La zattera della bellezza di Marco Dallari è un libro che parla ai lettori come in un colloquio diretto. L’autore si rivolge al pubblico ampio di coloro che progettano l’educazione e la rendono reale e insiste sulla necessità di dare senso alla scuola e alla sua capacità di formare nei ragazzi una cittadinanza ampia e libera, che sappia interagire con gli altri, col patrimonio culturale e coi luoghi della vita. Il programma formativo proposto dal libro è di educare alla bellezza, offrendo in senso fenomenologico una molteplicità di esperienze possibili estetiche ed emozionali attraverso l’incontro con la realtà, lo stupore di fronte ad essa e il desiderio che da tale incontro può scaturire. Le due parti del libro contengono riflessioni e esperienze che consentono a chi legge di partecipare in modo attivo agli innumerevoli luoghi e tempi della bellezza, con l’avvertimento però che occorre cercarla, costruirla e condividerla, mettendo a frutto al meglio anche il tempo dell’educazione e della scuola.
Con una scelta ricchissima di riferimenti a testi di autori filosofi e pedagogisti (solo per citarne alcuni: Hillman, Husserl, Bertolini, Baumgarten, Dewey, Bateson, Demetrio, Lyotard, Goleman…); con frequenti rimandi a opere d’arte (di Renoir, Waterhouse, Raffaello, Van Eick, Haring, Van Gogh,…), a romanzi (di Handke, Twain, …), a film (The Mask, Edward mani di forbice, Il pranzo di Babette…), a musiche (di W. Guthrie, F. De André…); con molte citazioni tratte da opere di narrativa e di poesia, Dallari propone una tesi suggestiva e attuale: ogni gruppo d’apprendimento può (e deve) muoversi con un ritmo sempre più autonomo, all’interno di un meccanismo vasto e complesso (esso stesso in movimento) purché sia guidato da docenti che, proprio a partire da quello specifico gruppo e da ciascuno di coloro che lo compongono, stabiliscono la direzione, in modo da favorire al massimo la creazione di memoria, l’attenzione, l’identità individuale e civica di ciascuno, la capacità di gustare la bellezza e di attribuire senso alla propria formazione.
Marco Dallari parallelamente alla sua attività di docente universitario ha sempre svolto in tutt’Italia un’intensa attività di formatore di docenti di discipline artistiche e non solo. Nei suoi corsi, ha sempre perseguito – e persegue – l’obiettivo (che con questo libro egli rafforza ancora di più) di formare docenti certamente preparati nella propria area disciplinare, ma in grado di raccontare bene agli studenti la propria preparazione e competenza, senza chiudercisi dentro. Gli insegnanti più validi e che danno senso alla scuola, per Dallari sono quelli che sanno accogliere l’apertura verso gli altri, che possiedono e acquisiscono (in una sorta di formazione in servizio continua) un’ineludibile e indispensabile capacità di creare collegamenti fra varie aree disciplinari e fra universi di pensiero differenti. Sono gli insegnanti che non intendono essere trasmettitori del sapere ma «attori e registi di processi di co-costruzione delle conoscenze» (p. 31) per i quali occorrerebbero quadri orario dove le compresenze possano essere reali e dove «le pratiche inter e trans-disciplinari possano essere all’ordine del giorno».
La zattera della bellezza, dunque, con i suoi tanti riferimenti alla dimensione estetica e a quella relazionale vissuta anche emozionalmente, è un libro di grande leggibilità e importante, che rappresenta un ottimo strumento di autoformazione per docenti, educatori, amministratori pubblici che si occupano di educazione (e hanno fra le mani la possibilità di operare scelte positive per i giovani). Dallari rivolge ai lettori un invito convinto a essere figure capaci di stimolare la dimensione razionale e cognitiva dei ragazzi ma anche «la sfera affettiva ed estetica», che può dare senso all’educazione.
Da quel che si è scritto fin qui, si comprende che il libro tratta di estetica e di arte, tuttavia lo potremmo definire un libro di epistemologia dell’educazione in quanto l’autore s’interroga (a partire da stimoli e da punti d’osservazione diversi) su cosa significhi conoscere, dato che il pensiero umano è strettamente legato alla competenza simbolica. Tale interrogativo di carattere epistemologico ricade poi inevitabilmente sulla figura e sul ruolo degli insegnanti. Dallari sviluppa moltissimi argomenti che offrono fenomenologicamente risposte all’interrogativo (allo stesso tempo epistemologico e pragmatico): i docenti più validi sono quelli che tengono presenti le regole, in modo da garantire a se stessi e ai propri studenti una grande libertà d’azione, di scelte, di metodologie, di didattiche; sono professionisti in grado di creare un clima d’aula favorevole che sappia motivare e consenta a tutti gli allievi di fare esperienze sensate, interessanti e stimolanti per la crescita e, di conseguenza, per l’apprendimento. Sono docenti che rispettano (e, anzi: sollecitano) le domande inusuali che gli studenti possono proporre, le loro idee originali e perfino quelle divergenti. Sono insegnanti che mostrano nei fatti, quando sono in classe, che le idee di tutti sono prese in considerazione; di conseguenza, incoraggiano l’espressione autonoma degli allievi nelle attività d’aula pianificate, ma anche in quelle spontanee e non previste.
Il libro insegna la consapevolezza che è necessario dare ai ragazzi il tempo per far correre i pensieri in modo che le ore di scuola rappresentino una situazione che non ostacoli ma faciliti la costruzione di identità individuali e civiche sensibili alla dimensione estetica ed emozionale della personalità.
Non è facile sintetizzare nello spazio di una recensione un libro così ricco di spunti, citazioni, rimandi, collegamenti, nomi di artisti, di musicisti, romanzieri, pedagogisti, filosofi che hanno costruito la storia del pensiero estetico e educativo occidentale e che sono qui re-interpretati. Ma proprio questa è l’originalità e l’invenzione de La zattera della bellezza: per Dallari infatti ciò che conosciamo (sembra dirci attraverso i capitoli del suo libro) lo conosciamo grazie al potere reale dell’interpretazione che possiamo esercitare quasi senza limiti sull’arte, la mitologia, la pedagogia, l’eros, i riti educativi, la simbologia, la filosofia, la poesia, l’estetica.
Nell’epistemologia pedagogica di Marco Dallari ogni poiesis, cioè ogni atto creativo, ogni opera d’arte o letteraria rientra nella dimensione dell’estetica, cioè crea un rapporto fra i fenomeni e la loro implicazione sensibile, emozionale, affettiva e come tale può (e deve) avere ricadute positive in ambito educativo. Le opere d’arte, la musica, la letteratura e perfino la lettura attenta (non frettolosa) dei paesaggi consentono di creare collegamenti fra l’interiorità e la cultura, fra il soggetto e il suo mondo della vita. Nei capitoli del libro, Dallari ricostruisce, crea e interpreta decine di rimandi sul piano dell’arte e dell’inventario delle possibilità creative, conoscitive e formative che da essa possono derivare. L’arte, l’identità, la memoria, la coscienza autobiografica e la formazione, nella visione di Dallari, sono inseparabili. Il suo libro ci dice che nell’arte e attraverso l’arte ci troviamo in presenza di quell’energia dell’essere che talvolta è inesprimibile con le parole, ma che noi stessi (in quanto adulti e insegnanti) e i nostri studenti possiamo sentire e toccare con mano se ci facciamo guidare dalle possibilità dell’interpretazione, senza temerla e senza metterle nessun limite.
L’arte e la letteratura, ci dice Dallari, prendono avvio nell’immanenza dei luoghi, nei territori e negli spazi fisici: sta a noi (docenti e studenti) andarle a cercare, conoscerle, scoprile. È compito e privilegio dell’interpretazione tracciare legami tra tempi e luoghi, fra nuovi media e metacognizione, fra didattica blended e in presenza, con la consapevolezza che (se si seguono le strade indicate nel libro) ogni modalità può essere valida per trasformare la realtà in memoria e la memoria, a sua volta, in riconoscimento di sé e degli altri e in scoperte sempre nuove.