gli spostamenti diventano flussi […], segni che incidono sulla configurazione fisica del luogo” (p.34). In questo senso, la sollecitazione è a vivere gli spazi pubblici non come configurazioni statiche e compiute ma, al contrario, “come luoghi accoglienti per l’imprevisto […], come macchine ludiche che continuamente […] invitano a ballare, ognuno la propria danza oppure tutti insieme la stessa partitura” (p. 35).
In questa prospettiva, le arti performative possono divenire fertile strumento di “esplorazione del mondo”, “conoscenza incarnata” (Metta e Di Donato, 2014; Varela, Thompson e Rosch, 1992), allontanando da uno schema esclusivamente razionale e da una narrazione puramente logica, per aprire alla consapevolezza e all’espressione consapevole di sé in movimento. “Cominceremo con l’esercitare la consapevolezza del soggetto individuale e della sua reciprocità con l’intorno” (Metta e Di Donato, 2014, p. 99), così si legge nell’incipit del workshop Experiments in Environment, condotto dal paesaggista americano Lawrence Halprin e dalla danzatrice e coreografa Anna Schuman nel 1968, “svilupperemo poi l’idea dell’interazione tra un gruppo di individui e il luogo e poi, ancora tra luogo e comunità allargata” (ibidem). L’intento è di creare “architetture umane”, utilizzando i corpi come dispositivi spaziali in reciproco equilibrio, per amplificare il coinvolgimento con il paesaggio urbano, per sviluppare un’attitudine all’ascolto e alla consapevolezza di sé in relazione al luogo. Le percezioni sensoriali, come sottolinea Le Breton (2007), si intrecciano infatti con i significati, ne disegnano i confini fluttuanti dell’ambiente in cui si vive, precisandone l’estensione e acuendone il sapore.
Nella direzione di promuovere e valorizzare il patrimonio culturale e paesaggistico attraverso le arti performative, si colloca anche il progetto ideato dal coreografo e danzatore Virgilio Sieni per la città di Mantova: La cittadinanza del corpo 2017.10 Con il desiderio di creare un incontro tra le persone e insieme a loro dare vita a delle azioni coreografiche in relazione ai luoghi, al cuore del progetto – aperto ai cittadini, senza richiesta di alcuna competenza tecnica specifica, e a danzatori –, vi è una riflessione sulla maniera di originare un gesto, di condurlo insieme agli altri, sul modo di abitare insieme il concetto di spostamento e di movimento. Con le parole dal coreografo:
Nelle stanze di Palazzo Te le persone abitano questi luoghi. L’indicazione è di lasciare il tempo affinché ogni gesto possa trovare le giuste direzioni, le giuste dislocazioni e quindi portare principalmente l’attenzione a tutta quella che è la risonanza del gesto che si sta attuando […]. [In questo] modo l’azione coreografica non arriva a loro [partecipanti e pubblico] come somma di gesti, ma sono tutti gesti che avendoli frequentati a lungo, arrivano come una forma, come un canone che serve per dar loro una nuova misura, una nuova metrica di quello che sono e a quello che stanno realizzando nell’abitare la stanza (in Piavoli, 2017, frame 00.17.26).
Un processo immersivo, di sospensione rispetto alla percezione ordinaria dello spazio e del tempo, in cui la consapevolezza cinestetica diviene consapevolezza del proprio essere nello spazio. Consapevolezza questa che può essere esercitata e acuita attraverso percorsi esplorativi e attivazioni corporee volte a sentire la propria presenza, l’essere parte del patrimonio culturale con tutto il proprio corpo-mente. Esperienze e azioni volte a incrementare la riflessività, del singolo e della collettività, in relazione ai luoghi ma anche a se stessi, ai propri modi di abitare e di contribuire allo stato e alle trasformazioni della cosa pubblica (Ciaffi e Mela, 2006; Guerra e Ottolini, 2019;). Una tensione trasformativa profondamente pedagogica, come si legge nel testo Le più piccole cose. L’esplorazione come esperienza educativa (Guerra, 2019), in quanto desiderio di mostrare altri modi possibili di abitare il mondo.
Le arti performative, grazie al loro essere gesto che incarna il presente, – il Performer, come insegna Jerzi Grotowski (1970), è “uomo d’azione” –, consentono di creare un ponte tra testimonianza passata e sguardo al futuro, tra esperienza narrata ed esperienza vissuta, rafforzando i legami con la città, i suoi monumenti, le cose e le persone che la popolano. Se l’azione performativa è, per definizione, azione che si compie nell’istante presente, ciò non significa che non sia in grado di conservarne traccia nel tempo. Tutt’altro, contribuisce a promuovere altri modi di guardare ai luoghi attraversati, alle persone incontrate, ma anche se stessi dentro a quei luoghi, innescando in ciascuno il desiderio di essere presenti e attivi (Guerra e Ottolini, 2019).
Avvalendosi di tale prospettiva e sostenuti dal pensiero di Luigina Mortari, “se vuole ottenere risultati scientifici la ricerca educativa deve fondarsi su una stretta collaborazione fra ricercatori e pratici” (2007, p. 212), nel corso dell’intero progetto ai pratici – cittadini e visitatori – è stato assegnato un ruolo importante. Sono state in questo senso progettate e di seguito documentate tre sperimentazioni a carattere espressivo-corporeo realizzate presso tre beni culturali Patrimonio Mondiale dell’UNESCO: il Teatro all’Antica di Sabbioneta, le mura esterne di Palazzo Te (Mantova) e le Pescherie di Giulio Romano (Mantova).
Il riferimento è a una metodologia di ricerca-azione di tipo partecipante (Mantovani, 1998; Mortari, 2003, 2007; Richards e Morse, 2009), in quanto strategia di ricerca che meglio è risultata rispondere all’esigenza di instaurare una collaborazione attiva fra ricercatori e partecipanti (De Nicola e Zuccoli, 2016, 2020). I risultati delle sperimentazioni compiute, monitorate dall’équipe di ricerca attraverso una costante attività di documentazione (cartacea con osservazioni e diario di bordo, fotografica e video) e di raccolta delle parole dei partecipanti (attraverso la conduzione di focus group), sono stati infine impiegati per la realizzazione di un Kit,11 partecipativo e immersivo, di visita delle due città, disponibile gratuitamente presso gli Uffici del Turismo di Mantova e Sabbioneta.
4 Esplorazioni corporee
Al fine di contribuire ad accompagnare cittadini e visitatori in un percorso partecipativo, sensoriale ed emozionale di riconoscimento e interpretazione del patrimonio (De Nicola e Zuccoli, 2016; Jafa, 2012; Zuccoli, Poli, Berera e De Nicola, 2020), si è andati alla ricerca di proposte capaci di innescare e promuovere un ascolto e una postura – fisica, mentale ed emozionale – presente, consapevole e concentrata.
L’azione esplorativa, seguendo in particolare il pensiero di Guerra (2019), è qui considerata esperienza educativa, processo di ricerca, che si nutre della dimensione artistica per illuminare il discorso pedagogico. L’esplorazione, nella prospettiva seguita, è domanda priva di un punto di interrogazione “il cui intento è un esercizio della capacità di osservazione, un affinamento progressivo dello sguardo, un dialogo costante con le cose” (Guerra, 2019, p. 69). Proprio per questo, “ogni esplorazione ha vie d’accesso plurime e dunque è intercettabile da intelligenze diverse attraverso linguaggi differenti […], riconoscendo a ogni oggetto una potenza interrogativa e quindi bastante per farsi opportunità esplorativa” (p.70). Sotto questa luce, ogni cosa è viva, anche quella inanimata. Pertanto, “se le cose sono già, se il noto può essere ri-velato […], allora il contesto è vivo ed è in rapporto di reciprocità con chi esplora e ricerca, che non solo ne è parte, ma contribuisce a rivitalizzarlo” (p. 72).
Avvalendosi di un tale sguardo sono state progettate e realizzate le esplorazioni corporee, di seguito descritte. In particolare, per quanto concerne la città di Sabbioneta, testimoni privilegiati12 sono stati 20 studenti della scuola secondaria di I grado dell’Istituto Comprensivo Marcaria-Sabbioneta a cui è stata proposta13 un’esperienza espressivo-corporea presso il Teatro all’Antica,14 riconosciuto bene Patrimonio dell’Umanità, che conserva al suo interno 12 statue Olimpiche (Figura 1).
Attingendo al training psicocorporeo di attori-danzatori15 e artisti di circo contemporaneo,16 ciascun partecipante è stato invitato a scegliere un punto dello spazio in cui posizionarsi e, una volta trovato, si è trattato di sperimentare una postura – denominata Postura ad albero – grazie alla quale provare a percepire una sensazione di radicamento ed espansione. Per esplorare tale postura, stando in posizione eretta, si è suggerito di divaricare leggermente i piedi alla larghezza del bacino, di portare le braccia lungo i fianchi, di raddrizzare la schiena, senza irrigidirsi, ma rilassando il corpo. Una volta assunta tale posizione, agli studenti è stato chiesto di chiudere gli occhi immaginando che un filo attraversasse l’intero corpo, partendo dai piedi, percorrendo l’intera colonna vertebrale e giungendo alla sommità del capo. L’intento è di stato creare una sorta di tensione tra terra e cielo volta a favorire una disposizione di ascolto e percezione di se stessi in relazione al luogo. Una postura inusuale, non solo perché gli occhi sono chiusi – per acuire tutti i sensi, per vedere meglio e di più, una volta riaperti – ma anche perché si è cercato di entrare in relazione al luogo nel silenzio delle parole. Come poeticamente descritto da Chandra Livia Candiani:
Non tutti i silenzi sono uguali. Come, grazie alla consapevolezza del vivere, si diventa sensibili alla luce, alle diverse sfumature di luce in diversi luoghi, in differenti momenti della giornata e delle stagioni, così si colgono miriadi di sfumature nei silenzi nostri e altrui […]. Il silenzio è un invito […]. Il silenzio semina. Le parole raccolgono. Il silenzio è cosa viva (2018, p. 50).
Con l’obiettivo di provare a sentire il Teatro all’Antica, non solo avvalendosi della vista, ma con la pluralità di tutti i sensi nella sinergia di corpo, mente ed emozioni, l’invito è stato poi a esplorare lo spazio con una camminata lenta e accorta, chiedendo di portare lo sguardo, non solo all’orizzonte, ma anche verso l’alto (in direzione delle 12 statue olimpiche). Infine, l’indicazione è stata di fermarsi e di sostare ad osservare le statue, per un tempo lungo, cercando di catturarne i dettagli e la postura accurata.
Tale osservazione, esercizio minuto di contemplazione e immersione nella materia viva e pulsante del patrimonio artistico e culturale, è stata azione propedeutica per preparare all’attivazione successiva, La statua e lo scultore, in cui i partecipanti – dopo essersi disposti a coppie –, come scultori, ispirandosi alle 12 statue olimpiche, hanno dato forma, con cura e delicatezza, ai blocchi di marmo-corpi dei compagni. È in un silenzio pieno e vitale che le statue hanno preso vita, un silenzio generativo grazie al quale tessere un “rinnovamento del legame”: “è mio nel senso che gli appartengo: mio paese, mia città, mio mondo non luogo che mi appartiene ma a cui appartengo” (ivi, p. 30).
Mossi dalla tensione a generare un processo di co-costruzione dei saperi, a conclusione dell’esplorazione, i partecipanti sono stati invitati a proporre un Titolo – un’emozione, una sensazione, un colore, ecc. –, come sintesi e rappresentazione dell’intera esperienza attraversata. Di seguito si portano, alcuni dei titoli condivisi dagli studenti: “L’accademia dei bei movimenti; Il prender vita delle statue; Le statue meravigliose; Lasciarsi al dettaglio; Le statue fiduciose; Il cuore di una statura; Statua viva; Lasciamo un respiro; La vita di una statua; I marmi viventi; Il silenzio che parla”.
Sempre nella direzione di promuovere, mediante il linguaggio delle arti performative, esperienze espressivo-corporee volte a generare in cittadini e visitatori un ascolto attento e accorto verso il patrimonio culturale e artistico, anche per la città di Mantova sono state progettate e realizzate due esperienze esplorative.17 Nello specifico, la prima18 è stata condotta presso le mura esterne di Palazzo Te,19 con 10 ragazzi della scuola secondaria di II grado dell’Istituto Superiore Bonomi Mazzolara, mentre la seconda20 presso le Pescherie di Giulio Romano,21 con 10 ragazzi della scuola secondaria di II grado dell’Istituto Superiore Pitentino – entrambi beni architettonici riconosciuti Patrimonio dell’Umanità. Anche in questo caso le esplorazioni proposte, a seguito dei feedback ricevuti dagli studenti e dei dati analizzati da parte dell’équipe di ricerca, sono infine confluite nel Kit di visita di Mantova e Sabbioneta.
Di seguito si riportano le attivazioni proposte: Guardati intorno: dov’è la tua ombra? Prova a fissare in fotografia questa traccia provvisoria.
Guardati intorno: scegli un monumento (una statua, un capitello, un portico, un albero, ecc.). Prova a imitarlo con il corpo e a farti fotografare.
Con l’intento di promuovere riconoscenza e gratitudine nei confronti del luogo attraversato, a conclusione sono state proposte le seguenti attivazioni: Saluta la città e lascia che sia il corpo, con un gesto, a raccontare l’esperienza. / Saluta la città e lascia che sia il corpo a farlo, con un gesto di riconoscenza.
Al termine delle attività sperimentate, analogamente a quanto avvenuto presso il Teatro all’Antica, gli studenti sono stati sollecitati a pensare a un Titolo – un’emozione, una sensazione, un colore, ecc. – come sintesi e rappresentazione dell’intera esperienza vissuta. Di seguito alcuni dei titoli condivisi: “Il silenzio che parla; Cogli il particolare; Interazione; Spensieratezza; Nei dettagli della storia; Immersione nei dettagli; I dettagli della natura; Scoperta dell’identità; La bellezza nei dettagli; Bellezza offuscata; Lasciamo un respiro; Vivi il momento”.
5 La costruzione del Kit: dalla sperimentazione alla realizzazione
Con riferimento a una metodologia di ricerca radicata nella pratica (Dewey, 2004), largo spazio è stato dedicato alla riflessione successiva alle sperimentazioni compiute, attivata dai ricercatori “per agire […] [non solo] sulle azioni mentre sono in corso, ma anche per valutare le azioni quando sono concluse” (Mortari, 2007, p.215).
Nell’incontro tra patrimonio e persone, la partecipazione diretta di chi vive la città è infatti ritenuta elemento essenziale, proprio per questo si è cercato di valorizzare il più possibile la voce e lo sguardo di chi ha preso parte alle esperienze, in un processo di ascolto e raccolta dei feedback, ritenuto passaggio cruciale al fine di progettare e realizzare un Kit di visita che, lontano dal voler essere “tradizionale” guida turistica, si propone come esperienza attiva e immersiva.22
Mossi da questo intento, al termine di ogni azione esplorativa, è stato riservato un tempo lungo al confronto con i partecipanti circa le esperienze attraversate. Per fare ciò, con riferimento ai tre Istituti coinvolti, ci si è avvalsi della conduzione di tre focus group,23 uno per ciascun gruppo partecipante. La collaborazione con gli studenti ha in questo senso contribuito in maniera significativa alla messa a punto delle proposte confluite nel Kit. A testimonianza di ciò, si intendono di seguito riportare alcuni stralci ritenuti particolarmente emblematici, delle voci raccolte. In particolare, per quanto concerne le due suggestioni attivate presso le mura esterne di Palazzo Te – Guardati intorno, dov’è la tua ombra? Prova a fissare in fotografia questa traccia provvisoria e Guardati intorno, scegli un monumento. Prova a imitarlo con il corpo e a farti fotografare – alla richiesta di esprimere una preferenza in merito alle due proposte, la maggior parte degli studenti ha mostrato un interesse prevalente nei confronti della seconda esplorazione, sostenendo che “la richiesta di imitare un monumento abbia consentito di guardare con maggior attenzione, invitando a soffermarsi sui dettagli” (focus group 2 e 3). Gli studenti hanno affermato, inoltre, sempre con riferimento alla seconda attivazione che “l’azione di imitare con il corpo sia stata particolarmente divertente e che proprio per questo ha invogliato a esserci pienamente”. Una studentessa ha evidenziato poi che durante l’esplorazione “ha notato degli affreschi [bassorilievi presenti sulla parete esterna di Palazzo Te] che prima di allora non avevo mai visto, e che ha potuto osservare proprio grazie all’imitazione corporea compiuta da una delle compagne” (focus group 2). Nel complesso i partecipanti hanno dunque trovato la seconda esplorazione “più creativa e stimolante” (focus group 2, 3) rispetto alla prima, sottolineando che “il gesto di imitare abbia consentito di soffermare l’attenzione sui particolari, portando a vedere più a fondo” (focus group 2).
Per quanto concerne le suggestioni proposte relativamente a “Saluta la città e lascia che sia il corpo, con un gesto, a raccontare l’esperienza” e “Saluta la città e lascia che sia il corpo a farlo, con un gesto di riconoscenza”, dalle testimonianze raccolte, si evidenzia come l’azione gestuale del raccontare analogamente a quella del ringraziare apra alla “possibilità di un’interpretazione personale del patrimonio” (focus group 3). In questo senso, come messo in luce da Sieni (2017), si può affermare che, nell’essenza della gestualità, nel suo valore analogico e metaforico, sono contenute indicazioni importanti relativamente al modo di stare in relazione a se stessi e ai luoghi attraversati:
Il gesto racchiude, dentro e fuori di sé, la storia della vita delle persone, e queste storie sono la materia umana che traccia le esperienze future. Il racconto del corpo diviene [così] il territorio per riflettere sugli elementi primari del nostro stare al mondo (http://www.virgiliosieni.it/schede/la-cittadinanza-del-corpo_mantova/).
A conclusione dei focus group, i partecipanti sono stati invitati a riflettere circa la natura delle esplorazioni proposte, ovvero sull’essere stato richiesto un coinvolgimento attivo in merito alla fruizione del patrimonio. Le reazioni degli studenti, alle azioni di ingaggio, sono state estremamente positive (focus group 1, 2, 3). La maggior parte ha posto l’enfasi sul cambio di prospettiva: a un iniziale spiazzamento, generato dall’inusuale proposta di provare a sentire, vivere e attraversare il patrimonio con tutto il corpo-mente, è seguito l’entusiasmo del prendere parte all’esperienza in prima persona. I partecipanti hanno infatti affermato di aver trovato le esplorazioni “interessanti, stimolanti, creative, diverse dalle solite visite tradizionali” (focus group 1, 2, 3). In questo senso, pur trattandosi di inedite sperimentazioni, il fatto che i percorsi proposti non presupponessero conoscenze nozionistiche pregresse ma, diversamente, coinvolgessero aspetti maggiormente legati alla sfera sensoriale e corporea, sembra essere stato elemento prezioso al fine di includere tutti i partecipanti, anche quelli inizialmente più restii.
Le attivazioni qui documentate, unitamente alle altre esperienze progettate e condotte dai diversi membri dell’équipe di ricerca, sono infine confluite nel Kit di visita delle città di Mantova e Sabbioneta.24 Ideato al fine di declinare la fruizione del patrimonio in relazione alla ciascunità di ogni cittadino e visitatore – come si legge a esergo del Taccuino: “Orientati, disorientati, esplora, assaggia, scopri […]. Potrai esercitarti a fare esperienza del patrimonio culturale a modo tuo, con qualche suggerimento nostro” – e nella prospettiva di abilitare e valorizzare tutti i linguaggi, il Kit si compone di strumenti, cartacei e non. All’interno di una piccola borsa a tracolla, cittadini e visitatori possono trovarvi: due Mappe – rispettivamente delle città di Mantova e Sabbioneta –, sei Cartoline storiche, tre Filtri colorati, una Cornice, sei Card dettagli, uno Specchietto angolare, una penna e una matita, il gioco “Racconta il tuo patrimonio”,25 e un Taccuino, al cui interno sono presenti due delle esplorazioni corporee qui documentate.26
6 Conclusioni
In un dentro molto prossimo al corpo […],
in un’intimità con me
che andava oltre me.(Chandra Livia Candiani, Il silenzio è cosa viva)
Il progetto di ricerca, avviato e progettato con l’obiettivo di accompagnare cittadini e visitatori in un percorso partecipativo di valorizzazione e interpretazione del patrimonio culturale, si è orientato verso proposte tese a stimolare un sentire e abitare i luoghi anzitutto attraverso una conoscenza corporeo-emozionale. In ogni gesto, come testimoniato da Sieni, si esprime infatti la nostra relazione con il mondo:
L’idea, in fondo, è quella di ritrovare una dimensione di sosta, di sospensione, di dimora […]. Portare l’attenzione al gesto è una sorta di nutrimento e di arricchimento continuo e la frequentazione che le persone portano al gesto fa sì che ogni azione assuma l’aspetto quasi di cerimonia […] nel senso che i gesti elaborati vanno ad abitare un canto interiore che è sempre [a noi] preesistente (in Piavoli, 2017, frame 00.20).
Le suggestioni avanzate, seppure sperimentate con un numero circoscritto di partecipanti,27 sono da intendersi come esperienze collettive nei termini in cui sono attivazioni pensate per permettere al maggior numero di potenziali interessati di prendervi parte. Si tratta, infatti, di semplici azioni corporee che possono essere destinate a un pubblico con età molto eterogene e in questo senso pienamente transgenerazionali. L’intento è di aprire a un dialogo tra individui e ambienti, spronando a ripensare i luoghi e a ripensare le modalità di incontro in essi possibili (Guerra e Ottolini, 2019).
L’incontro con il patrimonio culturale, con il linguaggio artistico e con il paesaggio urbano, offre la possibilità di riconoscersi e, al contempo, differenziarsi. In questo senso, il patrimonio può funzionare come una sorta di “palestra del corpo e della mente”, consentendo a ciascuno di costruire un proprio, personale bagaglio estetico (Zoccatelli, 2015). La dimensione estetica, con le parole di Ugo Morelli, invece che riferirsi al lato esteriore delle cose, indica infatti “la scelta responsabile che ognuno fa di guardare le cose del mondo e vivere il legame con esse” (2011, p. 20). Da qui l’istanza di istituire percorsi volti a favorire esperienze di riconoscimento: esperienze capaci di generare un autentico sentire – se stessi, gli altri, il patrimonio, il paesaggio, il mondo.
In ciascuna delle esplorazioni proposte, ogni partecipante è stato sollecitato a interrogarsi circa il proprio modo di stare e disporsi nei confronti del patrimonio artistico e culturale. Si comprende allora come il modo di disporsi – fisicamente, mentalmente, emotivamente – nei confronti del mondo non è qualcosa che può essere dato per scontato ma, al contrario è frutto di un’educazione. In questo senso, il linguaggio delle arti performative, richiedendo precisione e concentrazione verso ogni gesto e movimento compiuto, allena a essere intensamente presenti nel qui e ora dell’azione compiuta, educando a concentrarsi, ovvero a relazionarsi profondamente con tutto il corpo-mente al paesaggio culturale. In tal modo, il patrimonio, da luogo di consumo, può divenire luogo vissuto, abitato, incarnato perché ci si sente parte integrante di ciò che si sta attraversando, come evocato dalla poetessa Candiani (2018): solo la presenza ci raggiunge e ci trasforma. Si tratta, in altre parole, di allenarsi ad “ascoltare, aspettare, a ospitare nel corpo, strumenti delicati […] per lasciar riaffiorare le radici della bellezza, una bellezza che non divide e non discrimina” (p.27).
Dal meticoloso training di attori, danzatori e artisti circensi, ovvero da coloro che costantemente allenano la qualità del proprio esserci (Morselli, 2017), si è così preso ispirazione e attinto per invitare i partecipanti a esplorare una postura presente e concentrata, radicata e, al contempo, slanciata (Antonacci, 2019; Freire, 2014). Radicata nella memoria storica e nella testimonianza dei ricordi ma anche nella possibilità di sentire nel qui e ora del tempo presente la propria presenza in relazione al luogo; e insieme, slanciata nella speranza, come desiderio di trasmissione del patrimonio alle generazioni future, ma anche istanza di crescita, trasformazione, fioritura del proprio essere. Un’attitudine a risuonare con i luoghi, una tensione generativa, “vocazione a essere di più” (Antonacci, 2019; Freire, 2014), che si esplica in un contatto pieno e integrale con le cose e il mondo, postura questa grazie alla quale intessere un rapporto più personale e intimo con il contesto: “ogni volta che guardiamo la stessa cosa di nuovo, acquistiamo maggior rispetto nei suoi confronti e aumentiamo la sua rispettabilità” (Hillman, 1999, p. 149).
In questa direzione, l’educazione al patrimonio può tradursi in percorsi capaci di coinvolgere la persona nella sua interezza, in azioni volte a prendersi cura della propria umanità e interiorità (Malavasi, 2008), per riscoprirsi abitanti e insieme custodi del mondo. Le attivazioni corporee sperimentate possono in questo senso essere considerate azioni di cura (Palmieri, 2011) e ri-guardo (Hillman, 2008) verso il patrimonio in quanto gesti che, richiedendo attenzione e precisione, consentono di prendere coscienza, e quindi consapevolezza, di essere parte attiva e vitale del paesaggio culturale.
Un sentire, quello auspicato e attraverso queste azioni esplorative promosso, che si fa invito a coltivare la bellezza dentro e fuori di sé perché, come mostrano le pratiche e le rappresentazioni di performer e artisti, e come testimoniano le esperienze e le ricerche di architetti, geografici e storici dell’arte, filosofi, psicologi e pedagogisti – l’anima nasce nella bellezza e di bellezza si nutre (Hillman, 1999, 2008), ne ha bisogno, oggi più che mai, per vivere.
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https://www.mantovasabbioneta-unesco.it/
Avviato nel 2018 e concluso a inizio 2021.↩︎
La ricerca ha visto nel suo complesso la realizzazione di tre casi studio, fortemente legati al territorio. Il caso qui esaminato è il caso studio 2 – il sito Unesco di Mantova e Sabbioneta, mentre gli altri due studi si sono concentrati su Il Quarto Stato di Pelizza da Volpedo conservato al Museo del Novecento di Milano e gli affreschi di scuola giottesca rintracciati nell’Insula viscontea (attuale Arcivescovado) di Milano.↩︎
Mantova e Sabbioneta sono parte di un unico sito UNESCO dal 2008. Il sito “Mantova e Sabbioneta” è stato iscritto nella Lista del Patrimonio Mondiale con le seguenti motivazioni, contenute nella Dichiarazione di valore universale eccezionale: “Mantova e Sabbioneta offrono una testimonianza eccezionale di realizzazione urbana, architettonica e artistica del Rinascimento, collegate tra loro attraverso le idee e le ambizioni della famiglia regnante, i Gonzaga. Esse rappresentano gli esempi più eminenti delle due modalità più emblematiche della progettazione urbanistica del Rinascimento, rispettivamente quella evolutiva e quella fondativa. Come tali, esse sono servite di riferimento per gran parte delle successive esperienze di costruzione della città fino all’epoca moderna. Gli artisti che hanno concorso alla realizzazione delle due città hanno prodotto capolavori che hanno portato a compimento gli ideali del primo Rinascimento, contribuendo in maniera determinante alla diffusione internazionale di un movimento destinato ad influenzare e plasmare l’intera Europa” (https://www.mantovasabbioneta-unesco.it/).↩︎
L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura definisce il patrimonio culturale come “l’insieme di beni che, per particolare rilievo storico, culturale ed estetico, sono di interesse pubblico e costituiscono la ricchezza di un luogo e della relativa popolazione” (https://www.mantovasabbioneta-unesco.it/).↩︎
Chi scrive ha preso parte al progetto – con una borsa di ricerca dal titolo “Mobartech: percorso di ricerca, studio e produzione di materiali per il miglioramento della fruizione del patrimonio culturale di Mantova e Sabbioneta. L’importanza di una proposta pedagogica legata alle arti performative” – in qualità di ricercatrice e pedagogista esperta in linguaggi artistico-performativi. Come descritto nel corso dell’articolo, e in particolare nel paragrafo 4 Esplorazioni corporee, chi scrive si è occupata, nello specifico, di progettare, condurre e monitorare percorsi a carattere espressivo-corporeo volti alla promozione della partecipazione attiva della cittadinanza e dei visitatori nell’incontro con il patrimonio culturale.↩︎
Il titolo del paragrafo è un omaggio al testo di Christian Bobin Abitare poeticamente il mondo (2019).↩︎
Con arti performative si fa riferimento, in particolare, al linguaggio del teatro, della danza e del circo contemporaneo.↩︎
Il titolo del paragrafo è un omaggio al progetto del coreografo e danzatore Virgilio Sieni La cittadinanza del corpo 2017 (2017).↩︎
Per approfondire: http://www.aedeka.com/danza-arti-performative-e-tecnologie-audiovisive-per-la-valorizzazione-del-territorio/?lang=it (Progetto centrato su danza, arti performative e tecnologie audiovisive per la valorizzazione del territorio); http://www.terract.eu/ (Centro di ricerca-azione che si occupa di progettare e organizzare eventi di comunità incentrati sulla valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico locale); http://www.gruppoelettrogeno.org/2019/09/la-storia-addosso-un-viaggio-in-citta-con-il-corpo) (Compagnia teatrale che promuove un teatro la cui peculiarità è quella di fare riferimento a una comunità di individui che partecipano attivamente a una narrazione condivisa. In particolare, per la città di Bologna, è stato realizzato il progetto La storia addosso. Un viaggio in città con il corpo, 2019. Una visita guidata che, avvalendosi delle potenzialità dei singoli corpi inseriti in una cornice collettiva, apre a una narrazione condivisa, come si evince nel testo di presentazione dell’evento: “La città ha le sue memorie che con il tempo prendono corpo in ciascuno di noi, si incorporano creando una geografia che ci portiamo dietro e che in qualsiasi momento può trasformarsi in racconto. Una narrazione che gioca tra le potenzialità delle storie e quelle del corpo” http://www.gruppoelettrogeno.org/2019/09/la-storia-addosso-un-viaggio-in-citta-con-il-corpo).↩︎
Cfr. https://www.centropalazzote.it/la-cittadinanza-del-corpo-2017/.↩︎
Per un approfondimento in merito alla costruzione e realizzazione del Kit, si rimanda al paragrafo 5 La costruzione del Kit: dalla sperimentazione alla realizzazione.↩︎
Per quanto concerne l’individuazione dei testimoni privilegiati, per entrambe le città, sono stati identificati dai responsabili de l’Ufficio Mantova e Sabbioneta Patrimonio Locale, partner del progetto.↩︎
Dicembre 2019.↩︎
Il Teatro all’Antica o Teatro Olimpico, inaugurato nel 1590, è considerato uno dei primi teatri stabili dell’età moderna in Europa. L’edificio ha pianta rettangolare ed è diviso in due settori, destinati rispettivamente al pubblico e agli attori. La platea semicircolare è sovrastata da un raffinato peristilio in stucco su cui poggia una fila di colonne corinzie che reggono la trabeazione. Sulla sommità sono collocate dodici statue di divinità olimpiche, le cui dimensioni sono falsate per essere viste correttamente da terra.
Per approfondire: http://www.visitsabbioneta.it/dettagli.aspx?c=36&sc=40&id=1&tbl=contenuti.↩︎
In particolare, Alschitz (2003); Grotowski (1970); Morselli (2017).↩︎
In particolare, Loreni (2020); Petit (2009, 2014); Schiavone (2019).↩︎
Le due esplorazioni sono state proposte in maniera analoga a entrambi i due gruppi partecipanti.↩︎
Gennaio 2020.↩︎
Per approfondire: http://www.palazzote.it/index.php/it/palazzo-te↩︎
Febbraio 2020.↩︎
Per approfondire: https://artbonus.gov.it/116-19-pescherie-di-giulio-romano-mantova.html.↩︎
Per la progettazione e realizzazione del Kit, in particolare, si è attinto ai lavori di Keri Smith (2008, 2015) e Monica Guerra (2019, 2020), unitamente a una precedente esperienza che ha coinvolto alcuni membri del gruppo di ricerca (Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione “Riccardo Massa”, Università di Milano-Bicocca) e confluita nel testo Paesaggi Culturali. Nuove forme di valorizzazione del patrimonio: dalla ricerca all’azione condivisa (De Nicola e Zuccoli, 2016).↩︎
Nel corso del presente paragrafo, con focus group 1 si fa riferimento all’esperienza condotta con gli studenti dell’Istituto Comprensivo Marcaria-Sabbioneta di Sabbioneta; con focus group 2 all’esperienza avviata con i ragazzi dell’Istituto Superiore Bonomi Mazzolara di Mantova; e infine con focus group 3 alla sperimentazione compiuta con i ragazzi dell’Istituto Superiore Pitentino di Mantova.↩︎
A opera della casa editrice Terre di Mezzo – Cart’Armata edizioni Srl.↩︎
Ispirato a Il gioco della vita. Kit autobiografico. Trenta proposte per il piacere di raccontarsi, Demetrio, 1999.↩︎
Nello specifico: 1- “Guardati intorno, scegli un monumento. Prova a imitarlo con il corpo e a farti fotografare"; 2- Saluta la città, con un gesto di riconoscenza, lasciando che sia il corpo a raccontare l’esperienza". Questa seconda attivazione è frutto della sintesi di due delle esplorazioni nel corso della ricerca proposte:”Saluta la città e lascia che sia il corpo, con un gesto, a raccontare l’esperienza" e “Saluta la città e lascia che sia il corpo a farlo, con un gesto di riconoscenza”.↩︎
Nel progetto originario erano previste azioni che avrebbero coinvolto anche altri testimoni privilegiati ma, a causa dell’emergenza pandemica da Covid-19, le attività sono state sospese.↩︎
Tutti gli indirizzi URL sono stati consultati in data 25 marzo 2021.↩︎