Encyclopaideia – Journal of Phenomenology and Education. Vol.25 n.60 (2021)
ISSN 1825-8670

(R)esistere pedagogico. A 90 anni dalla nascita di Bertolini

Massimiliano TarozziUniversità di Bologna (Italy)

Pubblicato: 2021-08-05

Ricorre quest’anno il 90° anniversario della nascita di Piero Bertolini e il 15° della sua morte. Questa coincidenza di eventi, unita al 25° anniversario della fondazione di questa rivista, merita di essere colta come opportunità per ricordare il pensiero e l’opera di Bertolini e di riflettere sullo stato di salute della pedagogia fenomenologica in Italia.

A questo scopo, il comitato scientifico di Encyclopaideia già da anni aveva pensato di ripubblicare l’ormai introvabile L’esistere pedagogico, il testo fondativo in cui Bertolini delinea quel quadro teoretico all’interno del quale prendono senso le idee, le pratiche e le politiche educative ispirate all’approccio fenomenologico. Ora quel progetto ha finalmente preso corpo e il libro rivedrà la luce quest’anno, all’interno della collana “Processi formativi e scienze dell’educazione” che proprio Bertolini fondò insieme a Luisa Santelli e Duccio Demetrio presso l’editore Guerini e oggi diretta da Marina Santi e dal sottoscritto.1

Il libro, in corso di stampa mentre scriviamo questo editoriale, sarà presentato nell’ambito delle Giornate di studio “Il pensiero e l’opera di Piero Bertolini a 90 anni dalla nascita” organizzate dal Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna in collaborazione con la rivista Encyclopaideia. L’iniziativa ricorderà il pensiero e l’opera del fondatore della pedagogia fenomenologica con due eventi che si terranno presso l’Aula Magna “Piero Bertolini” dell’Università degli Studi di Bologna (via Filippo Re, 6). Il primo, il 20 ottobre 2021, dedicato alle pratiche educative fenomenologicamente fondate a partire dalla pedagogia del ragazzo difficile; l’altro, il 29 ottobre, dedicato alla presentazione della nuova edizione de L’esistere pedagogico. Ulteriori informazioni su questi eventi sono disponibili qui:
https://www.siped.it/wp-content/uploads/2021/06/2021-06-24-Universita-Bologna-Giornata-studio-Locandina.pdf

Ripubblicare oggi questo libro non è un’operazione nostalgica, di retroguardia culturale, né va visto come un lavoro di recupero storico-filologico di un classico della pedagogia. L’esistere pedagogico non è un classico, a meno che non si voglia definire “classica” un’opera che aiuta generazione dopo generazione a reinterpretare sempre e di nuovo la contemporaneità. Per ora, l’obiettivo è quello di mostrare l’attualità che questo studio conserva e renderlo disponibile a coloro che non hanno avuto la possibilità di leggerlo quando uscì, nel 1988.

Ci separa oggi dalla prima pubblicazione de L’esistere più o meno lo stesso intervallo di tempo che separa quest’ultima dal suo progenitore Fenomenologia e pedagogia, del 1958. Anche per questa coincidenza storica di corsi e ricorsi fenomenologici vale la pena oggi interrogarci sull’attualità di quel testo. I trent’anni esatti che separano L’esistere da Fenomenologia e pedagogia segnano un profondo e radicale cambiamento di prospettiva in Bertolini: in quel lungo intervallo di tempo si è messo alla prova con la pratica, la ricerca, la didattica universitaria, l’impegno politico e trasformativo nelle cose stesse dell’educazione. Come risultato, l’autore che alla fine degli anni Ottanta si appresta a rimettere mano in modo sistematico al proprio pensiero, pur collocandosi nel medesimo orizzonte teorico e riprendendo le medesime analisi dei testi husserliani, è una persona diversa: è un pedagogista. Non è più il giovane filosofo cresciuto alla scuola di Enzo Paci, imbevuto di fenomenologia e di scautismo. Dieci anni come direttore del Beccaria, altrettanti di impegno nei servizi educativi per la prima infanzia a Bologna, venti di vita universitaria gli hanno consegnato un ricco bagaglio di esperienze, di conoscenze e di relazioni che hanno mutato lo sguardo con cui osservare i fenomeni educativi.

Con L’esistere anche la relazione con Husserl è mutata. In un’inedita, lunga intervista sulla sua vita che ho raccolto nel 2001, solo parzialmente pubblicata nella prima parte di Dialoghi con Piero Bertolini,2 egli confessa una progressiva emancipazione dal pensiero di Husserl rispetto a Fenomenologia e pedagogia. Dal padre della fenomenologia ora riprende principalmente la dimensione “strumentale” del metodo fenomenologico:

Poco per volta io ho sempre di più vissuto il pensiero di Husserl con una funzione strumentale, di sistematizzazione del pensiero. E del resto, lo si vede anche in un certo senso se uno confronta Fenomenologia e pedagogia e L’esistere pedagogico (cosa che ho fatto in questi giorni) […]: Prima era stato in fondo un incontro, una lettura di una chiave se vogliamo di tipo educativa, ma poi è diventato sempre di più uno strumento che mi consentiva di costruire un discorso pedagogico; certo un discorso husserliano, però sostanzialmente autonomo rispetto alle posizioni di Husserl come tale.

Insomma, nello spazio fra le due opere Bertolini rompe la crisalide della filosofia fenomenologica husserliana e diventa un pedagogista maturo. La sua argomentazione si fa più radicata e cogente, gli obiettivi si illimpidiscono, il testo diventa più intenso, gli esempi di pratica educativa si moltiplicano e si fanno pertinenti e ficcanti. Nei capitoli originali che non trovano cioè riscontro in Fenomenologia e pedagogia, si perde gran parte del corredo bibliografico e scarso o nullo è il riferimento alle opere di Husserl, ma l’analisi teoretica diviene più potente e convincente, perché situata e incorporata nelle “cose stesse” dell’educazione più che sui “dati di fatto” della letteratura filosofica.

Ma L’esistere non è solo il punto di arrivo di una riflessione teoretica, il luogo in cui Bertolini meglio sistematizza il suo pensiero. È anche il punto di partenza di un nuovo progetto culturale, scientifico e editoriale. La decisione di scrivere questo libro prende forma nelle prime discussioni del gruppo che proprio in quegli anni Bertolini comincia ad aggregare intorno a sé per creare un laboratorio di pensiero fenomenologico, sempre inteso in senso molto lato, capace di interrogarsi sullo statuto della pedagogia come scienza e sui saperi pedagogici riletti attraverso quella scienza fenomenologicamente fondata che si stava sistematicamente delineando in questo libro. Non a caso il manoscritto di questo testo fondativo viene letto e discusso dai membri di quel cenacolo “così che si assunsero nei suoi confronti una sorta di co-responsabilità”.3 Di qui la centralità di questo libro che va anche visto come l’avvio di una nuova avventura editoriale e intellettuale; quella caratterizzata dall’ammonite, la conchiglia fossile di Enciclopaideia (ancora senza y), pensata come una enciclopedia del sapere pedagogico fenomenologicamente orientato secondo una sorta di “circolarità a spirale”, perciò sempre aperto e problematico.4 Un’avventura intellettuale iniziata con la collana di volumi pubblicati con la Nuova Italia trasversalmente ad altre collane pedagogiche preesistenti, e successivamente dal 1996, proseguita con il progetto della omonima rivista, questa volta con la “y”, “Encyclopaideia. Rivista di fenomenologia, pedagogia, formazione”.

Passati 33 anni dalla prima edizione de L’esistere, la sua riedizione e le discussioni che ne accompagneranno l’uscita saranno l’occasione per riflettere complessivamente su ciò che c’è di attuale nel pensiero di Bertolini e cosa invece risente maggiormente del passaggio del tempo.

D’altra parte, la fenomenologia per sua natura e lo stesso Bertolini che a questa ispirava il suo sguardo, ci invitano a non accogliere come definitiva nessuna lettura del discorso educativo. E quindi nemmeno l’analisi condotta ne L’esistere può essere data una volta per tutte, ma richiede invece di essere costantemente rimessa in discussione alla luce delle sollecitazioni della contemporaneità.

All’interno dello sfondo teorico delineato in questo testo prendono senso ancora oggi non solo le proposte di una pedagogia per il ragazzo difficile, ma le linee di intervento per la prima infanzia, il profilo professionale dell’educatore, il posizionamento accademico della pedagogia fra le scienze dell’educazione, la connessione fra pedagogia e politica, le ricerche sull’esperienza televisiva dei bambini e così via.

Rileggendo il libro oggi si trovano alcune perle che s’inseriscono meravigliosamente nel dibattito pedagogico contemporaneo, come il tema del corpo, inteso come il punto zero della formazione dell’io in quanto unità psicofisica o il profilo dell’operatore pedagogico, la cui professionalizzazione è possibile solo in quanto si dà una disciplina rigorosa di riferimento, e a questo proposito non si può non ricordare la “Legge Iori” che finalmente ne sancisce il riconoscimento legislativo.

Ma soprattutto attualissima ed entusiasmante è l’ambizione stessa di voler fondare una pedagogia come scienza. Quel progetto per dare rigore e autorevolezza al sapere pedagogico, sottraendola alla rigidità delle scienze dure e alla fragilità di un sapere puramente esperienziale, in grado però di produrre ricadute pratiche e operative di quella conoscenza razionale costruita fenomenologicamente a partire dall’esperienza e che all’esperienza ritorna. Un progetto in grado di rivitalizzare la pratica pedagogica, infondere ottimismo esistenziale e dare solidità alle professionalità educative.

Certo, alcuni passaggi risentono maggiormente del passaggio del tempo come l’attenzione a temi legati a una precisa stagione pedagogica, come la programmazione didattica, l’interdisciplinarità, la sperimentazione; come ne risente lo stesso stile di scrittura, che oggi appare decisamente ostico a un lettore frettoloso e in cui spicca la carenza di riferimenti bibliografici, in accordo forse allo stile argomentativo del tempo. Peraltro, lo stesso Bertolini nell’intervista più volte citata confessava la sua stessa insoddisfazione per alcuni passaggi un po’ frettolosi, equivoci o poco chiari.

Ma al di là di trascurabili segni del tempo, L’esistere pedagogico conserva la forza della sua proposta teoretica per una pedagogia progressista e laica, impegnata politicamente, disposta a sporcarsi le mani con e nella prassi. Questa pedagogia aveva, ed ha ancora, bisogno di un pensiero aperto, critico, pragmatico ma soprattutto rigoroso, capace di produrre sapere, metodi, strumenti, teorie, di dialogare con le altre scienze, meticciarsi ad altre culture, parlare a un mondo interconnesso.


  1. Questo editoriale riprende parte dell’argomentazione sviluppata più estesamente nell’introduzione a L’esistere pedagogico in corso di stampa.↩︎

  2. Bertolini, P. (2001). In dialogo con me stesso. In M. Dallari, M. Tarozzi (a cura di), Dialoghi con Piero Bertolini (pp. 21-92). Torino: Thélème.↩︎

  3. Ivi, p. 86.↩︎

  4. Facevano parte di quel gruppo iniziale Marco Dallari, Roberto Farnè, Vanna Iori, Gabriele Boselli e altri che nel tempo hanno lasciato il gruppo.↩︎