Encyclopaideia – Journal of Phenomenology and Education. Vol.28 n.70 (2024), 1–17
ISSN 1825-8670

La percezione delle educatrici e delle insegnanti sull’outdoor education a Modena

Calogero Francesco PiperoIndependent researcher (Italy)

Formatosi all’Università degli Studi di Messina in Scienze cognitive (2020) e in Scienze pedagogiche (2022), ha collaborato con l’Università di Bologna come borsista di ricerca post-laurea per un progetto di ricerca sull’Outdoor education 0-6.

Ricevuto: 2023-12-03 – Versione revisionata: 2024-08-16 – Accettato: 2024-11-19 – Pubblicato: 2024-12-30

Educators’ and teachers’ perceptions of outdoor education in Modena

Abstract

Outdoor education is a pedagogical orientation that has been present for years in the educational institutions of the municipality of Modena; the latter, through research, monitors the trend in order to identify and resolve problems. Examining the professionalism of the staff in the outdoor education field and the limitations in implementing the practice, this contribution highlights how various factors constitute an obstacle to carrying out the activities, even in the presence of adequate training; the constraints that emerged concern relationships with colleagues and parents, bureaucracy and the physical structure of the service itself. The study therefore offers ideas to take into consideration for the updating and training of educational personnel on outdoor education practices.

L’outdoor education è un orientamento pedagogico presente da anni nelle istituzioni educative del comune di Modena; quest’ultimo, attraverso la ricerca, ne monitora l’andamento al fine di individuare e risolvere le problematicità. Il presente contributo, esaminando la professionalità del personale in ambito outdoor education e i limiti di attuazione della pratica, rileva come diversi fattori costituiscano un ostacolo per lo svolgimento delle attività, anche in presenza di una adeguata formazione; i vincoli emersi riguardano le relazioni con i colleghi e i genitori, la burocrazia e la struttura fisica del servizio stesso. Lo studio propone quindi degli spunti da tenere in considerazione per l’aggiornamento e la formazione del personale educativo sulle pratiche di outdoor education.

Keywords: Outdoor education; Action research; 0-6 education; Teacher education; Well-being at work.

1 Introduzione

Sotto il termine outdoor education è compresa una varietà di esperienze pedagogiche caratterizzate da didattica attiva, svolta in ambienti esterni alla scuola e modellata sulle caratteristiche del contesto territoriale e socio-culturale in cui l’istituzione educativa è collocata (Bortolotti, 2019). Negli ultimi decenni si sta assistendo a un rapido declino della quantità di tempo che i bambini trascorrono all'aria aperta (Clements, 2004; Larson, Green, & Cordell, 2011; Larouche et al., 2023), con la conseguente deprivazione di questi ultimi dei benefici fisici, cognitivi e socio-emozionali che la relazione con l’ambiente esterno comporta (Fyfe-Johnson, et al., 2021). Di contro, aumentano gli effetti negativi sulla salute, dovuti a uno stile di vita sedentario, spesso condizionato da un eccessivo uso della tecnologia (Carson et al., 2016). La questione ha già allarmato l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la quale ha dichiarato che i bambini sotto i 5 anni dovrebbero essere meno coinvolti in attività sedentarie, a favore del gioco e del movimento, soprattutto all’aperto (World Health Organization [WHO], 2019).

Promuovere una didattica in connessione con la natura diventa una necessità di cui l’outdoor education (d’ora in poi si userà la sigla OE) si fa carico. Sul versante psicopedagogico, infatti, l’OE è supportato da importanti evidenze e da un forte background scientifico. Recenti reviewes (Kuo, Barnes, & Jordan, 2019; Mann et al., 2022) hanno evidenziato che l’apprendimento risulta maggiormente efficace quando l’alunno è più attento, meno stressato e più motivato e che impostare una didattica all’aria aperta favorisca questi aspetti. Nei test di concentrazione gli studenti casualmente assegnati alle aule con vista sul verde ottengono risultati migliori rispetto a quelli assegnati ad aule che si affacciano sulla città o in cui le finestre mancano del tutto (Li & Sullivan, 2016). Il contatto con la natura migliora l’autocontrollo dei bambini, sia neurotipici sia con ADHD (Sahoo & Senapati, 2014). È stato osservato che imparare in ambienti naturali migliora la motivazione intrinseca (Hobbs, 2015) e incrementa quella degli studenti predisposti alla demotivazione nelle aule tradizionali (Dettweiler, Ünlü, Lauterbach, Becker, & Gschrey, 2015). Un setting naturale è inoltre associato a un senso di calma: i comportamenti problematici nei bambini – come insultarsi e spingersi – si verificano con meno frequenza negli ambienti naturali che nelle aule scolastiche (Nedovic & Morrissey, 2013). Difatti sembrerebbe che la natura favorisca la pro-socialità, la coesione di gruppo e la cooperazione tra pari (White, 2012; Scott, Boyd, & Colquhoun, 2013). Per ciò che riguarda le abilità scolastiche, l’apprendimento all’aperto sembra migliorare le capacità di lettura, scrittura e calcolo e implementare l’apprendimento delle discipline quali matematica, scienze e letteratura (Miller, Kumar, Pearce, & Baldock, 2021).

Negli ultimi anni l’OE sta vedendo una rapida diffusione in Italia. Sempre più servizi per l’infanzia e scuole pubbliche, a partire da un’analisi dei bisogni dei bambini, iniziano a intravedere nell’esperienza della natura un’opportunità essenziale per rispondere ai bisogni evolutivi dell’infanzia; di conseguenza, questo comporta un’intensificazione della ricerca in ambito OE al fine di promuovere la riflessione, la documentazione e la promozione dell’OE nel territorio (Bertolino, Antonietti, Guerra, & Schenetti, 2017; D’Ascenzo, 2018).

In questa sede si esamina l’attuazione della pratica OE nel Comune di Modena, che da anni ne sostiene lo sviluppo, la ricerca (Borsari & Ceciliani, 2009; Cappi & Ceciliani, 2011; Cappi, Ceciliani, & Orlando, 2014; Belloi & Buzzega, 2022) e la documentazione educativa. Il presente contributo, in seguito ai risultati di una precedente ricerca (Belloi & Pipero, 2023)1 e al confronto con i coordinatori pedagogici dei servizi considerati, vuole approfondire i seguenti aspetti, che costituiscono i due macro-obiettivi della ricerca:

  1. Esaminare la professionalità e la percezione del personale educativo in ambito OE;

  2. Individuare i limiti che impediscono una piena attuazione dell’OE.

La prospettiva delle educatrici e delle insegnanti svolge un ruolo cruciale nel modellare e valutare il successo di qualsiasi approccio educativo, compresa l’educazione all’aria aperta. Le credenze e i valori impliciti sono determinanti per l’azione didattica più di quanto lo siano le teorie esplicite (Perla, 2010), dunque è necessario che tutti i docenti coinvolti in percorsi educativi diano un senso al proprio agire, attraverso la riflessione e il pensiero critico sul proprio ruolo, sulle proprie preoccupazioni e sulla conoscenza delle pratiche, al fine di implementare l’azione educativa, la riflessione e la promozione di buone prassi (Aiello et al., 2016).

Il contributo analizza la visione degli educatori e degli insegnanti sulla propria professionalità e i limiti di attuazione dell’OE, suggerendo come diversi fattori – non riducibili alla mera formazione del personale – interferiscano con essa.

2 Metodologia di ricerca e presentazione del questionario

Per rispondere all’interrogativo della ricerca è stato utilizzato un questionario costruito con il software Google Moduli. Il questionario, formato da domande a risposta multipla, domande a risposta su scala Likert e domande a risposta aperta (Tabelle 1a-1d), è stato strutturato sui seguenti criteri:

  1. Professionalità in ambito OE;

  2. Limiti di attuazione dell’OE;

  3. Benessere nel contesto lavorativo.

Tabella 1a – Domande preliminari
Domande preliminari

1. Indica gli anni di servizio:

  1. Più di dieci

  2. Meno di dieci

 

2. Indica il servizio educativo dove lavori:

  1. Nido

  2. Scuola dell’infanzia non statale

  3. Scuola dell’infanzia statale

Tabella 1b – Domande a risposta multipla
Domande a risposta multipla

3. In quale dei seguenti ambiti/competenze educative ti senti meno preparata?

  1. Corpo e movimento

  2. Narrazione

  3. Logica e matematica

  4. Attività espressive

  5. Educazione scientifica

  6. Musica

  7. Educazione linguistica

 

4. Quali condizioni rendono più difficile praticare outdoor education?

  1. Resistenze dei colleghi

  2. Mancanza di sostegno da parte dei dirigenti

  3. Inadeguatezza degli spazi esterni

  4. Difficoltà nella gestione dei bambini

  5. Rischi di incidenti

  6. Le condizioni climatiche

  7. Resistenze dei genitori

 

5. Nelle attività outdoor l’educazione sviluppa soprattutto competenze

  1. Linguistiche e comunicative

  2. Motorie

  3. Esplorative

  4. Sensoriali

  5. Espressive e creative

  6. Scientifiche

  7. Relazionali

 

6. Quali sono i rischi prevalentemente connessi all’outdoor education?

  1. Incidenti fisici

  2. Aggressività dei bambini

  3. Malattie

  4. Reazioni avverse dei genitori

  5. Il gioco prevale sull’apprendimento

  6. Sporcarsi

  7. Perdita di controllo sui bambini

 

7. Per sentirti professionalmente preparata a fare outdoor education è necessario:

  1. Possedere specifiche attitudini personali

  2. Frequentare spesso ambienti naturali

  3. Aver conseguito un master specifico

  4. Avere una buona preparazione fisica e motoria

  5. Essere in grado di gestire gli imprevisti

  6. Aver sperimentato molte attività all’aperto durante la propria infanzia

  7. Aver studiato/studiare le teorie e le buone pratiche

Tabella 1c – Domande su scala Likert
Domande su scala Likert
  1. Il ruolo dei genitori influenza in maniera significativa le attività outdoor
    1. In completo disaccordo; 2. In disaccordo; 3. Incerto; 4. D’accordo; 5. Completamente d’accordo

  2. La relazione con le colleghe influenza in maniera significativa le attività outdoor

  3. Il ruolo dei dirigenti influenza in maniera significativa le attività outdoor

  4. La mia preparazione professionale è adeguata a svolgere attività di outdoor education

  5. Nelle attività outdoor aumenta il mio stato di ansia

  6. Nelle attività outdoor ho fiducia nelle capacità dei bambini

  7. L’outdoor education è più fattibile con i bambini grandi

  8. Il clima influenza in maniera significativa le attività outdoor

  9. L’ambiente esterno favorisce nei bambini esperienze più che apprendimenti

  10. Le attività all’esterno favoriscono nei bambini l’educazione alla libertà più che all’autonomia

Tabella 1d – Domande a risposta aperta
Domande a risposta aperta
  1. Quali sono i fattori che generano malessere nella tua professione?

  2. Se dipendesse da te, cosa cambieresti nell’impostazione del servizio educativo in cui lavori?

80 educatrici e insegnanti di tutti i servizi educativi 0-6 (nidi, scuole dell’infanzia statali e non statali) afferenti al territorio del Comune di Modena hanno ricevuto il questionario via e-mail; inoltre, sono stati selezionati all’interno di ogni servizio gli operatori con più anni e meno anni di servizio (+ 10 anni/-10 anni), in modo da valutare anche eventuali differenze legate all’esperienza lavorativa. È stato concordato un periodo di 7 giorni dal giorno di invio del questionario, successivamente prorogato ad altri 7.2

Hanno risposto al questionario 61 soggetti: 19 educatrici di nido, 36 insegnanti della scuola dell’infanzia non statale e 6 insegnanti della scuola dell’infanzia statale, come riportato nella Tabella 2.

Tabella 2 – Partecipanti
Anni di servizio Nido S. infanzia statale S. infanzia non statale Totale
+10 anni di servizio 13 6 18
- 10 anni di servizio 6 - 17
Totali partecipanti 19 6 36 61

3 Risultati della ricerca

I risultati hanno mostrato una tendenza all’uniformità. Non si ravvisano differenze significative né tra i gradi di istruzione considerati né tra gli anni di esperienza del personale, a prova di come le problematicità individuate siano comuni e generalizzabili.

3.1 Analisi delle domande a risposta multipla

Le domande a risposta multipla riguardano principalmente i limiti di attuazione e la professionalità in ambito OE.

Come si evince dal Grafico 1 in risposta alla domanda n. 4 (Quali condizioni rendono più difficile praticare outdoor education?), la difficoltà maggiore per praticare l’OE è la resistenza dei genitori (30,35%), seguita dalla resistenza dei colleghi (21,42%) e dall’inadeguatezza degli spazi esterni (21,42%).

Grafico 1 – Condizioni di difficoltà per praticare l’OE

Riguardo i rischi della pratica OE, come si evince dalle risposte alla domanda n. 6 (Quali sono i rischi prevalentemente connessi all’outdoor education?), il personale teme maggiormente le reazioni avverse dei genitori (47,19%).

A questo segue il rischio di incidenti fisici (24,71%) (Grafico 2). Il timore di incidenti potrebbe dipendere non dalla pratica in sé, ma dagli spazi che vengono percepiti come inadeguati; come emerge dal Grafico 1, gli incidenti fisici sono condizione di difficoltà solo nel 4,46% delle risposte.

La possibilità di contrarre malattie, sporcarsi, perdere il controllo sui bambini e che l’ambiente esterno sviluppi l’aggressività non è percepita come rischio della pratica (Grafico 2); ciò dimostra che i tratti fondanti dell’OE sono stati recepiti dal personale in sede di formazione. L’ambiente esterno, infatti, non aumenta né l’aggressività dei bambini né il rischio di contrarre malattie, al contrario rafforza il sistema immunitario e l’omeostasi dell’organismo (Andersen, Corazon, & Stigsdotter, 2021). Anche la bassa percezione del rischio che il gioco prevalga sull’apprendimento (10,11%) è un indicatore di consapevolezza circa le pratiche OE, in quanto il personale discerne l’aspetto ludico da quello didattico proprio della pratica.

Grafico 2 – Rischi connessi alla pratica OE

L’aspetto della conoscenza è stato indagato nella domanda n.3 (In quale dei seguenti ambiti/competenze educative ti senti meno preparato?), dalle cui risposte sembrerebbe che il personale si senta meno preparato nell’educazione scientifica, musicale e logico-matematica (Grafico 3). Secondo il personale, la conoscenza scientifica non è ben stimolata dall’OE, la cui pratica svilupperebbe maggiormente le competenze esplorative, motorie e sensoriali, come si evince dalle risposte alla domanda n. 5 (Nelle attività outdoor l’educazione sviluppa soprattutto competenze…) (Grafico 4).

Grafico 3 – Ambiti e competenze educative in cui il personale si sente meno preparato
Grafico 4 – Competenze che l’OE sviluppa nei bambini

Per quanto riguarda l’apprendimento dell’OE, in risposta alla domanda n. 7 (Per sentirti professionalmente preparato a fare outdoor education è necessario…), i partecipanti dello studio credono che per essere preparati in ambito OE servano competenze soggettive (la capacità di gestione degli imprevisti e delle specifiche attitudini personali, l’abitudine a stare a contatto con l’ambiente naturale…), unite allo studio delle teorie e delle buone prassi (26,35%); non è necessario ricorrere a titoli “forti” come un master (3,87%) (Grafico 5). La capacità di gestione degli imprevisti, seconda con il 22,58%, è una misura indiretta di una buona consapevolezza della teoria dell’OE. Il rischio e l’imprevisto, con l’accettazione della possibilità che si verifichino, sono, infatti, parte integrante e indispensabile della pratica (Farné, 2021; Masseretti & Schenetti, 2024). Dalle risposte, si nota che la preparazione fisica e motoria non sia assolutamente indispensabile come requisito. I soggetti intervistati non considerano l’OE una pratica particolarmente stancante dal punto di vista fisico.

Grafico 5 – Skills e percorsi formativi necessari alla preparazione in ambito OE

3.2 Analisi delle domande su scala Likert

Nel paragrafo precedente è emerso che alcuni comportamenti dei genitori e dei colleghi limitano l’attuazione della pratica OE. Difatti, dalle risposte alle domande n. 8 (Il ruolo dei genitori influenza in maniera significativa le attività outdoor…), n. 9 (La relazione con le colleghe influenza in maniera significativa le attività outdoor…), n. 10 (Il ruolo dei dirigenti influenza in maniera significativa le attività outdoor…) si evince che soprattutto i colleghi e i dirigenti abbiano un ruolo determinante nello svolgimento delle attività OE. Essendo questi direttamente corresponsabili dell’azione didattica, si spiega come la loro influenza sia più decisiva rispetto a quella dei genitori (Grafico 6).

Grafico 6 – Influenza delle colleghe, dei genitori e dei dirigenti le attività outdoor

Per quanto riguarda la conoscenza dell’OE, le risposte alle domande n. 16 (L’ambiente esterno favorisce nei bambini esperienze più che apprendimenti…) e n. 17 (Le attività all’esterno favoriscono nei bambini l’educazione alla libertà più che all’autonomia…) sembrerebbero sostenere l’idea che il personale sia consapevole dell’apporto educativo dell’OE e della capacità di produrre apprendimenti, dunque che l’ esterno non sia indifferente all’azione didattica, ma uno spazio entro il quale promuovere degli apprendimenti e sviluppare l’autonomia (Grafici 7 e 8).

Grafico 7 – L’ambiente esterno favorisce nei bambini esperienze più che apprendimenti
Grafico 8 – Le attività all’esterno favoriscono nei bambini l’educazione alla libertà più che all’autonomia

La forte tendenza al disaccordo che emerge dalla domanda n. 14 (L’outdoor education è più fattibile con i bambini grandi…) (Grafico 9) è anch’essa indicatrice di consapevolezza sulle pratiche OE. Le educatrici e le insegnanti sanno che l’OE è un orientamento adattabile a diverse età e diversi contesti.

Grafico 9 – L’outdoor education è più fattibile con i bambini grandi

Riguardo l’attitudine personale che emerge dalle domande n. 11 (La mia preparazione professionale è adeguata a svolgere attività di outdoor education…), n. 12 (Nelle attività outdoor aumenta il mio stato di ansia…) e n. 13 (Nelle attività outdoor ho fiducia nelle capacità dei bambini…), nel complesso il personale si sente preparato a svolgere attività OE (Grafico 10), non avverte ansia durante l’attività (Grafico 11) e nutre molta fiducia nei bambini (Grafico 12). Nutrire fiducia nei bambini in contesti outdoor significa anche “delegare” al bambino la possibilità del rischio, e questo è un aspetto fondamentale dell’OE: un atteggiamento di diffidenza spingerebbe a un maggiore controllo e ad anticipazione del pericolo.

Questo dato è un indicatore indiretto di una buona ricezione dell’OE; inoltre, supporta l’idea che l’attitudine comportamentale in sede di OE del personale non sia compromessa e che gli intralci a una piena attuazione della pratica siano individuabili nei rischi sopracitati (confermati anche nelle risposte aperte presentate nel § 3.3). Queste risposte, tuttavia, collidono in parte con il contesto generale finora emerso: se è vero che vi sono dei limiti (soprattutto relazionali, ma anche di spazi e burocratici), ci si aspetterebbe che questi generino ansia nel personale. Sembrerebbe che, laddove entra in gioco l’immagine di sé, il personale risponda seguendo il bias di desiderabilità sociale.

Grafico 10 – La mia preparazione professionale è adeguata a svolgere attività di outdoor education
Grafico 11 – Nelle attività outdoor aumenta il mio stato di ansia
Grafico 12 – Nelle attività outdoor ho fiducia nelle capacità dei bambini

3.3 Analisi delle domande a risposta aperta

Le domande a risposta aperta n. 18 (Quali sono i fattori che generano malessere nella tua professione?) e n. 19 (Se dipendesse da te, cosa cambieresti nel servizio educativo in cui lavori?) sono volte a individuare i fattori di disagio al lavoro e le ipotesi di miglioramento del servizio educativo. Si è visto come le risposte ricadano principalmente in quattro aree concettuali. Le aree individuate, sia per le fonti di disagio sia per le ipotesi di miglioramento, sono:

Conoscenza, ovvero l’insieme delle problematiche legate alla formazione (personale, dei colleghi, dei genitori);

Spazi, ovvero l’ambiente fisico dove si svolge l’attività OE, la sua configurazione e i materiali a disposizione;

Burocrazia, ovvero le mansioni extra-educative e amministrative che il personale è tenuto a svolgere (documentazioni, relazioni, informazioni);

Relazioni, ovvero i rapporti formali e informali con colleghi e genitori.

In risposta alla domanda sulle cause del proprio malessere, come si evince dal Grafico 13, sembra riconfermarsi l’idea che la principale fonte di difficoltà sia dovuta alle problematiche relazionali tra genitori e colleghi.

Grafico 13 – Distribuzione delle risposte nelle aree individuate

Tra le risposte esaminate sui fattori di malessere, il 47,05% rientra nel campo delle relazioni. Infatti, le famiglie appaiono resistenti e poco formate sull’OE, in più nutrono timori verso la pratica e interferiscono con la libertà pedagogica del personale. Quanto ai colleghi, è la mancanza di sintonia lavorativa ad alterare la relazione:

“Spesso lottare con le famiglie per fare capire che se ben equipaggiati stare all'aperto non è rischioso”;

“Sicuramente il rapporto con i genitori e il poco supporto quando in sezione si hanno bambini difficili”;

“Le continue contestazioni da parte dei genitori”;

“La fatica di relazionarsi con famiglie sempre più difficili”;

“Quando non sei allineata alla tua collega dal punto di vista educativo, esperienziale. Essere in sintonia con la collega è fondamentale per l'educazione dei bambini e mantenere rapporti positivi con le famiglie”;

“La mancanza di un buon equilibrio tra colleghe”;

“Difficoltà con colleghe di altre sezioni nella gestione di spazi esterni come il giardino”.

Direttamente connesse alle problematiche relazionali vi sono le questioni legate alla conoscenza delle pratiche da parte dei collaboratori e alla più generica formazione per colleghi e per le famiglie:

“Avere idee contrastanti su come trattare/rivolgersi ai bambini e su come svolgere le esperienze con i bambini”;

“Il mio eventuale malessere dipende dalla mancanza di condivisione di intenti educativi e pedagogici a livello collettivo”;

“Condivisione di intenti con le colleghe”;

“La mancanza di preparazione da parte di alcuni docenti”;

“Poca valorizzazione delle competenze e scarse occasioni formative”;

“[…] manca la formazione per le famiglie”;

“Non avere supplenti formate”.

Dalle risposte, si vede che le questioni di natura prevalentemente burocratica e organizzativa sono responsabili del malessere al lavoro (20,58%):

“Tante cose da fare oltre alle normali routines con i bambini: riunioni, documentazione, diario”;

“La parte più ‘burocratica’, cioè il fatto di dover sempre seguire delle procedure (es: invio mail) per qualsiasi cosa, anche semplici comunicazioni al coordinatore… ovviamente ci sono passaggi di informazioni nei quali è utile e necessario 'tenere traccia' in modo ufficiale, ma altre volte, per cose semplici, credo basterebbe un modo più informale ed immediato…”;

“Carico di responsabilità e incarichi extra”;

“I tempi istituzionali spesso non coincidono con quelli che sarebbero i tempi dei bambini e spesso si ha la sensazione di aver bisogno di più tempo per lavorare bene”;

“Tempi rigidi entro cui dover operare”;

“Ultimamente parlando di outdoor la dirigenza e i responsabili della sicurezza stanno ‘frenando’ il nostro lavoro all'esterno con giochi destrutturati. Dopo il nostro lavoro di anni per far accettare ai genitori questo nuovo modo di vivere la scuola, pare che dall'alto non ci sia più la voglia di prendersi la responsabilità di avere all'interno del giardino giochi destrutturati e ‘non omologati’. Sono più preoccupati per gli infortuni o denunce da parti dei genitori.”

Infine, anche le strutture e i materiali, avvertiti talvolta come inadeguati e incompleti, rientrano tra le cause di malessere, con l’8,82% delle risposte:

“Spazi esterni poco curati e poco diversificati in base ai bisogni dei bambini. Difficoltà spesso di avere risorse, materiali e strumenti adeguati a lavorare all'esterno”;

“[…] un altro fattore importante che mi genera malessere è l’organizzazione dell’ambiente esterno che non sempre è adeguato ai bisogni di bambini ed è faticoso chiedere materiali o modifiche strutturali (ad esempio sezione piccoli sono anni che chiediamo una nuova pavimentazione adeguata”;

“[…] nello spazio esterno dei piccoli, mancano gli spazi adeguati, non si riesce ad uscire coi bimbi che gattonano (si sporcano e ci sono detriti). Nelle altre sezioni, lo spazio esterno è molto bello, ma aggiungerei tante modifiche, tipo nicchie, tunnel, ponticelli, in cui i bambini possono andare, ovviamente costruite con materiali naturali. Farei sassaie, orti e altri percorsi sensoriali, forse metterei più alberi per aumentare zone ombrose”;

“Inadeguatezza delle strutture e degli strumenti che risultano obsoleti”.

Quanto ai miglioramenti apportabili, come si evince dal Grafico 13 (vedi sopra), sono le questioni burocratiche a essere al centro dell’attenzione; seguono miglioramenti sulla configurazione dello spazio, sulla relazione con colleghi e genitori e sulla formazione. Specularmente alle fonti di malessere individuate, le ipotesi di miglioramento che i soggetti hanno proposto si concentrano sullo snellimento della burocrazia, sulla dilatazione dei tempi e sulla destrutturazione della giornata, insieme alla presenza più incisiva dei coordinatori e a una maggiore stabilità del personale; a questi suggerimenti si aggiungono anche i seguenti: la presenza di strutture più adeguate e di materiali consoni; una disposizione dello spazio più inerente all’attività OE, sia all’esterno (aggiungendo colline, tane, arbusti, ecc.) sia all’interno. Importanti sono le ipotesi di miglioramento riguardanti la sfera della conoscenza che sembra intersecare quella della relazione: i partecipanti dello studio chiedono delle linee guida, di continuare la formazione pregressa, di istituire momenti di confronto e dialogo tra colleghi e genitori e, infine, di sensibilizzare questi ultimi sulle tematiche OE.

4 Conclusioni

L’outdoor education è presente da anni nelle istituzioni educative del Comune di Modena, che, attraverso la costante revisione dell’attuazione delle pratiche, permette di individuare le problematicità e studiare azioni correttive.

Rispetto agli obiettivi prefissati (§1), dal presente studio emerge che vi è una adeguata consapevolezza dell’OE da parte dei soggetti coinvolti nella ricerca; tuttavia, emergono fattori limitanti anche in presenza di un’adeguata formazione personale.

I dati mostrano che il personale educativo è consapevole di cos’è l’OE e che questa consapevolezza sia in grado di favorire l’autonomia e di produrre apprendimenti significativi, non solo semplici esperienze e momenti di libertà. Questo risponde a un interrogativo emerso in una precedente ricerca (Belloi & Pipero, 2023), ovvero se l’OE venga confuso con libertà di azione e di movimento anziché essere attuato come orientamento pedagogico quale è: i soggetti coinvolti nella presente ricerca riconoscono che certi aspetti (la possibilità di sporcarsi, di contrarre malattie, di perdere il controllo…) non possano né debbano costituire un impedimento per l’attuazione della pratica; comprendono che la gestione degli imprevisti è fondamentale nell’OE. Quanto alla preparazione, il personale mostra di avere carenze negli ambiti di educazione musicale, logico-matematica e scientifica e crede che l’OE sviluppi principalmente abilità motorie, esplorative e sensoriali.

I soggetti esaminati si sentono preparati e non percepiscono ansia durante le attività; i limiti di formazione vengono tuttalpiù rilevati nei genitori e nei colleghi che in sé stessi. Questo ci conduce al secondo obiettivo della ricerca, ovvero comprendere quali siano i limiti al pieno svolgimento delle pratiche OE.

La relazione con i genitori e i colleghi è il principale limite all’attuazione della pratica: i genitori vengono percepiti come pretenziosi, diffidenti, non collaborativi e poco informati. A tal proposito, sarebbe proprio l’assenza di formazione per le famiglie, secondo i soggetti coinvolti, a costituire la causa dei comportamenti disfunzionali dei genitori. Questo dato spinge alla necessità di un’indagine circa la percezione dei genitori sull’OE e i timori che nutrono nei confronti di questa pratica. La relazione con i colleghi è, dopo quella con i genitori, la seconda causa di difficoltà. Alcuni colleghi, infatti, sembrerebbero essere poco collaborativi e non adeguatamente formati; è possibile che, nei casi in cui non si condivida una linea pedagogica, nascano conflitti e divergenze. I soggetti, oltre a chiedere una maggiore stabilità del personale, necessitano anche di momenti di dialogo e più incontri di formazione. Quello della stabilità è un nodo importante da tenere in considerazione, in quanto il continuo ricambio del personale non permette la sedimentazione delle pratiche e delle relazioni. Un altro limite riguarda lo spazio e i materiali, percepiti talvolta come poco curati, non diversificati e dunque inadeguati allo svolgimento di attività outdoor. Anche la questione burocratico-organizzativa è percepita come fonte di impedimento della pratica: i tempi rigidi e le richieste burocratiche (e-mail, documentazioni…) sono valutati dai partecipanti dello studio come motivo di intralcio all’azione pedagogica.

Da questo studio si possono ricavare alcune linee guida per il futuro dell’OE, al fine di migliorarne la formazione e la qualità didattica. In particolare, si delineano i seguenti suggerimenti:

  • Promuovere una cultura teorico-pratica sull’OE, volta sia a compensare sia a potenziare le conoscenze del personale e a fornire un’identità più chiara del servizio educativo. In particolare, bisognerebbe stimolare maggiori capacità di problem solving riguardo spazi e materiali didattici: se è vero che essi possono essere percepiti come inadeguati, è anche vero che l’OE non richiede eccessive quantità di materiale, pertanto il personale educativo deve essere in grado di saper utilizzare a fini didattici ciò che il mondo esterno offre, soffermandosi più sui processi che sugli oggetti. Quanto alle questioni burocratiche, la documentazione dell’attività sarebbe essenziale a creare delle buone pratiche da condividere con la rete educativa;

  • Migliorare la gestione delle dinamiche relazionali tra colleghi, promuovendo il dialogo, lo scambio e l’interdipendenza positiva nel contesto lavorativo. In questo caso, la formazione comune orientata sull’OE potrebbe ridurre le divergenze conflittuali;

  • Avviare processi di consapevolezza e formazione genitoriale sulle pratiche OE: coinvolgere il genitore e informarlo sui benefici dell’OE permetterebbe di neutralizzare il timore dovuto alla scarsa informazione e di promuovere così uno spirito positivo nei confronti del personale educativo e del servizio.

In conclusione, i dati ci mostrano che la formazione è un aspetto intersecabile con quello della relazione e che il successo dell’azione pedagogica è determinato da diversi elementi che interagiscono con la professionalità dell’educatore; dunque, l’educazione è un crocevia di relazioni e di istanze plurime. Se a livello universitario manca una formazione strutturata e organica sull’OE, a eccezione di alcuni Master sull’argomento attivati da qualche Università, bisogna che l’OE venga almeno accolto, oltre che in servizio, anche nei programmi universitari dei corsi di laurea triennali e magistrali di ambito pedagogico. Questo permetterebbe di ovviare alle carenze qui emerse e, soprattutto, ad ampliare la formazione degli studenti, i quali avranno nella loro “cassetta degli attrezzi” una nuova pratica didattica, innovativa e ricca di benefici.

Riferimenti bibliografici

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  1. La ricerca in questione, nell’ambito della convenzione fra Comune di Modena e Dipartimento di Scienze per la Qualità della Vita (QuVi) dell’Università di Bologna, ha fatto da punto della situazione dopo anni di sperimentazione dell’outdoor education a Modena. Dai risultati sono emerse diverse problematicità, che hanno spinto ad un ulteriore approfondimento sui limiti di attuazione delle pratiche OE. Ci si è chiesto se il personale educativo fosse consapevole delle pratiche OE e sulla corretta attuazione di queste. Pertanto, nel mese di marzo 2023 è stato inviato un questionario alle educatrici e alle insegnanti dei servizi educativi del comune di Modena, questionario che costituisce la metodologia di ricerca del presente contributo.↩︎

  2. Una prima analisi è stata condotta da Google Moduli, che ha restituito un’elaborazione generale dei risultati; è stato poi utilizzato il foglio di calcolo Excel per un’analisi più approfondita e scorporata dei dati.↩︎