Encyclopaideia – Journal of Phenomenology and Education. Vol.27 n.65 (2023)
ISSN 1825-8670

Un’educazione nuova per il XXI secolo?

Enrico BotteroMinistero della Pubblica Istruzione (Italy)

Pubblicato: 2023-04-13

A New Education for the XXI Century?

Gli educatori della Lega Internazionale per l’Educazione Nuova, riuniti in Congresso a Nizza nel 1932, redassero una Carta che iniziava con queste parole: “L’attuale crisi impone a tutto il mondo di concentrare gli sforzi nella direzione di una rinnovata educazione. In vent’anni l’educazione potrebbe trasformare la società e infondere uno spirito di cooperazione capace di trovare soluzioni ai problemi del nostro tempo. Nessuno sforzo nazionale è sufficiente per raggiungere questo risultato. La Lega Internazionale per l’Educazione Nuova rivolge un appello urgente ai genitori, agli educatori, agli amministratori e agli operatori sociali affinché si uniscano in un vasto movimento universale. Solo un’educazione che realizzi in tutte le sue attività un cambiamento di atteggiamento nei confronti dei ragazzi può inaugurare un’epoca liberata dalla rovinosa competizione, dai pregiudizi, dalle preoccupazioni e dalle miserie che caratterizzano la nostra civiltà attuale, caotica e insicura”.

Quegli educatori, pur molto diversi tra loro, credevano che solo una nuova educazione avrebbe potuto formare cittadini aperti al mondo, tolleranti e solidali, evitando così nuovi sanguinosi conflitti. Avevano una forte visione provvidenziale, poi, purtroppo, smentita dagli eventi successivi. Oggi, dopo quasi un secolo, abbiamo meno certezze sulla possibilità di cambiare il mondo grazie all’educazione e tuttavia quelle parole ci interrogano ancora. Nel 1932 eravamo solo all’inizio del passaggio dalle società olistiche alle società centrate sull’individuo e sui suoi diritti. Nel corso degli anni siamo passati da società composte da istituzioni totalizzanti e senza mobilità sociale alla crescita dell’individualismo sociale. Se ieri si accettavano passivamente le scelte delle istituzioni, anche di quelle educative, oggi l’individuo tende a porsi prima di tutto come titolare di bisogni, in quanto consumatore/cliente (di scuola, di servizi sanitari, di trasporti, di servizi educativi) ancor prima che come titolare di veri e propri diritti civili. Dobbiamo accettare il declino delle grandi istituzioni totalizzanti perché i diritti dell’individuo sono stati un passaggio importante verso una democrazia matura. Tuttavia, non possiamo dimenticare che sono stati condizionati e inquinati da un’ideologia liberista diventata quasi un postulato indiscusso delle nostre società opulente. Portata alle sue estreme conseguenze, la centratura su di sé e sul proprio ambiente di origine, con spazi di incontro limitati all’affinità politica, etnica, culturale o religiosa, non può che provocare la frammentazione sociale secondo il paradigma egoistico: chi si somiglia si piglia, nel segno della priorità al proprio mondo sociale, professionale, ideologico o religioso. La società rischia di frantumarsi in un insieme di clan contrapposti tra loro incapaci di dialogare in nome del “bene comune”. È il rischio dell’individualismo sociale, già paventato da Tocqueville agli albori della democrazia americana, un rischio reso molto concreto dalla logica della società dei consumi, che non cerca tanto di rispondere ai bisogni ma di crearli, inducendo dipendenza attraverso dispositivi di controllo attenzionale che indirizzano le “pulsioni d’acquisto”. È il “capitalismo pulsionale”, per utilizzare l’espressione coniata da Bernard Stiegler. La società dei consumi tende a ridurre tutto, comprese le relazioni umane, a qualcosa di consumabile, utilizzando soprattutto l’immagine, il linguaggio che penetra più in profondità nella nostra mente attenuando le difese, come ben sanno neuroscienziati e psicologi. È un’invadenza che impoverisce il nostro immaginario. Oggi questi dispositivi, costruiti ad arte dai loro ideatori, si sono moltiplicati. Il nostro mondo simbolico viene così sempre più indirizzato verso la soddisfazione immediata delle pulsioni. L’attenzione, questa combinazione di ritenzioni e protensioni, per utilizzare un linguaggio fenomenologico, viene indebolita nella sua dimensione profonda (deep attention), quella indispensabile per perseguire un apprendimento riflessivo, quello dell’uomo “che pensa” (che non va identificato con l’uomo “razionale”). Contestualmente, l’individualismo sociale produce una centratura sul presente rendendo più difficile, spesso addirittura impossibile, la trasmissione intergenerazionale delle “ritenzioni terziarie”, ovvero di quelle “sedimentazioni che si sono accumulate nel corso delle generazioni spazializzandosi e materializzandosi in un mondo di artefatti” (Petit, 2013, 381). Tutto questo pone una sfida epocale al mondo dell’educazione, il cui scopo non è fabbricare esseri umani dipendenti ma, al contrario, promuovere autonomia e indipendenza di pensiero. Neppure la recente pandemia, che ci ha messo di fronte alla nostra comune fragilità, né la recente guerra in Europa (che, al contrario, ha riaperto antiche ferite, visto rinascere i nazionalismi, e congedato definitivamente l’illusione della “fine della storia”) o l’esplosione dei populismi e degli integralismi, anche nel nostro Paese, sembrano aver incrinato la fiducia nel potere taumaturgico ed illimitato del mercato e del suo paradigma egoistico.

Tuttavia, l’educazione può ancora fare qualcosa, perché la pedagogia rifiuta la chiusura e il fatalismo. Ad esempio, possiamo operare in tutti i luoghi educativi costruendo spazi di “decelerazione” (Meirieu, 2019, 195-203). A tutti i livelli, si possono proporre dispositivi per coltivare l’attesa della soddisfazione, allungare i tempi dedicati alla riflessione personale, tornare a lavorare con i materiali (il lavoro manuale correttamente organizzato sostiene i dispositivi attenzionali perché i materiali sono un limite oggettivo all’onnipotenza del nostro immaginario), reintrodurre i rituali, che, come accade abitualmente nel mondo dello sport e della musica, preparano la postura mentale necessaria a lavorare su oggetti conoscitivi diversi tra loro. Le esperienze dei grandi educatori del passato, da Pestalozzi a Korczak, da Freinet a Montessori, da Deligny a Oury, da Lodi a Freire, solo per citarne alcuni, ci offrono molti esempi in questa direzione. Ma non basta: è anche necessario organizzarsi collettivamente per agire insieme, anche a livello internazionale, come hanno cercato di fare alcune associazioni eredi dell’esperienza della Lega Internazionale per l’Educazione Nuova. Creando un luogo comune di discussione e di azione, Convergence(s),1 queste associazioni si propongono di costruire un'alleanza internazionale per combattere la mercificazione dell'educazione lavorando sulla cooperazione, l'aiuto reciproco e l'educazione attiva nella scuola e nella società. A questo scopo, organizzano periodicamente una Biennale dell’Educazione Nuova che riunisce educatori che provengono dai diversi continenti. Nel corso dell’ultima Biennale, che si è tenuta a Bruxelles dal 29 ottobre al 1 novembre 2022, è stato approvato un Manifesto per un’Educazione Nuova del XXI secolo, un progetto ambizioso che unisce importanti scelte di politiche educative ad altre grandi sfide, come quella ambientale. Sono sfide difficili, ma a cui non possiamo rinunciare. L’educatore, come ci ricordava Piero Bertolini, è legato alla speranza e all’utopia, dove per utopia non si intende qualcosa di cristallizzato, ma una tensione verso il possibile. Non vuole essere il semplice ingranaggio di una macchina organizzativa ma il soggetto attivo di nuove pratiche emancipatrici, guardando avanti, oltre se stesso, alle nuove generazioni e alla “Terra-patria”.

Riferimenti bibliografici

Houssaye, J. (2022). Pedagogia e utopia. L’alleanza della speranza, in P. Lucisano, A. Marzano (eds.). A cento anni dalla fondazione della Ligue Internationale de l’Éducation Nouvelle, Atti del Convegno Internazionale SIRD, Roma, 25-26 novembre 2021 (pp. 23-30). Lecce: Pensa Multimedia. https://www.pensamultimedia.it/libro/9788867609024.

Meirieu, P. (2019). Una scuola per l’emancipazione. Roma: Armando.

Morin, E., Kern, A.-B. (1994). Terra-Patria. Milano: Raffaello Cortina.

Petit, V. (2013). Vocabulaire d’Ars Industrialis. In B. Stiegler, Pharmacologie du Front National. Paris: Flammarion.

Stiegler, B. (2014). Prendersi cura. Della gioventù e delle generazioni. Napoli-Salerno: Orthotes.


 

Encyclopaideia ringrazia i revisori che nell’anno 2022 hanno collaborato con la rivista, assicurando con la loro professionalità un processo di peer review rigoroso ed efficiente:

Audrey Addi-Raccah, Michele Aglieri, Laura Aimo, Monica Amadini, Pier Marco Aroldi, Andrea Bobbio, Enrico Bottero, Chiara Bove, Matteo Cacchiarelli, Marnie Campagnaro, Ferdinando Cereda, Giuseppe Crea, Giuseppina D’Addelfio, Giuseppe Filippo Dettori, Paola Dusi, Roberto Farnè, Sabrina Fava, Nicoletta Ferri, Claudio Girelli, Mariangela Giusti, Roberta Guccinelli, Marco Ius, Maria Grazia Lombardi, Emanuela Mancino, Maria Mendel, Katia Montalbetti, Marisa Musaio, Elisabetta Musi, Alba Naccari, Carlo Orefice, Alessandra Papa, Stefano Pasta, Simona Perfetti, Andrea Porcarelli, Silvio Premoli, Chiara Sirignano, Stefania Ulivieri Stiozzi, Maria Vinciguerra, Lucia Zannini, Paola Zini.


  1. https://convergences-educnouv.org/it/accueil-italiano/↩︎